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ITALIANI ALL'ESTERO - STATI UNITI / COREA - "IL MONDO SENZA TIMONIERE" DI GIANNI PEZZANO

(2017-08-10)

  "Nella contesa tra Corea del Nord e Usa il mondo non ha un timoniere esperto al comando della diplomazia occidentale, ma un uomo d’affari entrato in un mondo politico che non conosce e del quale non nasconde il proprio disprezzo."  Lo afferma Gianni  Pezzano, nato a Bunbury  (Western Australia) e da alcuni anni in Italia,  nel suo Daily Cases odierno in cui analizza la crisi USA/Corea ed la capacità dei  due uomini che guidano i due Paesi - Donald Trump e Kim Jong-un di gestire la crisi internazionale e le potenzialità di un Presidente USA che ha dalla sua una scarsa dimestichezza con la politica di Governo. 

Ricorda Pezzano nell'articolo che riportiamo in versione integrale  : "All’inizio dell’ultimo secolo un presidente americano, Theodore Roosevelt, disse una frase che presto diventò la base per la diplomazia americana fino ai giorni d’oggi. La celebre frase “Parla piano e porta con te un  grande randello, andrai lontano” dimostra benissimo il mondo politico internazionale dove le parole e il prestigio nazionale sono strettamente legati tra di loro e dove le grandi parole hanno il potenziale di far pagare un prezzo altissimo in vite umane, siano civili che militari, in ogni fallimento di una trattativa.

In questi giorni il mondo vede con apprensione gli sviluppi nella contesa non nascosta tra gli Stati Uniti, la prima Potenza mondiale nel mondo e la Corea del Nord, dittatura che assomiglia di più a un culto di personalità invece che a uno stato politico, che tiene il mondo con il fiato sospeso con ogni notizia della sua disponibilità in armi nucleari.

Con la frase di ieri che “Faremo fuoco e furia mai viste” di Donald Trump in risposta alle ultime provocazioni da Pyongyang, il mondo ha capito che non esiste un vero timoniere a Washington, ma un politico inesperto che naviga a vista senza capire la meta finale del suo viaggio.

I due contendenti

Normalmente la retorica coreana non avrebbe alcun risalto nella diplomazia mondiale, ma ci troviamo in un periodo dove il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, non ha alcuna esperienza militare, diplomatica o politica e quindi nessuno, a partire dai suoi più stretti collaboratori, sa cosa dirà e in quale direzione porterà la superpotenza.

Basta leggere i giornali internazionali per capire che il mondo libero si trova con un timoniere che non ha alcun senso di direzione, se non quella del senso di immagine pubblica. Ormai il mondo intero aspetta con ansia i suoi cinguettii mattutini su Twitter per capire il bersaglio del giorno e l’annuncio di ordini di nuovi progetti politici, per i quali i suoi segretari (ministri) e portavoce non sono preparati a spiegare non solo alla stampa, ma persino agli alleati di lungo termine che disegnano la propria politica internazionale in seguito alle direttive americane.

Nel caso del dittatore coreano Kim Jong-un, il suo potere si basa su un sistema di culto di personalità dove il Capo Supremo è indiscusso, e dove ogni sua volontà viene seguita ciecamente. Lo stato pseudo-comunista nacque in seguito alla sconfitta del Giappone nella Seconda Guerra Mondiale e la penisola coreana fu divisa in due per evitare uno scontro tra la Cina e gli Stati Uniti.

Inevitabilmente la Guerra seguì con l’appoggio aperto della Cina maoista e segreta dell’URSS staliniana che fornì gli aerei e persino (in segreto) i piloti esperti che crearono scompiglio tra gli aviatori americani. Solo oggi sappiamo che all’epoca il mondo era davvero vicino alla terza guerra mondiale che fu evitata soltanto perché i piloti sovietici avevano ordini di non superare mai i confini della Corea del Nord e dunque non furono mai catturati dagli americani.

Il dittatore attuale è in nipote del primo dittatore e ha ereditato il comando del paese alla morte del padre. Il fatto che un giovane rampollo abbia potuto prendere il comando assoluto del paese, giustiziando anche parenti che osavano dire una parola di critica verso le sue decisioni, spiega molto il sistema di controllo assoluto del paese formulato da suo nonno che in effetti dimostra che la Corea del Nord è l’ultima monarchia assoluta rimasta nel mondo.

Stranamente il dittatore coreano e il Presidente degli Stati Uniti hanno un punto in comune ed è proprio questo che rende la situazione attuale particolarmente delicata.

Entrambi i capi di Stato non hanno alcuna tolleranza per quel che interpretano come attacchi alla propria immagine. Invece di vedere le provocazioni coreane come mosse in una complicata partita di scacchi diplomatica come hanno fatto i suoi predecessori, in particolare Barack Obama, il Presidente che ha da poco finito i suoi primi sei mesi alla Casa Bianca considera ogni mossa coreana come un attacco diretto su di lui che, come sua consuetudine, lui si sente tenuto a rispondere con attacchi ancora più potenti.

Ombre di Guerra: internazionali e interne

Gli strascichi della Guerra coreana dell’inizio degli anni 50 dell’ultimo secolo sono la motivazione per il comportamento del Capo Supremo coreano di turno. Rivendicano i danni subiti nel paese dai bombardamenti americani, negano il fatto che la Guerra iniziò con l’invasione comunista della Corea del Sud. Senza scordare poi che fu l’intervento delle forze militari della Cina maoista a prevenire una sconfitta di Pyongyang sul campo di battaglia.

Nei decenni da allora, e spesso in maniera assolutamente discreta, i vari governi americani e cinesi hanno trovato il modo di poter calmare le acque per evitare scoppi bellici che metterebbero a rischio milioni di vite nelle due Coree e, con la nuova capacità missilistica di Pyongyang, nel non distante Giappone e potenzialmente anche negli Stati Uniti.

A rendere la situazione ancora più complicata non è solo il carattere intrattabile dell’uomo dello Studio Ovale, ma persino i suoi rapporti tesi con i proprio servizi di intelligence e il Partito Repubblicano per il quale sarebbe il capo putativo. Tutto questo accade in seguito alle accuse di interferenze della Russia putiniana nella sua elezione di novembre scorso, che il Presidente Trump ancora rifiuta di riconoscere.

Sin dalla sua elezione queste voci del ruolo attivissimo dei servizi russi alla sua vittoria e di collusioni di esponenti trumpiani con agenti russi prima, durante e dopo l’elezione hanno messo un’ombra su Trump e la sua amministrazione.

Da oltre un anno queste accuse sono soggette ad indagini da tutte le agenzie competenti del governo americano e ora anche dalla formazione di una Grande Giuria nelle ultima settimane che non ha fatto altro che aumentare voci di possibili imputazioni criminali eccellenti nel futuro di esponenti del governo.

Allo stesso tempo, i parlamentari repubblicani hanno messo in scena una Guerra sempre più aperta con il loro presidente che ha visto una stasi nel programma legislativo repubblicano. Stranamente, le uniche leggi importanti approvate con la collaborazione attiva di repubblicani e democratici sono state quelle leggi che hanno impedito a Donald Trump di togliere le sanzioni sulla Russia senza il permesso delle Camere e le leggi che gli impediscono di licenziare Robert Mueller, il Procuratore Speciale indipendente che sta indagando su tutti gli aspetti delle accuse di collusioni tra la squadra di Trump e agenti russi.

Allora non solo esiste uno stato di allerta tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord, ma il Presidente Trump si trova in conflitto più o meno aperto con i suoi segretari più importanti compreso Rex Tillerson, il Segretario di Stato, cioè il suo Ministro degli Esteri, che dovrebbe svolgere un ruolo determinante nell’attuale crisi internazionale.

Spesso negli ultimi mesi ci sono state grandi differenze tra le dichiarazioni di Donald Trump e dei suoi portavoce, segretari e consiglieri più importanti che dimostrano che non esiste una linea guida nella politica internazionale della Casa Bianca. Questa confusione vuol dire che è quasi impossibile prevedere le prossime mosse di Washington. Peggio ancora, queste incertezze rendono ancora più nervosi gli alleati degli Stati Uniti che devono preparare le loro reazioni ad eventuali sviluppi.

Tempi interessanti

Mentre batto queste parole nessuno sa come finirà questo ultimo scambio verbale tra Washington e Pyongyang. Pubblicamente non c’è stato alcun commento pubblico da parte del governo cinese a Pechino e senza dubbio ci sono mosse segrete per cercare di calmare la situazione.

Sappiamo solo che le voci dei servizi di intelligence americani indicano che Pyongyang ha la capacità di mettere testate nucleari sui loro missili e che qualcuno di questi ha il potenziale di arrivare fino agli Stati Uniti. Questo non vuol dire che saranno utilizzate, ma queste capacità rendono il gioco diplomatico molto più difficile di quello affrontata dai predecessori di Trump.

Ora arriva il momento che tanti temevano all’elezione di Trump novembre scorso e che sarà la prova vera del suo carattere e della sua capacità di affrontare in modo coerente una crisi internazionale esplosiva. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti devono affrontare la Russia sulla situazione siriana, con l’Unione Europea e la NATO post Brexit e tutte le sfide contro il terrorismo islamico in Africa, Europa e il Medioriente.

Purtroppo fino a prova contraria, il mondo non ha un timoniere esperto al comando della diplomazia occidentale, ma un uomo d’affari entrato in un mondo politico che non conosce e del quale non nasconde il proprio disprezzo.

Possiamo solo sperare - conclude Pezzano - di non trovarci ora in quel che i saggi cinesi una volta definivano come ”tempi interessanti”.(10/08/2017-ITL/ITNET)

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