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DONNE - RAPPRESENTANZA - CONVEGNO MAGISTRATURA E GENERE PRES. CAMERA BOLDRINI :"NON SONO INNAMORATA "QUOTE" MA NE ABBIAMO BISOGNO...ANCHE NEL CSM EQUILIBRIO DI GENERE. NO PREGIUDIZI"

(2017-07-04)

  Intervenendo ad un convegno to della Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, dopo aver ricordato l'importanza della proposta di legge presentata dall'on. Donatella Ferranti  relativa all’equilibrio di genere nella rappresentanza dei magistrati nel CSM e l'iniziativa della Sala delle Donne alla Camera per rappresentare le figure femminili che hanno preso parte alla vita pubblica italiana, 

Quindi " Boldrini afferma  "Dobbiamo dare concretezza ai principi della nostra Costituzione, tradurli in misure concrete. E chi deve darvi seguito se non innanzitutto gli organi costituzionali?

Per questo sono state importanti tutte quelle leggi che per il Parlamento e per le altre assemblee elettive hanno introdotto norme antidiscriminatorie. Chi parla di ‘quote rosa’ mi fa molto arrabbiare: si tratta di norme antidiscriminatorie. Per questo è giusto che anche per la composizione del CSM ci si ponga il tema dell’equilibrio di genere.

Sia chiaro: io non sono innamorata delle cosiddette “quote”. Ma credo che in una situazione come la nostra ne abbiamo bisogno. Mi batto per una società più evoluta, più avanzata, non per l’affermazione delle cosiddette quote. Ma se non ci fossero, molte di noi non avrebbero la possibilità di essere nelle istituzioni.
Si tratta di misure necessarie per rompere quel “soffitto di cristallo” che ancora oggi impedisce a molte donne di affermare i loro talenti.
Questo tema non va inteso come una questione che va solo a vantaggio  delle donne - ‘facciamole contente’ - o una misura “riparatrice” nei loro confronti. C’è molto di più, in ballo.
Riguarda la rappresentatività dei corpi sociali, degli organi politici e degli organi istituzionali.
Perché se la metà del genere umano viene tagliata fuori o compressa nella rappresentanza, è la democrazia a soffrirne, prima ancora delle stesse donne.
Perché se la democrazia è meno rappresentativa e meno inclusiva, è anche più fragile, meno capace di interloquire con tutte le istanze della società.
E questo problema ce l’hanno avuto storicamente sia la politica che la magistratura.

La politica: perché fino al 30 Luglio del 1976, quando Tina Anselmi fu nominata Ministra, la Repubblica italiana aveva avuto per trent’anni governi formati da soli uomini: 36 Governi e 836 ministri. Tutti rigorosamente uomini. Ma vi sembra una cosa concepibile? Il ritardo è plateale.
E la magistratura. Fino al 1963 alle donne non era addirittura consentito l’ingresso in magistratura. Anche questo è un pesantissimo ritardo.
Oggi la situazione è certamente diversa. Quasi un terzo dei parlamentari sono donne. Ci sono state e ci sono Ministre e Sottosegretarie, dunque donne in posizioni di grande responsabilità. Ma la parità è ancora molto, molto lontana.

Le magistrate oggi sono più dei magistrati (il 52 %) e ogni dieci vincitori di concorso, almeno sei sono di sesso femminile.
Ma se andiamo a guardare gli incarichi direttivi e semidirettivi la situazione cambia drasticamente. Le magistrate tornano ad essere una chiara minoranza.
Perché c’è questo gap di genere? Sono forse gli ultimi colpi di coda di pregiudizio duro a morire? Siamo di fronte a un cambiamento che non riesce a prendere corpo? Certo non è una questione di merito, visto che le donne si affermano meglio degli uomini nel concorso per l’accesso in magistratura. Perché allora non riescono ad avere la carriera che legittimamente dovrebbero avere?
Queste diffidenze e questi pregiudizi esistono ancora in ogni ambito della nostra società. Non a caso siamo il Paese in cui soltanto il 47% delle donne lavora, mentre la media europea è del 60%. Come la vogliamo definire, questa percentuale? E quando la donna lavora, spesso si deve accontentare di retribuzioni più basse: perché? Dobbiamo rispondere a questi interrogativi.

In una società così, noi donne dobbiamo faticare il doppio degli uomini per far credere agli uomini che abbiamo gli strumenti adeguati. E’ una grande fatica. Ma è una fatica che fa bene al Paese.
Perché tutti i dati dicono che quando le donne lavorano il Pil aumenta. E’ sulla nostra fatica che il Pil aumenta.
E’ dimostrato che quando le donne conquistano nuovi diritti è tutta la società che va avanti.
Dobbiamo credere di più in noi stesse e nella nostra forza. Siamo più del 50% nella società, non possiamo essere sempre costrette a venire dopo.
Bisogna combattere: con la forza della ragione, con l’intelligenza, con la determinazione, che passa anche attraverso il linguaggio di genere....(04/07/2017-ITL/ITNET)

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