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FORMAZIONE - LAVORO - SEMINARIO ACLI: INTEGRAZIONE POLITICHE SOCIALI E ATTIVE PER LAVORO, STRUMENTI ADATTABILI MUTAMENTO MERCATO LAVORO, RICONOSCIBILITA' NUOVE FIGURE PROFESSIONALI FORMAZIONE DUALE E PERMANENTE

(2018-09-14)

Ogni Incontro nazionale di studi delle ACLI ha inteso offrire proposte, mettere a disposizione conoscenze ed
elaborazioni. Da due anni, per farlo al meglio, è stato anche creato un luogo organizzativo “integrato”, all’interno del quale far confluire e portare a sintesi le competenze e le analisi dei diversi Servizi – in particolare CAF, Enaip e Patronato – per accrescerne la capacità di elaborazione e di proposta, ma anche le possibili sinergie: l’Osservatorio Giuridico. E’ uno strumento a disposizione della Presidenza nazionale, la quale dà gli indirizzi politici, propone i temi da approfondire; e poi discute le analisi e delibera le proposte normative.

In questo contesto le tre proposte presentate oggi, a Trieste, nel corso del Seminario Nazionale dal titolo "Animare la citta'"

LA SECONDA GAMBA: SERVIZI FORMATIVI E POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO  a cura di ENAIP Nazionale Impresa Sociale

Il mercato del lavoro è attraversato da profonde trasformazioni: la crisi economica, l’innovazione tecnologica e la diversa organizzazione dei processi hanno prodotto e continueranno a produrre i propri effetti sull’occupazione. Si impone pertanto un ripensamento del ruolo delle istituzioni e dei corpi intermedi nel contrastare la disoccupazione e favorire l’occupabilità delle persone, per evitare l’inattività che molto spesso finisce con il coincidere con lo stato di povertà, in assenza della possibilità di produrre un reddito.

Politiche sociali, politiche formative e politiche per il lavoro devono allora essere sempre più integrate, per fornire ai cittadini quegli strumenti, non solo economici, per affrontare i cambiamenti e le dinamiche del mercato del lavoro.

La proposta si muove quindi nella prospettiva di affrontare il problema della disoccupazione con un’ottica preventiva, investendo sulla formazione per ridurre il disallineamento tra le competenze professionali richieste dalle imprese e quelle in possesso dei lavoratori, e puntando sul rafforzamento della loro preparazione, dalla fase di prima formazione, fino ai livelli più elevati di specializzazione tecnica per rispondere alle richieste di profili di Industry 4.0.
Non si tratta, però, solo di investire risorse, certamente necessarie, ma anche di avere strumenti regolatori facilmente adattabili alle mutevoli esigenze del mercato del lavoro, per essere in grado di rispondere alla difficoltà di reperire i profili tecnici di cui le imprese hanno bisogno. Un costante processo di revisione e aggiornamento del Repertorio delle Qualifiche e dei Diplomi professionali è quindi un fattore centrale anche per garantire la riconoscibilità di nuove figure professionali sempre più richieste. Si pensi, ad esempio, alle nuove mansioni legate al trattamento e all’analisi delle informazioni (big data, business intelligence), a quelle attinenti alla progettazione di applicazioni associate ai nuovi media e ai social network o all’automazione dei processi produttivi e logistici.

Come noto, nel nostro Paese, a conclusione del primo ciclo di istruzione, il sistema scolastico superiore di secondo grado prevede due possibilità. Da una parte, i percorsi quinquennali che sono di competenza statale, si sviluppano attraverso i Licei, gli Istituti Tecnici e gli Istituti Professionali, recentemente riformati, e che a loro volta consentono l’accesso all’Università. Dall’altra, i percorsi triennali e quadriennali dell’Istruzione e Formazione professionale (IeFP) di competenza regionale, erogati dalle agenzie formative accreditate presso le Regioni, con i quali un giovane dopo aver conseguito la qualifica e/o il diploma può indirizzarsi anche verso l’offerta dell’istruzione tecnica superiore (ITS).

E’ evidente, quindi, che per preparare i nostri giovani alla vita adulta, alla società, al lavoro, disponiamo di un impianto ordinamentale capillare e di grandi dimensioni che poggia su due gambe, due offerte importanti, di pari dignità, ma al
tempo stesso ciascuna con una propria distinta identità.

La seconda gamba di cui parliamo è dunque la formazione professionale, “seconda” solo perché interessata da processi di riforma più recenti e per ora non sufficientemente sviluppata, inserita tra le politiche attive del lavoro come principale strumento educativo e di empowerment delle persone e delle comunità, per affrontare il difficile e mutevole mercato del lavoro globale. Si tratta di una infrastruttura abilitante fondamentale per un moderno Paese competitivo e socialmente ben attrezzato.

E’ la seconda gamba del sistema educativo nazionale, con pari dignità e complementare funzione rispetto lla scuola e all’università. E’ anche la seconda gamba di un moderno sistema di welfare, accanto alle politiche passive e agli strumenti di protezione sociale.
La formazione professionale non limita la sua funzione al facilitare la transizione dai percorsi formativi al mercato del lavoro, ma ha anche il compito di prevenire il naturale processo di deterioramento delle competenze che ha da sempre caratterizzato le più grandi rivoluzioni tecnologiche, e colpisce in modo particolare le categorie di lavoratori che svolgono mansioni a bassa specializzazione.
Per prevenire l’obsolescenza delle competenze, che con l’avvento delle nuove tecnologie 4.0 rischia di aumentare esponenzialmente, di pari passo con la nascita di nuove attività produttive non ancora esistenti, occorre investire su percorsi formativi “lungo tutto l’arco della vita”, tali da garantire un aggiornamento costante delle persone.

Con lo stesso approccio, la formazione professionale agisce come politica attiva del lavoro: avvicina le persone alle imprese, mette in connessione le domande di competenza con l’offerta formativa, risponde a fabbisogni di specializzazione richiesti dalle aziende con percorsi di qualificazione professionale brevi e pensati su misura per le esigenze produttive.
Se la formazione rappresenta una politica attiva del lavoro, anche il ruolo degli Enti deputati alla sua erogazione, i Centri di formazione professionale, si innova per inserirsi nella rete dei servizi per il lavoro offrendo, in maniera sinergica con altri enti terzi, servizi specializzati di orientamento specialistico, bilancio delle competenze, qualificazione e riqualificazione professionale, finalizzati all’inserimento lavorativo.

L’architettura dei servizi per l’impiego, come rete di più soggetti interconnessi che cooperano tra di loro per garantire il diritto al lavoro e a servizi di accompagnamento all’occupazione, già prevista dalla normativa vigente (D.lgs. 150/2015), va valorizzata con un rafforzamento dell’intera filiera degli operatori per garantire un’integrazione di diversi servizi che possa rispondere ai differenziati bisogni dei cittadini. In tal senso, gli enti formativi diventano partner strategici non solo per lo sviluppo delle competenze delle persone, ma anche per accrescere le loro potenzialità occupazionali.

Attraverso la cooperazione con tutti gli attori appartenenti al sistema dei servizi per il lavoro, gli operatori pubblici, principalmente i Centri per l’Impiego, potranno svolgere un’azione più efficace di presa in carico “multidimensionale”, garantendo ai cittadini un’assistenza in tutti gli aspetti della loro vita familiare, sociale e lavorativa.

Alla luce di queste osservazioni, l'ENAIP avanza tre proposte strategiche che si muovono intorno a tre obiettivi fondamentali.

- In primo luogo, con l’obiettivo di contrastare la povertà, si propone l’integrazione tra politiche sociali  e politiche attive per il lavoro, in modo da poter rispondere alle esigenze delle persone in stato di bisogno attraverso un progetto personalizzato che consenta loro di abbandonare la situazione d’indigenza in cui versano, anche attraverso una nuova occupazione.

-  In secondo luogo, nella prospettiva di prevenire e ridurre la disoccupazione, la proposta si muove verso la costruzione di un sistema formativo solido e integrato con i servizi per il lavoro, in cui la formazione è essa stessa una politica attiva per il lavoro, finalizzata a favorire l’inserimento e il reinserimento lavorativo o a garantire il mantenimento dei livelli occupazionali.
-  L’ultima proposta riguarda l’inclusione sociale dei migranti, una categoria di soggetti che necessita di interventi mirati che consentano loro di integrarsi nella società, anche favorendo il loro inserimento professionale.

1. Contro la povertà e l’esclusione, innalzare l’occupabilità delle persone con servizi multilivello

Il problema in breve. Nonostante gli sforzi degli ultimi venti anni, in Italia non si è riusciti ancora a costruire una rete di servizi per il lavoro che possa aiutare le persone a trovare un lavoro e produrre un reddito. Salvo rare eccezioni, le politiche assistenziali e le politiche per il lavoro sono sempre state separate.
Le riforme del mercato del lavoro introdotte negli ultimi anni hanno avuto l’obiettivo di creare un sistema dei servizi per il lavoro capace di rendere il mercato del lavoro più inclusivo e di erogare servizi di accompagnamento all’occupazione e alla riqualificazione professionale per tutti i cittadini sul territorio, senza discriminazioni rispetto al luogo di nascita o di residenza.

Costruita intorno alla centralità degli operatori pubblici (cioè i Centri per l’impiego), la Rete dei servizi per il lavoro, come indicato già dall’ultima riforma del mercato del lavoro (D.lgs. 150/2015), prevede la collaborazione di una serie di operatori che, a vario titolo e in maniera sinergica, dovrebbero cooperare per fornire ai cittadini servizi formativi e servizi per il lavoro.

Con il reddito di inclusione (REI) siamo poi nel pieno della prima sperimentazione di una politica sociale multilivello, di respiro nazionale, raccordata con le politiche per il lavoro e destinata alle persone in grado di svolgere un’occupazione.

Sono quindi maturi i tempi per affrontare i temi della disoccupazione e della povertà con un approccio sistemico che muova da una maggiore consapevolezza dell’attuale situazione dei servizi per l’impiego pubblici che agiscono in condizioni di oggettiva difficoltà su diversi livelli.
Convinti che una risposta alle condizioni di povertà delle persone vada trovata in un rinnovato welfare che preveda anche la costruzione di percorsi professionali di riqualificazione in grado di fornire un supporto a chi cerca lavoro o vive in una situazione di esclusione sociale, riteniamo che la via da perseguire sia nel rafforzamento della rete e nella sinergia tra tutti gli operatori, in modo tale che ciascuno possa erogare il servizio che risulti più adeguato alla persona per il suo inserimento lavorativo e il suo affrancamento dalla situazione di indigenza.

Le nostre proposte sono quindi finalizzate a creare le condizioni per garantire servizi di avvicinamento al mercato del lavoro a tutti i cittadini, soprattutto a quelli in situazioni di bisogno, che necessitano di un’assistenza “multidimensionale”, e giungere ad una vera integrazione tra politiche del lavoro - nella loro più ampia accezione che ricomprende i servizi formativi - e politiche di assistenza sociale.

Le proposte dell'ENAIP
1. Ruolo attivo degli enti di formazione professionale all’interno di reti e partenariati di cooperazione pubblico-privato per servizi integrati di formazione, qualificazione professionale, accompagnamento al lavoro e di inserimento lavorativo da garantire in maniera uniforme a tutte le persone su tutto il territorio nazionale.

2. Promozione di un modello di stretta collaborazione tra i Centri per l’impiego e la rete degli operatori per innalzare la qualità dei servizi ai cittadini: i Centri per l’impiego dovrebbero poter essere messi in condizione di conoscere puntualmente l’offerta di servizi erogati dai diversi operatori diffusi sul territorio, così da indirizzare le persone verso l’operatore più adatto alle loro esigenze. In questo modo, si valorizzerebbe una sinergia virtuosa tra tutti gli operatori per l’erogazione di servizi “multidimensionali” per affrontare anche il problema dell’indigenza legata alla mancanza di lavoro.

2. Contrastare la disoccupazione attraverso l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita: la formazione professionale come politica attiva del lavoro
Il problema in breve. La sempre maggiore diffusione dello skill mismatch è una delle cause principali degli alti tassi di disoccupazione giovanile nel nostro Paese. Ad aggravare ulteriormente questo quadro, il problema della sottoqualificazione professionale, reso ancora più evidente alla luce dei rapidi cambiamenti tecnologici che, senza un adeguato meccanismo di aggiornamento dei profili professionali, rischiano di portare a una diffusione sempre maggiore del fenomeno dell’obsolescenza delle competenze, aumentando di conseguenza il rischio di essere espulsi dal mercato del lavoro, con un potenziale innalzamento dei tassi di disoccupazione. Sono ancora residuali e frammentati gli interventi formativi connessi a percorsi di politica attiva del lavoro finalizzati all’inserimento lavorativo.

Una delle maggiori sfide poste dal cambiamento tecnologico è quella di ridurre lo “skill mismatch”, cioè la mancata corrispondenza tra le competenze reali dei lavoratori e quelle richieste dai datori di lavoro. Ma accanto a questo problema, vi è anche la questione della sotto-qualificazione professionale destinata ad aggravarsi con l’avvento delle nuove tecnologie, che hanno prodotto e produrranno grandi cambiamenti nel mercato del lavoro, incidendo sia sulla quantità che sulla qualità delle prestazioni professionali.

La formazione ha un ruolo centrale nel ridurre lo squilibrio tra domanda e offerta di competenze, ma l’offerta formativa deve essere capace di intercettare e, se possibile anticipare, le esigenze di professionalità del mercato del lavoro. Questo può rendersi possibile anche attraverso un rafforzamento del rapporto con le imprese, in una logica di vera e propria partnership strategica con il tessuto produttivo.

Un esempio virtuoso in tal senso è rappresentato dal modello formativo “duale” nell’ambito della IeFP, in cui struttura formativa ed impresa cooperano per raggiungere gli obiettivi di crescita personale, sociale e professionale dei ragazzi garantendo una risposta ai fabbisogni di competenze, comprese quelle di alto livello specialistico che possono essere acquisite attraverso la rete degli Istituti tecnici superiori (ITS).

Il problema dell’inadeguatezza delle competenze non riguarda solamente le nuove generazioni che per la prima volta si affacciano al mondo del lavoro, ma anche e soprattutto i lavoratori che svolgono le mansioni più tradizionali che non richiedono un alto livello di specializzazione. Si tratta delle le cosiddette “low skill”, le competenze più facilmente sostituibili a causa della sempre maggiore diffusione dell’automatizzazione e della nascita delle nuove professionalità che caratterizzano la Quarta Rivoluzione Industriale.

Per fare in modo che il mutamento tecnologico di Industry 4.0 non produca solamente la distruzione di vecchi posti di lavoro, ma offra anche nuove opportunità ai lavoratori stessi grazie alla nascita di mansioni e settori professionali innovativi, occorre investire sulle competenze, allineandole rispetto alle nuove esigenze del tessuto produttivo.

La rapida evoluzione delle tecnologie rende impossibile prevedere quali saranno le skill richieste nel lungo periodo. Per questo motivo, è necessario costruire un’infrastruttura formativa strutturata, pronta a rispondere ai nuovi bisogni del mercato del lavoro: un sistema formativo che copra tutto l’arco della vita.

Per raggiungere questo obiettivo, sarà indispensabile incentivare ulteriormente il meccanismo di adeguamento continuo dei curricula di studi e dei profili professionali, soprattutto attraverso l’aggiornamento costante del Repertorio delle Qualifiche e dei Diplomi professionali con l’introduzione di nuove figure professionali legate all’innovazione tecnologica.

In questo quadro, la nostra proposta va nella direzione di una nuova visione della formazione professionale, come un vero e proprio strumento di politica attiva in grado di colmare il mismatch di competenze attraverso il potenziamento del sistema duale e la costruzione di filiere verticali di formazione professionale con l’acquisizione di titoli di studio sempre più specialistici, ma anche di contrastare l’obsolescenza delle competenze, investendo sulla capacità di lettura della realtà e tentando di anticipare le competenze necessarie in futuro.

Le  proposte dell'ENAIP
1. Rafforzamento del sistema duale attraverso i percorsi offerti dagli enti formativi. È necessario un investimento di risorse da destinare ai CFP che hanno dimostrato di essere validi interlocutori delle imprese, diventando l’anello di congiunzione tra lo sviluppo del capitale umano e il trasferimento delle soft skill richieste dalle imprese.

2. Costruzione di filiere formative professionalizzanti verticali per garantire la continuità dei percorsi fino ad arrivare ai livelli di specializzazione più alti.

3. Promozione di un sistema formativo stabile e innovativo in grado di contrastare la disoccupazione in ottica preventiva con un aggiornamento costante delle competenze, dalla prima formazione, fino al livello terziario, fino ad arrivare a percorsi ad hoc per adulti per la qualificazione o riqualificazione professionale.

4. Rinnovamento e snellimento della procedura di aggiornamento del repertorio delle Qualifiche e dei Diplomi professionali, per garantire l’individuazione dei profili emergenti e un adattamento costante rispetto alle nuove esigenze del mercato.

5. Investimento sulla formazione continua dei lavoratori, facilitando il costante aggiornamento di competenze anche da parte degli adulti.

3. Inclusione sociale e flussi migratori: un ruolo strategico per la formazione professionale

Il problema in breve. Di fronte all’imponente massa di flussi migratori, la formazione professionale può diventare "HUB" per la formazione dei giovani migranti e il nostro Paese può svolgere un ruolo essenziale sia nel garantire una maggiore inclusione sociale nello spazio euromediterraneo, sia per contribuire alla crescita produttiva dei Paesi da cui provengono, in primis dall’Africa.

Il fenomeno migratorio nel nostro Paese rappresenta un evento epocale di medio lungo termine, che richiede di essere affrontato con adeguate politiche, tra cui quelle rivolte alla scolarità dei minori ed alla valorizzazione delle qualificazioni dei migranti, per una migliore integrazione sociale e lavorativa.

Oggi arrivano in Italia – a differenza di altri Paesi dell’Ue – i migranti con i più bassi livelli di istruzione e formazione, che andrebbero invece formati nei loro Paesi d’origine con il coinvolgimento delle imprese nazionali in grado di concorrere allo sviluppo di una formazione professionale di qualità utile allo sviluppo dei territori di appartenenza e anche del nostro Paese sotto il profilo economico e della coesione sociale. La questione è di particolare rilevanza per i giovani di 14/25 anni.

In questa prospettiva, l’Italia può giocare un ruolo importantissimo nello spazio euromediterraneo per la formazione dei giovani, in particolare dei minori provenienti e/o residenti in Africa.

Le  proposte dell'ENAIP
1. Riconoscimento delle competenze già acquisite dai migranti.

2. Formazione specifica ed intensiva nell’ambito di politiche del lavoro per l’inserimento lavorativo, per un più efficace e positivo inserimento delle persone migranti nel nostro mercato del lavoro.

3. Impegno diplomatico dell’Italia per favorire l’investimento nella formazione dei giovani nel loro Paese d'origine, per accrescere i livelli di competenze a livello globale.(14/09/2018-ITL/ITNET)

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