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RICERCA SCIENTIFICA ITALIANA NEL MONDO - MEDICINA - DALL'ATENEO LA SAPIENZA POTENZIALE TERAPIA DISTROFIA MUSCOLARE DI DUCHENNE

(2017-02-23)

  La ricerca, coordinata da Marina Bouché della Sapienza, ha individuato una nuova potenziale terapia per intervenire sui meccanismi che regolano l’infiammazione e prevenire la progressione della malattia

Lo studio sulla patologia genetica, nota come Distrofia muscolare di Duchenne, ha evidenziato la potenzialità di un trattamento farmacologico che, attraverso l’inibizione dell’enzima PKC?, ridurrebbe il danno muscolare e la risposta infiammatoria, promuovendo la rigenerazione e la funzionalità del tessuto muscolare, , in un modello animale della malattia. La ricerca, coordinata da Marina Bouché del Dipartimento di Scienze anatomiche, istologiche, medico legali e dell’apparato locomotore, è pubblicata sulla rivista EBioMedicine.

La Distrofia muscolare di Duchenne è una patologia genetica che colpisce un bambino maschio su 3.500 e provoca l’indebolimento dei muscoli a causa dell’assenza di distrofina, una proteina che ne garantisce il mantenimento e il corretto funzionamento assicurando l’integrità strutturale dei muscoli scheletrici e cardiaco.

Attualmente non esiste una cura per la malattia e le strategie di gestione si concentrano su terapie anti-infiammatorie a base di glucocorticoidi.
“I farmaci a base di glucocorticoidi che presentano attività anti-infiammatoria - spiega la professoressa Bouché - sono utilizzati con qualche successo; tuttavia i trattamenti a lungo termine con questi composti inducono atrofia e perdita muscolare, ostacolando gli eventuali benefici”.

In uno studio precedente la ricercatrice aveva dimostrato che, inibendo geneticamente l’enzima PKC?, migliorava la riparazione e la rigenerazione del muscolo scheletrico, con una riduzione dell’infiammazione.

Con questo nuovo studio si è voluto verificare se l’inibizione farmacologica della PKC? potesse rappresentare una strategia terapeutica alternativa. Il trattamento, condotto su topi maschi giovani affetti dalla distrofia, ha dato risultati positivi, sia in termini di riduzione significativa del danno al tessuto muscolare, sia dell’infiammazione. Inoltre è stato osservato un mantenimento della rigenerazione muscolare, e, importante, un recupero funzionale significativo.
La terapia, messa a punto dal team di ricerca che ha condotto lo studio,  emerge quindi come potenziale nuova strategia per contrastare la patologia, che potrebbe in futuro essere sperimentata anche sull’uomo.(23/02/2017-ITL/ITNET)

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