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ITALIANI E ITALIANI ALL'ESTERO - PRESIDENZIALI FRANCIA - RONCHI(ASPENIA): "NON DARE PER SCONTATO ALCUN RISULTATO AL BALLOTTAGGI, SEBBENE..."

(2017-04-26)

  Primo turno Presidenziali in Francia al centro della riflessione di Francesco Ronchi, lettore alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Universita' di Parigi. Ronchi presta il suo impegno presso l'Unione Europea ed è stato electoral advisoe per le Nazioni Unite, pubblicata da ASPENIA la rivista dell'Aspen Institut, il  think thank Italia/USA fondato da Giuliano Amato nel 1995, presieduta da Giulio Tremonti e di cui è vicepresidente Marta Dassu', già sottosegretario agli Affari Esteri, oltre che direttore della rivista

Tornata delle Presidenziali che Ronchi definisce "rivoluzionaria" per la politica francese quella che vede Emmanuel Macron e Marine Le Pen al ballottaggio per la Presidenza della Repubblica. Uno è senza partito, benché non certo senza risorse vista la sua carriera all’ispettorato della finanza e a Rotschild; sconosciuto fino a tre anni fa, ha fondato il suo movimento En Marche! e in pochi mesi è riuscito a farsi alleati tutti i suoi avversari di centro-sinistra. L’altra è la campionessa del Front National: ha cambiato faccia al partito ereditato dal padre Jean-Marie, portandolo alla rispettabilità e al risultato migliore della sua storia, che gli frutta (per ora) la supremazia sulla destra francese e una presa ferrea su parte dell'opinione pubblica francese.

I candidati che potevano aspirare al passaggio al secondo turno erano cinque; quelli legati ai partiti che hanno governato e influenzato la politica francese negli ultimi decenni sono usciti dal voto malconci. Vediamone il risultato, per comprendere nel dettaglio la portata dirompente di questo voto.

Dunque, afferma Ronchi "Emmanuel Macron, 23,8%. È il vincitore del primo turno non solo perché è stato il candidato più votato, ma anche perché è stato capace di farsi percepire come l’avversario più accreditato per battere Marine Le Pen. Questo posizionamento ha reso l’ex ministro dell’Economia, autore di una riforma del lavoro più che controversa, una calamita del “voto utile”: utile per tanti elettori, e per diversi grossi calibri del partito socialista, come Manuel Valls, e centristi come l’ex candidato François Bayrou che stavolta ha rinunciato a correre per appoggiarlo. “Voglio mettere insieme tutti i francesi, ho bisogno di tutti loro, per il nostro paese e per l’Europa”, ha dichiarato il vincitore nel suo discorso post-elettorale: Macron è tra i pochi che ha avuto il coraggio di parlare di Bruxelles in termini non esclusivamente negativi durante la campagna, e ora ha disperatamente bisogno di appoggi per costruire una maggioranza parlamentare a disposizione dell’eventuale presidenza. “Lavoreremo per il cambiamento”, ha aggiunto. Ed è proprio la volontà di cambiamento, secondo le inchieste, che ha premiato di più sia lui che la sua avversaria Marine Le Pen.

Marine Le Pen, 21,5%. “Un atto di orgoglio dei francesi” ha definito la candidata del Front National il risultato migliore nella storia di famiglia – lei e suo padre sono stati gli unici candidati presidenziali del partito fin dalla fondazione, nel 1972. Eppure l’accesso al ballottaggio, già scontato alla vigilia, non lascia del tutto soddisfatta l’erede Marine.

La candidata aveva due obiettivi principali. Il primo era quello di vincere il primo turno come i sondaggi pronosticavano, come molti in Europa temevano o speravano; e invece, è arrivata seconda. L’altro obiettivo era quello di mettere in cascina un numero sufficiente di voti per lanciare la volata nelle due settimane successive, convincendo i francesi che la vittoria finale era possibile: alle regionali del 2015, anch’esse a doppio turno, i candidati del Front National – inclusi quelli partiti in vantaggio al primo turno – non sono riusciti a coinvolgere nuovi elettori al secondo. Un grande risultato, dell’ordine del 25-30% come per mesi si era previsto, avrebbe potuto scaldare di più i cuori, ma Marine Le Pen ha fallito nuovamente l’assalto agli elettori urbani: l’umiliante 4,9% raccolto nella città di Parigi è un risultato eloquente. La speranza della candidata del Front National per il secondo turno è quella di pescare tra i tanti elettori anti-sistema, che abbondano in particolare tra le fila di Jean-Luc Mélenchon: ciò spiega nel suo discorso post-elettorale l’arringa contro la globalizzazione, l’Europa liberale e le banche, e l’insistenza sullo “scontro di civiltà” tra lei e Macron.

La vittoria incontestabile di Marine Le Pen è avvenuta però sul terreno del linguaggio. Non tanto sui temi – come detto, ad esempio sull’Europa resta una distanza abissale con Macron. Ma le forme della sua comunicazione politica hanno contagiato gli altri candidati: nella campagna, l’appello ai patrioti e alla nazione, l’elenco delle virtù dei cittadini francesi, il richiamo alla volontà del popolo come unica fonte di legittimazione della politica, un tempo tipici dell’estrema destra, sono stati la regola per tutti.

François Fillon, 19,9%. La sua è una sconfitta e una sconfessione. La rinuncia del Presidente François Hollande e la vittoria nelle primarie del centro-destra contro due grossi calibri come Nicolas Sarkozy e Alain Juppé ne facevano a inizio campagna il favorito naturale del voto. Ma il domino di scandali avviato dal “Penelopegate” (l’indagine sui compensi pubblici ricevuti da sua moglie per incarichi fittizi come assistente sua o di suoi collaboratori), seguito da litigi, richieste di ritiro, sgambetti interni e gaffe, ha indebolito la sua candidatura. Non solo: il risultato danneggia forse irreparabilmente anche quel cerchio magico della destra gollista che da Jacques Chirac in poi manteneva una grande influenza sulla politica nazionale. Gli elettori più moderati, già non troppo contenti del suo programma politicamente nazionalista ed economicamente thatcheriano, hanno finito per abbandonarlo.

Già pochi minuti dopo l’inizio dello spoglio, il candidato della formazione politica ambiziosamente chiamata Les Républicains echeggiando il partito americano ha ammesso la sconfitta e ha dichiarato che sosterrà Emmanuel Macron al ballottaggio. È il primo esponente della destra tradizionale francese a subire l’onta di essere superato da un candidato del Front National.

Jean-Luc Mélenchon, 19,6%. Grazie a una campagna originale (ormai celebri i suoi ologrammi), ad una retorica battagliera che rispetto a cinque anni fa ha trovato un elettorato più rabbioso e radicalizzato, e a una presenza poco evidente sui media che ha favorito la percezione di “diversità”, è riuscito a catturare l’attenzione di un’opinione pubblica per niente soddisfatta degli altri candidati. Il risultato del Front de Gauche, praticamente privo di struttura territoriale importante e senza grandi finanziatori, è notevole sia in sé (quasi il doppio dei voti rispetto alle scorse presidenziali) che per la sua portata storica. La sinistra radicale francese infatti non portava così lontano un suo esponente dai tempi di Jacques Duclos, il candidato del Partito Comunista alle Presidenziali del 1969.

A riprova della consistenza dei richiami della Le Pen a una parte dell’elettorato di Mélenchon, il candidato del Parti de Gauche si è rifiutato di offrire sostegno ufficiale a uno dei due sfidanti al ballottaggio: i 450mila sostenitori registrati sul sito della France Insoumise (“la Francia non sottomessa”, questo il nome della formazione elettorale di Mélenchon) potranno esprimere la propria preferenza online e il candidato si comporterà di conseguenza.

Benoît Hamon, 6,3%. Il naufragio socialista ha dell’incredibile nelle sue proporzioni: il responso delle urne è un record negativo di profondità secolare, benché il Hamon avesse vinto a sorpresa le primarie contro l’ex primo ministro Manuel Valls e dunque contasse in partenza su una base elettorale entusiasta e motivata. Il ritiro dell’impopolarissimo Hollande, unico presidente uscente a non ripresentarsi agli elettori nella storia della Quinta Repubblica, sembrava togliere di mezzo un altro ostacolo importante. Ma l’andamento della campagna, durante la quale gli esponenti socialisti hanno fatto la fila per scaricare il candidato ufficiale del partito e passare con Macron (il “tradimento” più clamoroso è stato proprio quello di Valls), seguiti da molti elettori, già annunciava un finale agro per il campione della sinistra socialista. Benoît Hamon, penalizzato anche dalla concorrenza a sinistra del più brillante ed esperto Mélenchon, si è disciplinatamente assunto tutte le responsabilità del disastro e ha chiesto ai suoi elettori di appoggiare Macron al secondo turno.

La caratteristica di questo primo turno presidenziale è stata l’alta mobilità elettorale, che ne ha favorito l’imprevedibilità. Dei cinque candidati principali, solo Marine Le Pen può contare su un “bunker” – che però ha smesso di crescere – di  votanti fedeli e determinati a sostenerla fin dall’inizio. Un elettore su quattro ha deciso il suo voto negli ultimi giorni, e si è diretto soprattutto su Macron e Mélenchon; dunque, non c’è stato nessun effetto-attentato favorevole all’estrema destra dopo i fatti di giovedì sera sugli Champs Elisées.

La volatilità dell’umore politico non dovrebbe, quindi, farci dare per scontato alcun risultato al ballottaggio, sebbene le elezioni del passato non siano un buon precedente per Marine Le Pen. Né lei né un altro candidato del suo partito hanno mai raccolto più del 50% degli elettori in un secondo turno presidenziale o regionale." Conclude Ronchi sul bollettino del Think Thank Italia/Usa Aspenia.(26/04/2017-ITL/ITNET)

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