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DONNE - LAVORO / PENSIONI - RIDUZIONE REQUISITO ANAGRAFICO ACCESSO PENSIONE VECCHIAIA LAVORATRICI CON FIGLI

(2021-01-14)

  Fra le proposte di legge particolarmente attese  dalle donne italiane quella dell'on. Serracchiani trova un consistente interesse  intervenendo so una proposta di  "Modifica all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di riduzione del requisito anagrafico per l'accesso alla pensione di vecchiaia in favore delle donne lavoratrici con figli"

L'iniziativa (atto camera(2767) che vede come primo firmatario l'on. SERRACCHIANI, cofirmataria l'on Cantone, Mura, Viscomi, Lorenzin, Di Giorgi, Orlando.... presentata il 4 novembre 2020 attende di essere calendarizzata:

Spiega la parlamentare del PD: " La prossima conclusione, il 31 dicembre 2021, della non certo risolutiva sperimentazione del sistema di calcolo per l'accesso alla pensione denominato «quota 100» ha riacceso i riflettori sul tema di una riforma del sistema pensionistico che sia, finalmente, equilibrata finanziariamente e, al tempo stesso, flessibile, avendo come riferimento generale la reale condizione delle diverse categorie di lavoratori e di lavoratrici a cui dovrà applicarsi.
??Appare ormai indiscutibile la necessità di prevedere un sistema pensionistico che superi in via strutturale le tante forzature e aporie che ha prodotto la cosiddetta «riforma Fornero», figlia della drammatica contingenza finanziaria del 2011, le cui ricadute si sono abbattute in forma prevalente sui lavoratori e sulle lavoratrici in procinto di accedere alla pensione.
??Una testimonianza dei gravi problemi sociali derivanti dal traumatico aumento del requisito anagrafico introdotto nel 2011 è rappresentata dalle tante misure correttive alle quali si è dovuto ricorrere in questi ultimi nove anni e, in particolare, dalle otto salvaguardie per i lavoratori «spiazzati» dall'introduzione del nuovo regime e lasciati nel limbo di una condizione che li vedeva senza più lavoro, senza più ammortizzatori sociali e senza la possibilità di accedere al trattamento pensionistico per molti anni. Contemporaneamente, si è provveduto a sperimentare altri istituti, con alterne fortune, quali l'anticipo pensionistico sociale (APE), l'APE volontaria, l'isopensione (l'esodo dei lavoratori anziani), le staffette generazionali, le proroghe dell'opzione donna e, da ultimo, la citata quota 100.
??Alla luce di una tale continua – e non sempre coerente – opera di revisione delle regole per l'accesso al trattamento di quiescenza per milioni di lavoratori e di lavoratrici che hanno vissuto in un clima di quasi totale incertezza sul loro futuro previdenziale, appare fondamentale l'iniziativa assunta dal Governo in carica di avviare un serrato e approfondito confronto con le parti sociali e con gli esperti del settore per la definizione di una riforma strutturale che superi le tante problematiche tuttora presenti.
??Tra i diversi aspetti, quello che, a parere dei proponenti della presente proposta di legge, non sembra sufficientemente emergere ancora con la dovuta considerazione nel dibattito pubblico che si sta sviluppando riguarda la giusta valorizzazione che, anche sotto il profilo previdenziale, il nostro sistema di welfare deve riconoscere alle donne lavoratrici con figli.
??Come noto, il nostro Paese è caratterizzato da tempo da bassi tassi di fecondità (1,4 figli per donna) nonostante il contemporaneo basso tasso di occupazione femminile. Non solo, ma come ricordato dal Presidente dell'Istituto nazionale della previdenza sociale nella relazione sulla situazione del welfare italiano del 2020, i salari annuali delle donne nel lungo periodo, cioè dopo quindici anni dalla nascita di un figlio, registrano una perdita di 5.700 euro rispetto a quelli delle loro colleghe con età e qualifica comparabili ma senza figli.
??Questi sono solo alcuni degli indicatori economici che evidenziano la difficoltà che devono affrontare le lavoratrici madri nel nostro Paese per riuscire a conciliare la loro naturale aspirazione genitoriale con l'altrettanta naturale aspirazione alla realizzazione nell'ambito lavorativo e sociale.
??A fronte di tali disequilibri, a parere delle proponenti della presente proposta di legge l'attuale quadro normativo previdenziale appare molto ingiusto laddove prevede regole uguali per tutti i lavoratori, per donne e uomini e per donne con figli e donne senza figli, per quanto riguarda l'individuazione della soglia anagrafica per l'accesso alla pensione di vecchiaia: a condizioni diverse non possono corrispondere requisiti invariati.
??Il nostro ordinamento pensionistico ha correttamente previsto un regime specifico per alcune tipologie di lavoratori, dapprima quelli impegnati in attività cosiddette «usuranti» e, successivamente, anche per quelli che hanno svolto attività lavorative gravose.
??È indubbio che anche le lavoratrici madri devono affrontare la complessità della conciliazione tra il lavoro e le attività di cura dei figli che, ancora, gravano in larga parte su di loro. Pertanto, la presente proposta di legge si prefigge l'obiettivo di riconoscere tali attività familiari e lavorative, prevedendo la riduzione del requisito anagrafico per l'accesso alla pensione di vecchiaia in favore delle lavoratrici madri in ragione di un anno per ciascun figlio, fino a un massimo di tre anni. Questo è un principio che si inserisce nell'attuale quadro di regole pensionistiche ma che dovrà valere, in prospettiva, anche nella futura disciplina previdenziale che strutturalmente sarà adottata a decorrere dall'anno 2022.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

??1. Dopo il comma 6 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è inserito il seguente:

???«6-bis. A decorrere dal 1° gennaio 2021, per le lavoratrici iscritte all'assicurazione generale obbligatoria, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, il requisito anagrafico per l'accesso alla pensione di vecchiaia di cui al comma 6 del presente articolo è ridotto di dodici mesi per ogni figlio, nel limite massimo di tre anni». (14/01/2021 -ITL/ITNET)

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