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CULTURA ITALIANA NEL MONDO - ITALIA/RUSSIA - DALL'ERMITAGE A VENEZIA 70 OPERE DEI GRANDI MAESTRI VENETI DAL CINQUECENTO AL SETTECENTO

(2018-12-17)

Per celebrare la proficua collaborazione con uno dei più importanti musei del mondo, il Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo, la Fondazione Musei Civici di Venezia organizza due imperdibili appuntamenti espositivi in due diverse sedi, in Terraferma e in Laguna: al Centro Culturale Candiani di Mestre va in scena 'Venezia e San Pietroburgo. Artisti, principi e mercanti', al Palazzo Fortuny di Venezia, 'Futuruins'.

Le mostre sono state inaugurate oggi alla presenza del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, della presidente della Fondazione Musei Civici di Venezia, Mariacristina Gribaudi, del direttore del Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo, Michail Piotrovsky, della direttrice della Fondazione Muve, Gabriella Belli e del segretario generale di Ermitage Italia, Maurizio Cecconi.

'Venezia e San Pietroburgo. Artisti, principi e mercanti' - aperta al Centro Culturale Candiani  dal 18 dicembre 2018 al 24 marzo 2019 - documenta i percorsi che hanno condotto l’arte della Serenissima all'Ermitage, museo che custodisce una delle più ricche collezioni di arte veneziana al mondo, attraverso dipinti e disegni, alcuni dei quali mai esposti in Italia, dei massimi artisti veneti a partire dal Cinquecento.

Oltre 70 opere dall’Ermitage, di cui 20 dipinti dei grandi maestri veneti, dal Cinquecento al Settecento si pongono in dialogo con disegni e dipinti provenienti dalle collezioni civiche veneziane, rivelando straordinari “cortocircuiti” collezionistici tra Venezia e San Pietroburgo. Da Veronese a Tiziano, fino a Tiepolo, Canaletto e Guardi. Opere mai esposte prima d’ora in Italia e talvolta mai uscite dall’Ermitage in mostra a Mestre, tra cui due inediti Carlevarjs e una singolare opera tarda di Jacopo Tintoretto.

'Futuruins' - a Palazzo Fortuny dal 19 dicembre 2018 al 24 marzo 2019 - indaga il tema della 'rovina', restituendo un’idea della complessità storica del concetto.
Oltre 250 opere, di cui 80 dal Museo Statale Ermitage, dall’antichità all’arte contemporanea, per riflettere sul senso e sui significati delle rovine; sulla costruzione del futuro, attraverso la consapevolezza dell’imprescindibile legame con il passato. Dalle prime mitologie della distruzione fino alle distruzioni belliche del secolo scorso, al “terrorismo iconoclasta” di Palmira, alle macerie delle Twin Towers.

Entrambe le esposizioni sono realizzate in collaborazione con Ermitage Italia.


Oltre 70 opere dall’Ermitage di cui 20 dipinti dei grandi maestri veneti, dal Cinquecento al Settecento, tornano in laguna dopo secoli. In dialogo con  disegni e dipinti provenienti dalle collezioni civiche veneziane rivelano “cortocircuiti” collezionistici tra Venezia e San Pietroburgo.
Da Veronese a Tiziano, fino a Tiepolo, Canaletto e Guardi. Opere mai esposte prima d’ora in Italia e talvolta mai uscite dall’Ermitage in mostra a Mestre dal  tra cui due inediti Carlevarjs e una singolare opera tarda di Jacopo Tintoretto.

C’è un filo rosso che da oltre tre secoli lega Venezia a San Pietroburgo, due città riflesse nell’acqua che guardandosi si riconoscevano l’una nell’altra.
Una trama fatta di architetti, musicisti, artisti, principi, mercanti, ambasciatori e di centinaia e centinaia d’opere d’arte che seguendo vie e vicende diverse, hanno lasciato negli anni la città lagunare e i territori della Serenissima per raggiungere le terre russe e la magica città nata dal sogno di Pietro il Grande.

Oggi il Museo Statale Ermitage  custodisce una delle più ricche collezioni di arte veneziana al mondo  e la formazione di questa raccolta  è uno fra i più avvincenti capitoli della storia del collezionismo, capace ancora  di sorprenderci con nuove scoperte e straordinari ritrovamenti.

A riannodare i fili della relazione tra le due città, a raccontare le mille storie sottese in queste raccolte, a riportare - sia pure temporaneamente - nella terra natia alcuni dei capolavori veneti emigrati in Russia, giunge un’emozionante mostra resa possibile grazie agli importanti accordi di collaborazione siglati da alcuni anni tra le due città e costruita  congiuntamente dalla Fondazione Musei Civici di Venezia e dal Museo Statale Ermitage, con la collaborazione di Ermitage Italia.

“Venezia e San Pietroburgo. Artisti, principi e mercanti”,  curata da Irina Artemieva e Alberto Craievich con la direzione scientifica di Gabriella Belli  (allestita a Mestre nel Centro Culturale Candiani dal 18 dicembre al 24 marzo 2019) documenta, grazie a 70 tra dipinti e disegni di grandi maestri veneti dal Cinquecento al Settecento provenienti dall’Ermitage -  in alcuni casi mai esposti prima e qui in dialogo con opere delle collezioni civiche veneziane  -, non solo i percorsi che hanno condotto
l’arte della Serenissima nel museo russo, ma anche inediti intrecci culturali tra le raccolte delle due città.

Veri e propri cortocircuiti del collezionismo e forse del destino.

È  il caso degli album  Beurdeley, di proprietà del Museo di San Pietroburgo, e  Gatteri del Gabinetto disegni e stampe del Museo Correr: ossia i più bei quaderni di disegni su carta azzurra di Giambattista e Giandomenico Tiepolo.
In questa occasione, per la prima volta, alcuni fogli dei due quaderni saranno esposti insieme.  Oppure è il caso dei  dipinti di Pietro Longhi appartenuti a Giovanni Grimani,  divisi tra l’Ermitage e i Musei Civici di Venezia e ora  riuniti nella mostra di Mestre .

Un altro parallelismo proposto è quello fra le  due più importanti collezioni di grafica dell’artista veneziano Pietro Antonio Novelli, eccelso  soprattutto in questo genere, ma in Russia stimato anche come pittore. Quasi tutti i disegni di Pietro Antonio Novelli (Venezia, 1729 - 1804) conservati all’Ermitage (novantatré su novantacinque) provengono dalla celebre collezione dei principi Jussupov.

Dopo la chiusura del Museo di Palazzo Jussupov nel 1925 l’intero patrimonio d’arte pervenne all’Ermitage, facendo confluire anche quella che era la più vasta raccolta privata di grafica, con oltre 2500 opere di importanti e diversi artisti.

Fu il Settecento il secolo d’oro della passione russa per l’arte veneziana quando San Pietroburgo divenne una delle mete più ricercate dagli artisti  soprattutto veneti, mentre singolari personaggi si fecero promotori e mediatori degli acquisti della casa imperiale e di tanti membri della nobiltà russa.

A testimoniare tutto ciò vi è la straordinaria selezione in mostra di oltre venti dipinti dei maggiori artisti veneti dal XVI al XVIII secolo – da Tiziano, Tintoretto e Veronese, a Canaletto, Tiepolo, Guardi, Bellotto - ognuno dei quali riassume, nella propria vicenda, un episodio specifico nella  formazione della raccolta veneziana del museo russo.

Alcuni dipinti sono notissimi, come la  Veduta di San Giovanni dei Battuti a Murano di Canaletto o la Veduta di San Giorgio Maggiore con la punta della Giudecca di  Francesco Guardi, quest’ultima acquistata proprio dal Principe Jussupov, amico dell’artista; altri, invece, sono recenti scoperte nelle sterminate collezioni dell’Ermitage, che vengono presentate al pubblico e agli studiosi per la prima volta, come  due inediti Capricci di Luca Carlevarijs Capriccio con l’Ercole Farnese Capriccio con il Ponte rotto) qui affiancati all’opera analoga di Ca’ Rezzonico, entrambi procurati alla zarina da Anton Psaro “Capitano luogotenente della flotta” e inviato russo a Malta.

Una novità assoluta anche la singolare coperta di Spinetta opera di Jacopo Tintoretto, già segnalata dal Ridolfi, alla metà del Seicento,  in collezione Barbarigo.  Il soggetto –  Perseo e le Muse  – non fu scelto a caso giacché il dipinto decorava uno strumento musicale, e cioè un clavicordio. “Liberato dai numerosi strati di precedenti verniciature e ritocchi, questo lavoro della maturità – scrive Irina Artemieva - dimostra l’eccezionale maestria compositiva di Tintoretto unita all’esecuzione
virtuosistica  dei particolari (...) Nel cinquecentesimo anniversario dalla nascita del maestro veneziano, abbiamo ritenuto opportuno mostrare al pubblico per la prima volta un lavoro tanto raro e insolito”.

La mostra si chiude con un omaggio a San Pietroburgo e a uno dei suoi artefici principali: quell’architetto tanto amato da Caterina II che fu il  bergamasco Giacomo Quarenghi. Appassionata di architettura e di giardini, in possesso di una personale raccolta di disegni architettonici, Caterina II arrivò a definire Quarenghi il “suo” architetto. Tra i numerosi edifici e interventi realizzati nella città sulla Neva ricordiamo il Teatro dell’Ermitage, la progettazione degli interni di rappresentanza del Palazzo d’Inverno, come la Sala grande del trono e la cosiddetta Loggia di Raffaello.

Tra i disegni esposti, quelli relativi al Palazzo della Borsa e al Palazzo di  Alessandro a Zarskoe Selo. Alcuni suoi disegni presenti in mostra provengono, inoltre, dal poco noto album del Gabinetto dei disegni e delle stampe del Museo Correr.

Dunque dipinti giunti di rado in Italia e alcuni mai usciti dalle sale dell’Ermitage; dipinti che ci raccontano di mille personaggi e intrecci che animavano la vita della città sulla Neva nel XVIII secolo. Le vie di San Pietroburgo e gli ambienti della corte imperiale e del suo  entourage furono infatti frequentati da artisti e personaggi, avventurieri e pionieri,  partiti dalla laguna per raggiungere la capitale del Nord, come Bartolomeo Tarsia  pittore e scenografo - tra i primissimi veneziani ad accettare di operare al servizio del governo Russo - Francesco Algarotti, Baldassare Galuppi, Giacomo Casanova, i pittori Pietro Rotari, Francesco Fontebasso e Andrea Urbani.

Le residenze imperiali extraurbane di Petergof, Zarskoe Selo, Oranienbaum furono arricchite dai lavori di maestri veneti invitati da Caterina II a decorarne le sale, come  Jacopo Guarana, Giambattista Pittoni, Domenico Maggiotto, Francesco Zugno, Gaspare Diziani, Francesco Fontebasso.

Oltre a questo genere di contatti con alcuni artisti viventi, si continuò comunque ad acquistare le opere dei maestri veneziani dei secoli passati:  il loro confluire nelle collezioni russe fu vivacemente promosso sia dall’intraprendenza dei rappresentanti della locale colonia italiana, che da ingegnosi commercianti alla scoperta di quel nuovo mercato.

Musicisti, attori, architetti residenti a San Pietroburgo – pensiamo a Domenico Dall’Oglio,  illustre violinista dell’orchestra imperiale, o ai noti architetti Rastrelli e Quarenghi – portavano spesso, dai loro soggiorni in patria, quadri da rivendere agli aristocratici russi. Tra gli avventurieri e mercanti va segnalato il degno successore del console Smith: John Udney, che i contemporanei  descrivono come un uomo avido e propenso ai più equivoci metodi  pur di impadronirsi delle opere desiderate. Poi ci  furono il Marchese Pano Maruzzi e il pittore inglese Thomas Jenkins, conosciuto in Italia anche come intenditore di antichità.

Con tutti Caterina II ebbe un atteggiamento abbastanza sprezzante, anche in considerazione della sua apertura alla nuova moda e al gusto neoclassico; ciononostante Udney riuscì a piazzare ben sessanta dipinti di cui i migliori sono ancora all’Ermitage,  come  Venere e Marte di Paris Bordon qui esposto.

Tra le opere acquistate a Venezia da Maruzzi nel 1767 figuravano il San Sebastiano e Santa Irene  di Antonio Molinari  e il  Tarquinio e Lucrezi a di Palma il Giovane inclusi in mostra. Il primo fu  inizialmente ceduto all’ex favorito della sovrana Grigorij Orlov.
Tra  le conquiste più significative di Caterina la Grande va ricordata anche l’eccezionale raccolta di opere del Bellotto, parte  della galleria dei  quadri del conte Brühl acquistata a Dresda. Di Bellotto – artista che non raggiunse mai San Pietroburgo, pur avendo accettato l’invito della zarina, decidendo di fermarsi a Varsavia -  viene proposto a Mestre un vero capolavoro
: la  Veduta di Pirna dalla riva destra dell’Elba, sopra la città.

Anche Pietro Antonio Novelli piaceva alla zarina. Il rigido clima della Moscovia lo indusse a non recarvisi, ma egualmente ottenne una commissione specifica per la realizzazione di un dipinto a soggetto libero che fu particolarmente apprezzato (“La Famiglia di Enea”).

La ricerca di opere dei grandi artisti del Rinascimento non rappresentò  certo un problema per la corte russa: grazie al collaudato sistema su cui si fondavano gli acquisti delle grandi collezioni d’arte celebri in tutta Europa – quali Brühl, Crozat o Walpole – Caterina riuscì ad ottenere alcune eccellenti testimonianze del Rinascimento veneziano. Senz’altro più difficile fu entrare in possesso di opere di Giorgione, Tiziano, Tintoretto, Veronese. I rappresentanti dell’antica aristocrazia – i principi Jussupov e Kurakin – e la nuova nobiltà, il conte Stroganov e il principe Bezborodko,  si impegnarono allora ad acquistare, in quel periodo, le rare tele disponibili sul mercato di quei sommi artisti veneziani come la  Diana  di Veronese.

Alla fine del Settecento il mercato veneziano, complice le difficoltà di molte famiglie dell’antico patriziato, è particolarmente vivace.
I principali agenti in città in quel momento sono inglesi o russi. Tra le figure più interessanti vi è il mercante di antichità Nicola Leonelli che già durante il regno di Caterina II risiedette a San Pietroburgo. Vi ritornò nel 1800 portando con sé utentiche  meraviglie come il “Banchetto di Cleopatra”  di Giambattista Tiepolo acquistato poi dall’imperatore Paolo I e
inserito dal Brenna nel soffitto di una delle sale della nuova residenza reale, il castello Michajlovskij (di san Michele).
Alla morte del Leonelli, avvenuta nella città russa nel 1817, le numerose tele che gli appartenevano si sparsero nelle collezioni private cittadine per confluire in un secondo momento e seguendo diversi percorsi nelle collezioni dell’Ermitage.

Tra queste, due delle opere esposte: l ’Endimione dormiente di Pietro Liberi e la rara veduta muranese  di Canaletto.
Infine un altro evento fu determinante per l’arricchimento delle collezioni  d’arte veneziana dell’Ermitage : l’acquisto integrale nel 1850 della famosa e spesso contesa collezione Barbarigo  - di Palazzo Barbarigo della Terrazza sul Canal Grande - su disposizione di Nicola I:  l’unico affare di questo genere deciso dalla corte russa dopo gli acquisti operati a suo tempo da Caterina II.

“Fu un evento che suscitò molto scalpore sia a Venezia che a San Pietroburgo” nota Artemieva. Per Venezia significò la perdita dell’ultima grande collezione privata di pittura, in possesso di un’unica famiglia per quasi trecento anni. A San Pietroburgo, una volta giunta, molti dipinti provocarono delusione - a causa soprattutto del cattivo stato di conservazione - con la conseguenza della loro successiva vendita all’asta o trasferimento dall’Ermitage ad altri musei.

Negli ultimi anni all’Ermitage è stata eseguita con sistematicità una gran lavoro di ricerca e pulizia delle opere dei più mportanti artisti, un tempo presenti nella  collezione Barbarigo. Tra questi, oltre al Tintoretto già citato, è di grande interesse poter ammirare, commissionato dai fratelli Barbarigo a Matteo Ponzone, il  Ritratto di Carlo Ridolfi: ’autore del “Le maraviglie dell’arte, ovvero le vite degli illustri pittori veneti e dello Stato ”, e il primo ad aver compilato l’inventario della nobile collezione nel 1627. (17/12/2018-ITL/ITNET)

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