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ITALIANI ALL'ESTERO - CGIE /LAVORO E MOBILITA' - RICCI (FIEI): "NUOVA EMIGRAZIONE MASSICCIA E "PROLETARIA". NON SOLO CERVELLI IN FUGA"

(2017-03-28)

  "La nuova emigrazione italiana" al centro dei lavori che hanno aperto oggi l'annuale Assemblea Plenaria del CGIE, a Roma, ospite della Camera dei Deputati. Ad entrare nel merito dei lavori, dopo il saluto del Presidente del Comitato per gli Italiani nel Mondo e la Promozione del Sistema Italia, on. Fabio Porta, e del Segretario Generale del CGIE, Michele Schiavone, Rodolfo Ricci, vice Segretario del CGIE di nomina governativa, che ha affrontato l'importante questione della considerevole ripresa del flusso migratorio degli italiani all'estero.

"In numerosi casi, nella precedente consiilatura  questo tema è stato al centro dei nostri lavori. E nel 2013 un ordine del giorno votato all’unanimità richiamava le nostre istituzioni a porre particolare attenzione alla crescita di consistenti flussi in uscita dal nostro paese e alle urgenze che essa poneva sul versante dell’orientamento e della tutela" ha ricordato Rodolfo Ricci.

"Ripetutamente, sulla base del lavoro delle commissioni del Cgie “Nuove Migrazioni e Generazioni Nuove” e “Sicurezza, Tutela Sociale e Sanitaria” e raccogliendo le sollecitazioni pervenute dalla diffusa rete associativa e di servizio presente all’estero, il Cgie ha richiamato ad una riflessione approfondita su questo tema, partendo dalla considerazione, oggi ampiamente condivisa, che non si tratti di una questione marginale o settoriale, ma di rilievo nazionale che ci interroga rispetto ad una nuova dimensione dei diritti e della tutela dei migranti e al fatto che essa costituisce una cartina di tornasole della condizione attuale e delle prospettive del nostro paese".

"Il Consiglio Generale degli Italiani all’estero è l’organismo di rappresentanza di una grande comunità di cittadini che lo scorso anno ha raggiunto la quota di 5 milioni di persone sparsi in tanti paesi di emigrazione. Si tratta di oltre l’8% della nostra popolazione. E’ dunque, per consistenza, se vogliamo, la quinta regione italiana, dopo Lombardia, Lazio, Campania e Sicilia. Negli ultimi 10 anni, questa regione “extraterritoriale” è lievitata di oltre il 55%".

"Stiamo parlando di statistiche ufficiali, dell’Aire e dell’Istat. Ed è noto che questi dati ufficiali prendono in considerazione essenzialmente le iscrizioni all’estero (con i nuovi nati o le acquisizioni di cittadinanza) e le cancellazioni di residenza verso l’estero.

Osservando i dati Istat sulle cancellazioni di residenza, la nuova emigrazione comincia a crescere a tassi rilevanti in corrispondenza dell’inizio della crisi economica del 2007-2008, per attestarsi, tra il 2011 e il 2015, su incrementi superiori al 22% all’anno. Siamo cioè passati dalle 51mila cancellazioni nel 2007 alle 147mila del 2015.

In questi numeri sono comprese anche le cancellazioni di residenza di cittadini immigrati che lasciano l’Italia alla ricerca di lavoro in altri paesi (e che sono mediamente intorno al 20% del totale di chi va all’estero) e anche questo è un dato molto significativo. Per circa l’80% invece si tratta di italiani: per i quali, nello stesso arco di tempo 2007-2015, si è passati dalle 36mila cancellazioni del 2007, alle 102mila del 2015.

Sulla base di molte sollecitazioni provenienti da nostri consiglieri e dal mondo dell’associazionismo e dei patronati, che ci fornivano una percezione molto più ampia del fenomeno, il Cgie è andato a verificare i dati di ingresso registrati da alcuni dei principali paesi meta dei nostri flussi. Una comparazione che è sempre utile fare e che forse le nostre autorità statistiche dovrebbero porsi. In particolare abbiamo ripreso i dati tedeschi ed inglesi (che sono strutturati secondo le nazionalità e paesi di arrivo), analogamente a quanto aveva fatto il FAIM nella sua assemblea fondativa dello scorso aprile.

Da questi dati emerge - in modo inequivocabile - che l’entità della nuova emigrazione italiana è decisamente più ampia di quanto registrato dalle cancellazioni di residenza dell’Istat con uno scostamento del 451% per quanto riguarda la Germania e del 388% per quanto riguarda la Gran Bretagna.

Stando dunque ai dati di questi due principali paesi di arrivo dei nostri connazionali, la dimensione che abbiamo di fronte è mediamente tra le 4 e le 4,5 volte più alta di quanto ci dicono le statistiche nazionali.

Non abbiamo una serie analoga di dati per altri paesi, ma ciò che si può dedurre, comparando le serie storiche, è che analoghe proporzioni potrebbero registrarsi per paesi come la Svizzera, la Francia, il Belgio, l’Olanda, la Spagna e la Svezia, l’Austria, ma anche per un lontano paese come l’Australia, dove già nel biennio 2011-2012 si è superato il picco storico di inizio anni ’50, con circa 20mila arrivi dall’Italia.

Tenendoci al ribasso, l’ipotesi che proponiamo e che ci sembra realistica è che gli espatri effettivi e non di breve periodo si situino, almeno in Europa, in un range tra le 2 e le 2,5 volte il dato Istat. Cioè tra i 200 o 250mila espatri all’anno, almeno negli ultimi due anni (2014-2015).

Se questa proiezione è fondata, dal 2007 al 2015 sarebbero emigrati non 545mila (come ci dicono i dati delle cancellazioni di residenza), ma tra 1 milione e 100mila (nell’ipotesi di un rapporto 2:1 rispetto ai dati Istat), fino ad 1 milione e 360mila cittadini italiani (nell’ipotesi di un rapporto 2,5:1 rispetto ai dati Istat).

Quanto alle ragioni dello scarto tra dati nazionali e dati esteri, è noto che l’iscrizione all’Aire o la cancellazione di residenza viene decisa da chi emigra dopo diversi anni di presenza all’estero, una volta che i rispettivi progetti emigratori si sono stabilizzati. Quindi la fotografia che ci rilasciano le statistiche nazionali non è quella attuale, ma quella di diversi anni fa. Un po' come la luce delle stelle che ci arriva in ritardo, da molto lontano.

Se le dimensioni quantitative della nuova emigrazione sono quelle che proponiamo, ci troviamo di fronte ad una qualità del fenomeno non ancora pienamente compresa a livello politico ed istituzionale.

Un elemento altrettanto importante è la composizione della nuova emigrazione: secondo l’Istat, risulta che negli ultimi anni circa il 35% di chi è emigrato possedeva una laurea e circa il 30% un diploma si scuola secondaria; mentre poco più del 30% aveva soltanto una licenza media.

Quindi la nuova emigrazione non è affatto riassumibile nella narrazione dei cosiddetti cervelli in fuga o dei ricercatori di eccellenza, i quali certamente vi sono, ma sono una componente molto minoritaria; vi è invece anche una consistente componente che potremmo definire “proletaria” e vi è una preponderante quota a media-alta qualificazione che tuttavia, da quanto sappiamo, è costretta, anche all’estero, a svolgere spesso professioni o mansioni ben al di sotto della loro qualifica, seppure con maggiori garanzie e tutele contrattuali rispetto a quelle offerte dal nostro paese.

Non vi è qui il tempo per approfondire altri aspetti della tipologia molto differenziata dei nuovi flussi che tuttavia comincia ad emergere da diverse inchieste realizzate più recentemente e che il Cgie farà conoscere e diffonderà. I risultati della ricerca del Cepa che ascolteremo tra breve ce ne fornirà certamente di interessanti.

Ma un altro dato vale la pena sottolineare: “nel 2014 oltre la metà dei nuovi emigrati italiani ha un’età compresa fra i 18 e i 39 anni, mentre il 20% è fra 0 e 17 anni.” Quindi, come peraltro in quasi tutti i flussi emigratori, la componente giovanile, in piena età attiva e riproduttiva è preponderante e il fatto che vi sia anche un 20% di bambini e ragazzi, vuol dire che a spostarsi sono ormai anche intere famiglie. (28/03/2017-ITL/ITNET)

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