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ECONOMIA ITALIANA - BIOECONOMIA /EUROPA - AVANZA L'IMPRONTA ECONOMICA DELL'INDUSTRIA BIOTECNOLOGICA IN EUROPA
(2023-09-29)
Ha preso il via il 25 settembre e si concludera' il I° ottobre l'undicesima edizione della Settimana europea delle biotecnologie e della bioeconomia (#EBW2023) con l'obiettivo di mettere in evidenza il suo approccio intersettoriale per affrontare le sfide globali.
L’aggravarsi della crisi climatica, con temperature che hanno raggiunto livelli di massima in molte aree del mondo ed eventi meteorologici estremi sempre piu? frequenti, rendono sempre piu? cruciale il ruolo della Bioeconomia, ovvero il sistema di settori che utilizza le risorse biologiche, inclusi gli scarti, per la produzione di beni ed energia. In questo scenario la quantificazione e l’analisi approfondita delle filiere della Bioeconomia diventano elementi importanti per scelte di politica economica mirate e consapevoli dei cambiamenti in atto.
Lanciato nel 2013, l'evento annuale della Settimana Europea delle Biotecnologie, che riunisce scienziati, aziende, accademici, studenti, responsabili politici e altri soggetti interessati alle biotecnologie sia fisicamente che online. La Settimana funge da piattaforma per celebrare i notevoli progressi nel campo della biotecnologia, affrontare le sfide rilevanti per la società e l’industria e promuovere sinergie per una migliore collaborazione.
Deve il suo continuo successo alla partecipazione attiva di molte organizzazioni, aziende e individui in tutta Europa. Scuole, università, musei, aziende, istituzioni, associazioni e organizzazioni sono invitate a ospitare eventi durante la Settimana, offrendo un'opportunità unica per mostrare il proprio lavoro, competenze e contributi nel campo della biotecnologia.
Nel 2022 l’insieme delle attivita? connesse alla Bioeconomia in Italia ha generato un valore della produzione pari a 415,3 miliardi di euro, occupando circa due milioni di persone. La prof. Isabella Pisano, del Dipartimento di Bioscienze, biotecnologie e Ambiente dell'Università di Bari stima che entro il 2027 i nuovi progetti, nel solo Mezzogiorno, potranno generare, in questo mercato in forte espansione, oltre 25.000 posti di lavoro, 14.000 dei quali occupati da donne.
D'altra parte, già nel Rapporto 2022, si osservava che la crescita nel 2022 (+15,9%), sostenuta soprattutto dall’incremento dei prezzi, ha portato la Bioeconomia italiana a pesare l’11% sul totale del valore della produzione, in netto aumento rispetto al 9,9% del 2019.
Anche negli altri paesi europei considerati nel Rapporto, la Bioeconomia ha registrato lo scorso anno una sensibile crescita: nel complesso di Francia, Germania, Italia e Spagna, la Bioeconomia ha generato nel 2022 un output di circa 1.740 miliardi di euro, occupando oltre 7,6 milioni di persone.
Un ruolo chiave nella Bioeconomia, in particolare in Italia, e? ricoperto dalla filiera del tessile-abbigliamento, protagonista di una profonda trasformazione negli ultimi decenni che ha portato allo spostamento del baricentro produttivo mondiale verso l’Asia e ad una diminuzione dell’utilizzo di input bio-based: la quota sul commercio mondiale di input, filati e tessuti bio e? scesa dal 16,1% medio del 2007-08 al 14,8% del 2018-19. La filiera del tessile-abbigliamento in Italia ha raggiunto 63,5 miliardi di euro di fatturato nel 2022 (l’1,5% del totale e il 5,5% del manifatturiero), occupando circa 300 mila addetti, l’8% degli addetti della manifattura italiana. L’Italia resta, dunque, protagonista in questo settore: nono produttore mondiale per numero di addetti, quinto per valore della produzione e per quota di mercato nei prodotti di fascia alta. Il nostro paese mantiene una quota di produzione bio-based tra le piu? elevate nel contesto europeo e risulta quarto esportatore mondiale di fibre, filati e tessuti bio-based.
I dati di una inchiesta ad hoc sulle imprese della Bioeconomia, evidenziano come oltre il 40% dei soggetti intervistati nella filiera del tessile-abbigliamento dichiara di voler ampliare le proprie produzioni bio-based nei prossimi 3 anni.
La filiera del tessile-abbigliamento e? al centro di significativi cambiamenti in ottica di maggiore sostenibilita? e circolarita?. Con l’introduzione dell’obbligo di raccolta differenziata dei tessili gia? partita in Italia e di prossima applicazione nel resto dell’Unione europea, il tema dell’economia circolare, del riuso e riutilizzo dei rifiuti tessili e dei tessili usati diventera? ancora piu? rilevante. Si assistera? a un aumento dei quantitativi di rifiuti da trattare e gestire e ne cambiera? anche il mix con l’ampliamento dell’incidenza dei rifiuti di peggiore qualita? e privi di valore. In questo contesto la capacita? di recuperare materia in una logica fiber to fiber diventera? fondamentale.
Il riutilizzo degli scarti dei processi produttivi della filiera tessile in un’ottica circolare e? rilevante ma residuano ampi spazi di miglioramento, attivabili attraverso un miglior funzionamento del mercato delle materie prime seconde. Le potenzialita? sono desumibili dall’analisi dei quantitativi di rifiuti tessili prodotti dalla filiera della moda che risultano pari a 510mila tonnellate a livello europeo. In Italia per ogni addetto dell’industria della moda si producono 508 kg di rifiuti.
I rifiuti post consumo raccolti in modo differenziato ammontano complessivamente a livello di Europa a 27 a 790.000 tonnellate nel 2020, in accelerazione negli ultimi anni grazie alla crescente diffusione della raccolta differenziata. In Italia la raccolta differenziata dei rifiuti tessili e? in progressivo ampliamento (nel 2021 circa 140mila tonnellate) ma sconta differenziali territoriali significativi: il quantitativo di rifiuti pro-capite tessili raccolti al Sud e? pari a 2,1 kg, rispetto ai 2,8 kg per abitante registrati al Nord e ai 3 kg del Centro Italia.
Le performance fatte registrare in Italia non sono però un unicum in Europa, a dimostrazione che la bioeconomia è destinata a diventare uno dei fattori di competitività di un sistema economico. Anche negli altri Paesi europei considerati nel rapporto (Francia, Germania e Spagna), la bioeconomia ha registrato nel 2022 una sensibile crescita. Nei 4 Paesi, ha generato l’anno scorso un output di circa 1.740 miliardi di euro, occupando oltre 7,6 milioni di persone.
In termini assoluti spicca il valore della bioeconomia tedesca, al primo posto per valore della produzione (583,3 miliardi di euro) e per numero di occupati (2,2 milioni di persone). In termini di output la Francia si posiziona al secondo posto (452 miliardi di euro), seguita da Italia (415,3 miliardi) e Spagna (289,2 miliardi). Il nostro Paese si posiziona al terzo posto per valore della produzione e al secondo per occupazione, seguita da Francia (1,9 milioni) e Spagna (1,6 milioni).
“La Bioeconomia circolare è un aggregato complesso che comprende l’agricoltura, la silvicoltura, il sistema moda, i bio-prodotti, il legno, la carta, fino ai rifiuti organici, alla bio-energia e alla chimica bio-based” spiega Catia Bastioli, presidente del Cluster SPRING. “Si conferma un meta-settore rilevante per la nostra economia che potrà avere prospettive di rigenerazione ambientale e sociale ben più rilevanti, qualora saremo in grado di riconoscere il suo valore all’interno della legislazione europea sulla transizione ecologica e del PNRR. Fondamentale sarà promuovere l’interconnessione di quelle filiere che hanno già dimostrato di essere in grado di disaccoppiare sviluppo e uso delle risorse, integrando economia ed ecologia in una strategia industriale saggia e sistemica con le radici nei territori, che comprenda spazi anche per l’innovazione partecipata”.
Il contributo della filiera agroalimentare… Il contributo piu? rilevante alla crescita del bioeconomia italiana nel 2022 e? stato dato dalla filiera agro-alimentare che rappresenta circa il 60% del valore totale del meta-settore, con un output di circa 247 miliardi di euro. Seguono il sistema moda (11,6%, dato dalla somma di tessile, abbigliamento, concia e calzature bio-based) e dal settore della carta e prodotti in carta (7,6%). “L’evoluzione del valore della produzione di ciascun comparto – spiegano gli analisti di Intesa Sanpaolo – deve essere letta tenendo conto della dinamica inflattiva, che ha impattato in maniera differente i diversi settori. I rincari dei prezzi delle materie prime e l’aumento significativo dei prezzi alla produzione che ne e? conseguito, hanno condotto, anche in caso di rallentamento dei livelli di attivita?, ad aumenti del fatturato importanti, soprattutto per alcuni comparti a monte della catena del valore e per il settore della bioenergia”. (29/09/2023-ITL/ITNET)
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