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ITALIANI E ITALIANI ALL'ESTERO - IL FUTURO DELL'EUROPA : DA CESE E CNEL : SVILUPPO SOSTENIBILE E COMPETITIVITA'

(2019-05-20)

L'appello  lanciato oggi dal 38 forze sociali presenti nel CNEL e dal CESE - (vedi anticipazione: http://www.italiannetwork.it/news.aspx?ln=it&id=57804) ed oggi (http://www.italiannetwork.it/news.aspx?ln=it&id=57971) richiama alla sfida sullo: Sviluppo sostenibile e competitività.

Negli ultimi dieci anni, dalla crisi del 2008 in poi, l’Unione è crescita
molto lentamente e in modo diseguale. La crescita è condizione
indispensabile per assicurare il benessere collettivo. L’impresa, e la sua
capacità di generare sviluppo e occupazione, è al centro di questo
processo.
La storia dimostra come i grandi processi di sviluppo abbiano sempre
avuto origine da una iniziale spinta di investimenti pubblici capace di
generare le condizioni economiche e istituzionali affinché i soggetti
privati investano innescando fattori competitivi per la crescita. Le
Istituzioni sono il principale promotore dell’innovazione, perché hanno la
possibilità di sostenere grandi rischi e fornire “capitali pazienti” dando il
via a processi di complessi di innovazione, sviluppo e crescita
occupazionale.

Occorre dunque riaffermare l’importanza di investimenti pubblici che
facciano da apripista e da volano all’azione dei privati per innescare un
processo di virtuoso di sviluppo sostenibile. Un input pubblico capace di
supportare la competitività delle grandi imprese europee e che, con
trasferimenti tecnologici e incentivo alla messa in rete, assicuri il sostegno
alle piccole imprese fondamentali nel contribuire a un ecosistema
economico efficiente. L’obiettivo sostenibilità nelle varie componenti
sociali e ambientali deve orientare tutti gli investimenti produttivi e
diventare la linea guida di un nuovo modello di sviluppo. La transizione
ambientale, l’economia verde e circolare non riguardano solo singoli
settori produttivi, ma rappresentano la prospettiva della evoluzione
dell’intero sistema economico e sociale. Se così è, la Unione dovrebbe
pretendere che gli indicatori BES fondamentali siano presenti nei piani
nazionali di riforma e provvedere a un monitoraggio comune del loro
stato di attuazione nel tempo.
In riferimento al benessere collettivo non può non farsi un indispensabile
richiamo al tema della PAC. L’agricoltura ha svolto, certamente in Italia,
una cruciale funzione anticiclica e può rappresentare un sostegno
importante all’occupazione. Ma vi è di più. L’agroalimentare è il settore
dove affrontare le importanti questioni della sicurezza e della sovranità
alimentare che sono parte necessaria di un modello di sviluppo
sostenibile, non solo per l’ambiente.

Se la politica industriale comune è fondamentale per l’Europa, al
contempo occorre governare il processo di modernizzazione dei servizi
che si sta realizzando attraverso l’utilizzo delle tecnologie e delle
piattaforme digitali. Se da un lato i benefici per il cittadino consumatore
possono essere notevoli in termini qualitativi ed economici, dall’altro
bisogna controllare le ricadute sociali per il cittadino lavoratore.
Il futuro della competizione tra economie e tra società si gioca
prevalentemente sul trinomio: dati, intelligenza artificiale e infrastrutture.
Il controllo e l’utilizzo dei dati, il modo in cui elaborarli per produrre beni
e servizi e le modalità di connessione virtuale e fisica sono il terreno su
cui si misura la competizione globale e, allo stato attuale nessuno dei
grandi “Player” che detengono il controllo dei dati è europeo ed è quindi
indispensabile favorire la nascita di grandi compagnie europee in grado
di concorrere con le multinazionali cinesi e americane.
Per questo motivo sono due i settori sui quali servono prioritariamente
investimenti mirati e strutturali: ricerca e innovazione tecnologica,
soprattutto nel campo dell’intelligenza artificiale, e infrastrutture, sia
materiali che immateriali. Gli interventi in questi settori devono essere
ispirati e coerenti con la prospettiva dello sviluppo sostenibile sotto il
profilo ambientale e sociale.

Attualmente l’Europa appare in ritardo nella sfida globale che si sta
giocando tra Cina e Stati Uniti per la leadership tecnologica come
dimostrano i dati brevettuali messi a disposizione dall’OCSE. Per queste
ragioni occorre potenziare la capacità delle nostre imprese di sviluppare e
utilizzare l’innovazione tecnologica come fattore di aumento della
produttività e contestualmente di innalzamento della qualità della
crescita e dell’occupazione.
Su questo fronte, in particolare l’intelligenza artificiale è la grande
frontiera che, modificando radicalmente il modo in cui vivremo,
comunicheremo e produrremo, determinerà la leadership mondiale in
termini industriali e commerciali. Si tratta di un tema di portata
planetaria quanto a risorse necessarie per affrontarlo, ma anche quanto a
regole giuridiche ed etiche che questa frontiera dell’innovazione sta già
ponendo. Il “governo” degli algoritmi che stanno alla base delle
molteplici applicazioni non può non avere il settore pubblico come
principale attore. Non è pensabile che la ricerca, la programmazione e lo
sviluppo di progetti connessi all’intelligenza artificiale non abbia una
solida cabina di regia di livello europeo capace di mobilitare le enormi
quantità di investimenti necessari a sostenere la concorrenza con Cina e
Stati Uniti e al contempo di governarne lo sviluppo e i processi
applicativi mantenendo un controllo anche sulle implicazioni etico-sociali
che tutto ciò comporta.

L’innovazione tecnologica è altresì fattore abilitante per la conversione
verso politiche economiche green, in tutti i settori industriali, dei servizi e
dell’agricoltura e per una progressiva indipendenza dalle energie fossili
che sviluppi compiutamente gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile
dell’Agenda 2030 e gli accordi di Parigi sul contrasto al climate change. La
transizione ambientale è il secondo ambito di intervento sul quale
concentrare investimenti: è un processo che può determinare nuova
occupazione e lo sviluppo di economia sostenibile.
Il secondo settore che merita una forte spinta di investimenti è il settore
delle infrastrutture materiali e immateriali. Le grandi infrastrutture
materiali, oltre a determinare un importante volano occupazionale per in
molti settori connessi alle costruzioni, rappresentano condizione
indispensabile per sostenere la mobilità delle persone e delle merci sia
all’interno dell’Unione, sia in relazione all’export. Ma vi è di più. Le
infrastrutture hanno un grande ruolo sociale e rappresentano un fattore
di inclusione e coesione di persone e territori, favorendo una maggiore
omogeneità nello sviluppo e nelle opportunità tra grandi centri urbani e
periferie.

Le infrastrutture immateriali, assumono sempre crescente importanza. La
concorrenza mondiale per il predominio nelle reti mobili testimonia come
su questo settore si giochi una sfida decisiva non solo per lo sviluppo
commerciale ma anche per la garanzia dei diritti individuali di privacy e
di accesso ai servizi. Su entrambi questi versanti l’Europa non può restare
indietro nella competizione con Cina e Stati Uniti.

Questo tema si connette strettamente con quello del rapporto con i grandi
player dell’economia digitale. Attualmente l’Unione è l’unico soggetto
istituzionale al mondo ad aver posto imposto regole per assicurare la
tutela della concorrenza e dei consumatori e di intervenire altresì sul
profilo fiscale. Nel rapporto con i colossi del web si gioca una partita più
articolata che ha a che vedere con i modelli produttivi, la tutela dei diritti
dei lavoratori, con l’equità fiscale e poi con la gestione del grande capitale
dell’epoca moderna: i dati.  (20/05/2019-ITL/ITNET)

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