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ITALIANI ALL'ESTERO - MARCINELLE - ON.FARINA(PD/ESTERO):"SIAMO RIMASTI PER COSTRUIRE L'EUROPA CHE STA NEI NOSTRI CUORI E RENDERE ONORE VITTIME MARCINELLE PERCHE' LORO SACRIFICIO NON SIA STATO VANO"

(2013-08-08)

L?On. Gianni Farina alla Camera dei deputati l?8 agosto ha tenuto il discorso ufficiale per la celebrazione nazionale del sacrificio e del lavoro italiani nel Mondo

Celebriamo oggi,  gioved? otto Agosto,  la giornata nazionale del sacrificio e del lavoro italiani nel mondo.
Migliaia, come ogni anno,  sono a  Marcinelle assieme al Presidente della Camera, Laura Boldrini, che vorrei ringraziare per la sensibilit? con cui sta onorando l?alto scranno del parlamento repubblicano andando sul luogo ove ? stata scritta la pagina pi? dolorosa del lavoro italiano nella terra dei belgi e dei valloni. S?, a Marcinelle, a ricordare i caduti del 1956 al bois du cazier, a rinnovare, 57 anni dopo,  l?affetto e la riconoscenza, a rinsaldare la memoria su una tra le pi? drammatiche vicende dell?emigrazione italiana nel mondo. Marcinelle ci indica il cammino, partendo da quel fatale rintocco della campanella  che annunciava il sacrificio dei vinti.

L?emigrazione esiste dagli albori dell?umanit?. Siamo i popoli della terra, ed ? nella nostra natura scoprirla, conoscerla, arrestarsi l? ove pensiamo di aver trovato un approdo sicuro per dare risposte ad una speranza.
Come per tanti popoli, i figli della terra italiana  sono partiti non tanto per scoprire il mondo o per arricchirsi, ma per carpire la speranza di un avvenire pi? giusto e umano.
Storia italiana.  Di una patria antica che cercava la via maestra dell?unit? dei tanti suoi popoli.
E della sua storia moderna,  in quel dopoguerra  in cui l?Italia, riscattato il tricolore dalla vergogna totalitaria,  cercava la via del riscatto nel contesto dei popoli e delle nazioni.

?  fissato nella nostra memoria l?esodo di massa, la diaspora di un popolo in viaggio sui mari o dentro quei treni affollati da una umanit? disperata e sconfitta. Oltre le Alpi verso  una meta.

Per arrestarsi nella Confederazione degli elvezi, i soli  miracolati dalla tragedia della guerra, nelle terre dei germani e dei galli, o pi? su, in Vallonia, a scavare il gris? nel profondo della terra per qualche chilo di carbone, la linfa vitale alla ricostruzione della nazione. 

Un lavoro massacrante, inumano, in cui il diritto era racchiuso in una sola  speranza: poter ogni giorno risalire cercando tra il grigiore del nord un debole raggio di sole che lo riallacciasse  per un attimo  alla sua terra ove era solito salire sulla vetta della grande montagna d?Abruzzo per scrutare all?orizzonte i due mari.  Raccontava un sopravvissuto alla morte nel fondo del pozzo infernale di aver vissuto, da allora, con un senso di colpa verso i 262 minatori di ogni credo e nazionalit? periti laggi? tra i quali i 136 italiani, i ventidue di Manoppello in Abruzzo, il villaggio che pag? il sacrificio pi? grande. E nessuno ha mai raccontato la sorte dei cavalli portati nel fondo del pozzo a trainare il gris? per non pi? risalire. ?Scendendo - disse il vecchio -  li guardavo negli occhi pensando che loro sapessero della loro condanna, di scendere per non pi? ritornare al tepore del maniero, alla  stalla?. 

Eravamo isolati, offesi, umiliati nella nostra dignit?: braccia di lavoro e nulla pi?, come afferm? il grande intellettuale svizzero, Max Frisch.

Da quella tragedia qualcosa miglior?, maggiore attenzione alla sicurezza, turni meno massacranti di lavoro, migliore protezione contro la polvere sottile che accerchiava i polmoni in un abbraccio mortale, e la diaspora italiana inizi?, da allora, il lungo cammino sulla strada della convivenza e della solidariet? tra i diversi.
Eppure, nessuno dei nostri migranti, nelle terre d?Europa e del mondo, ha mai accusato le comunit? ospitanti d?essere malvagi, distanti e sospettosi.  ? successo. Succede. La sorte dei popoli che non si conoscono e che devono, pazientemente, apprendere la ricchezza dell?incontro per vivere e progredire  assieme.
Tuttavia, ogni popolo - ? scritto nella storia dei secoli e dei millenni - prima o poi ci arriver?.

Ricordo sempre le straordinarie frasi di Junot  Diaz, lo scrittore americano immigrato da Santo Domingo, che riassumono  il decorso storico di quella grande nazione con una splendida frase: ?L?America ? una strana nazione di immigrati che pretende il contrario senza rendersi conto della ricchezza sua nata dall?incontro e dall?abbraccio?.
Gli Stati Uniti, innanzitutto, indiani, irlandesi, scozzesi inglesi, africani con i collari d?acciaio a soffocare la carne e lo spirito, italiani, cinesi e chiss? quanti ancora. La melange che cre? una nazione.
? la sfida nostra, di un popolo emigrato  che difende la memoria, le sue radici e costruisce l?unit?.
Possiamo guardare al di l? dell?oceano, alla storia multi centenaria del suo popolo, ferocemente, indubitabilmente, americano.
Americano, anche se il figlio dell?irlandese festeggia ancora San Patrizio a Chicago, i ragazzi e le ragazze cinesi preparano con amore il loro anno asiatico a Chinatown, e i discendenti italiani profumano il palato con i leggendari spaghetti tra una parlata e l?altra del dialetto palermitano o napoletano.
Hanno creato assieme una grande nazione, partendo dalle nostre stesse ragioni: il lavoro e un migliore avvenire per i loro figli.

Hanno costruito un paese possente e unito, talmente unito che il loro presidente ? assurto dalla comunit? nera, quella che non scelse di partire verso il nuovo mondo ma fu costretta dalla forza, dallo schiavismo assassino e disumano. Sono riusciti a costruirlo laggi?. Possiamo ripeterlo noi con l?Unione, nelle terre della vecchia Europa.
Raccogliendo l?appello del presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, celebrammo, due anni or sono, il  150? dell?Unit? d?Italia.

Ovunque, nelle grandi citt?, come nei pi? piccoli villaggi, un pubblico attento e appassionato. Commovente per la ricchezza e la variet? di esperienze storiche e umane. L?unit? d?Italia dei sentimenti e delle ragioni.
La realt? di un mondo italiano che ha saputo difendere i valori della patria italiana unendoli, nell?abbraccio, alle nuove tradizioni storiche e umane.
Una mescolanza di storie vissute che sono esempio e ammonimento per tutti, anche e soprattutto per noi, oggi, in Italia per i milioni di immigrati che vivono quaggi? a cui va riservato il diritto ad essere cittadini nei diritti e nei doveri di una nuova patria.
E tanti ragazze e ragazzi, i nipoti  di quegli eroi del lavoro a cui il destino ha indicato la strada: cittadini italiani, cittadini d?Europa, costruttori di una Unione  fondata sulla pari dignit? dei diversi e solidali.
Alcuni di loro sono qui tra noi nel tempio della sovranit? popolare a portare un messaggio forte, la ricchezza dei diversi, i colori dell?universalit?, la forza dei saperi, per fare l?Italia ancora pi? bella, pi? uguale, pi? libera uno straordinario e spesso inutilizzato patrimonio italiano.
Il Mahatma  Gandhi, l?apostolo della non violenza, affermava che la ?regola d?oro della condotta di ognuno ? la tolleranza reciproca?.
Ci permette di veder l?insieme della verit? e ci fa tutti pi? ricchi e umani.

Il sacrificio italiano nel mondo, a Marcinelle come  ovunque, lo vorrei riassumere con le parole del sindaco di La Louvi?re accorso in quello storico 2011 a salutare i suoi cittadini di origine italiana.
?Grazie, cari amici, per tutto quanto avete dato? disse. ?Vi ? nella vostra voce, nell?animo di ognuno, il sole che a noi manca. Senza di voi a noi non resterebbe che la pioggia?.
Siamo rimasti,  caro sindaco, a Marcinelle,  a La Louvi?re come altrove, in questa nostra Europa e nel mondo. Siamo rimasti con il sole e con la pioggia per costruire l?Europa che sta nei nostri cuori. Per rendere onore alle vittime di Marcinelle e perch? il loro sacrificio non sia stato vano."(08/08/2013-ITL/ITNET)

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