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CULTURA ITALIANA NEL MONDO - PORTOGALLO - AL SERRALVES MUSEUM DI PORTO OMAGGIO A MARISA MERZ ESPONENTE MOVIMENTO ITALIANO "ARTE POVERA". A COLLOQUIO CON FIGLIA BEATRICE PRES. FONDAZIONE MERZ

(2018-01-11)

  Organizzata dall’Hammer Museum di Los Angeles e dal Metropolitan Museum of Art di New York  "Marisa Merz: the Sky is a Great Place" la retrospettiva dedicata a Marisa Merz sarà presentata in Europa grazie alla collaborazione tra il Museo Serralves di Porto, Portogallo, del Museum der Moderne di Salisburgo, in Austria, dove sarà presentata dal 24. Maggio al  4 Novembre 2018, e la Fondazione Merz.

L’esposizione - ospitata negli Usa, prima dal Metropolitan Museum of Art di New York nei primi mesi del 2017, quindi  dal 4 luglio al 20 agosto dall'Hammer Museum a Los Angeles. -  presenta numerose opere, tra sculture, pitture e installazioni, realizzate nel corso di cinque decenni che esprimono il carattere intimo e visionario della poetica di Marisa Merz.

La Fondazione Merz ha contribuito attivamente alla realizzazione della mostra prestando, insieme all’artista, numerose opere alcune delle quali visibili al pubblico per la prima volta. Ha inoltre fornito un importante apporto scientifico, raccogliendo tra l’altro materiale documentativo fondamentale alla stesura del catalogo. Infine insieme ai curatori ha redatto la più aggiornata e completa bio-bibliografia.

Per questo progetto la Fondazione Merz è stata sostenuta da Lavazza, con cui si è avviata da quest’anno una partnership triennale che prevede l’impegno da parte dell’azienda leader nel mercato del caffè a supportare le attività internazionali della Fondazione

"Marisa Merz: the Sky is a Great Place" e’ il titolo della retrospettiva che la città di a Porto dedica a Marisa Merz (Torino 1926), importante rappresentante del movimento dell'"Arte Povera" *** nonché unica  donna parte di questa corrente innovativa, dal  prossimo 20 gennaio  (aperta fino al 22 aprile 2018).

La mostra e' una rassegna  molto completa che abbraccia cinque decenni, dalla fine degli anni Sessanta  sino ad oggi,  e comprende sculture, disegni, pitture e installazioni,” afferma in un' intervista ad Italian Network Beatrice Merz, che presiede l’omonima Fondazione.

Un nucleo  diversificato di lavori, dalle dimensioni estremamente variabili, che da’ conto dell’iter artistico, intimo e visionario, di Marisa Merz e della sua  attitudine  a misurarsi con i piu’ svariati mezzi espressivi tra cui il cucito e l’intreccio. Una produzione, non ancora adeguatamente riconosciuta a livello internazionale,  capace di imporsi  per  originalità’ e autonomia. Una ricerca,  in bilico tra  sfera pubblica e ricordi personali, che negli  ultimi venti anni  e’ diventata sempre piu’ complessa.

“La mostra propone un centinaio di opere di cui la meta’ prestate da collezionisti e da importanti istituzioni museali come la Tate di Londra e  il Museo Rivoli a Torino. L'altra meta’ delle opere in esposizione invece e’ di proprieta' della famiglia e della Fondazione Merz. Tra queste ci sono diversi inediti, per lo piu’ piccole sculture e  disegni, e le sue creazioni piu’ recenti: dei dipinti con delle grandi figure che  ricordano degli angeli,” continua Beatrice Merz.

Il percorso si apre con le 'Living Sculptures', cinque grandi  sculture  realizzate a meta’ degli anni Sessanta,  con  lamine di alluminio:  strutture morbide ma appuntite,  nate come una 'espansione' della sua  realta’ domestica, che  l’artista aveva appeso al soffitto della cucina nella casa che condivideva con il marito, Mario Merz.
A seguire, in un unico grande  ambiente,  i suoi lavori creati  spesso attraverso procedimenti inusuali e con materiali non tradizionali tra cui oggetti realizzati con fili di rame e ferri a maglia, in  stoffa e in cera. E ancora diverse  installazioni, alcune delle quali  eseguite  negli  anni centrali della sua carriera e in questo ultimo periodo,  in cui l'artista riesce a trovare il giusto equilibrio tra  note intime, multimedialita' e dimensioni importanti.

Non mancano  le sue  piccole teste enigmatiche  create  negli anni Ottanta e Novanta. Sbozzate in argilla non cotta, decorate con pigmenti luminosi o dorati e racchiuse nella cera. Sculture  che sono diventate una costante della sua produzione: opere emblematiche che  hanno annunciato  la sua adesione  alla figurazione e il suo distacco da una vena piu’ astratta, un cambiamento centrale  in molta arte italiana degli Anni Ottanta.

Ben documentata nella  mostra anche la sua produzione  parallela  di disegni e dipinti, alcuni dei quali  di grande formato.  Un corpus  grafico che ultimamente e’ divenuto  molto elaborato  arricchendosi di elementi  e materiali diversi  tra cui nastri adesivi, schegge di specchi, clip, tappi di bottiglia e pigmenti metallici.
Di grande impatto i ritratti, in particolare femminili,  realizzati attraverso veloci linee arabescate: volti che si distaccano da qualsiasi contesto rimanendo quasi sospesi nel tempo.

“L’allestimento della mostra  non segue un percorso cronologico o tematico. Le opere sono state accostate  cercando di restituire  lo spirito di Marisa Merz.

Da segnalare, inoltre, nella realizzazione della mostra,  oltre al sostegno del gruppo Lavazza che da alcuni anni promuove l'arte italiana nel mondo,  il contributo della Fondazione Merz  che ha fornito un importante apporto scientifico raccogliendo materiale fondamentale alla stesura del catalogo, il primo in lingua inglese  pubblicato dall'Hammer Museum.
Insieme ai curatori, la Fondazione ha inoltre redatto la più aggiornata e completa bio-bibliografia dell'artista italiana.

***
Marisa Merz esordisce nel 1966 esponendo nel suo studio di Torino sculture di lamine di alluminio, riproposte successivamente in diversi allestimenti. Lavori  che le preparano la partecipazione ufficiale al movimento dell’Arte Povera.
Nel 1968, in occasione della collettiva Arte Povera + Azioni Povere, curata da Germano Celant, agli Arsenali dell’Antica Repubblica di Amalfi, Marisa Merz espone coperte imballate con filo di rame o scotch  e opere fatte con filo di nylon, rame e lana, utilizzando tecniche tradizionalmente considerate artigianali o appannaggio del lavoro femminile e introducendo nella scultura la nozione di gioco e  piacere.

Nel 1972, alla XXXVI Biennale di Venezia, l’artista presenta sculture in filo di rame tra cui  la Scodella di sale (1967), Bea e Scarpette (1968). Negli anni successivi, i suoi interventi acquistano un carattere compiutamente ambientale nella serie di “stanze” che l’artista realizza contestualmente in spazi complementari: quello aperto e pubblico della galleria e quello sotterraneo e privato della cantina (1977) o del proprio studio (1979).

Nel corso degli anni,  l’artista ha preso parte a diverse collettive tra cui la  XXXIX Biennale di Venezia del 1980; Identité italienne. L’art en Italie depuis 1959 curata da Germano Celant presso il  Centre Georges Pompidou di Parigi  nel 1981;  Avanguardia. Transavanguardia curata da Achille Bonito Oliva a Palazzo delle Esposizioni a Roma  nel 1982. A Documenta 7 a Kassel, nel 1982, Marisa Merz articola  invece una piccola stanza parallelamente a Meret Oppenheim, inaugurando una modalità espositiva di tipo dialogico a cui ricorrerà più volte negli anni successivi.

Recentemente l’opera di Marisa Merz è stata oggetto di numerose mostre personali allestite in importanti istituzioni museali tra cui il Museo MADRE di Napoli; lo Stedelijk Museum di Amsterdam; il Kunstmuseum di Winterthur; il Centre Georges Pompidou di Parigi.
Nel 2001 Marisa Merz ha ricevuto il premio speciale “Venice Biennale”. E sempre dalla stessa istituzione  veneziana ha ricevuto nel 2013  il Leone d'Oro alla carriera.
Recentemente, il Centre Internationale d’Art et du Paysage, Ile de Vassivière, in Francia, le ha dedicato una personale. (11/01/2018-L.G.-ITL/ITNET)


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