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PATRONATI ITALIANI NEL MONDO - BONI (COLLEGIO PRESIDENZA INCA CGIL) PRESENTA BILANCIO SOCIALE 2017 PATRONATO INCA - ITACA/INCA: PROIEZIONI AREA MIGRAZIONI E MOBILITA' INTERNAZIONALE 2018

(2019-03-14)

  "Siamo passati da un diritto del lavoro che tutelava la parte più debole dei lavoratori ad un sistema che guarda più al diritto commerciale, privilegiando il mercato. Questa era la ricetta che avrebbe dovuto guidarci fuori dalla crisi. Sappiamo, invece, che il nostro Paese ad oggi stenta piu' di altri ad uscirne, con la poverta' che aumenta, con la riduzione del potere d'acquisto dei salari, con la disoccupazione, soprattutto quella giovanile che è  fra le più alte in Europa. 

A questa condizione critica il Patronato INCA già nel 2017 cerca con il Bilancio Sociale di analizzare coloro che si rivolgono al Patronato, cosa chiedono e quali sono state e sono tutt'ora le principali difficoltà che hanno ostacolato ed ostacolano ancora l'esercizio di un diritto sia esso previdenziale o socio assistenziale, consci del quadro di disuguaglianza del lavoro che in questi anni come CGIL abbiamo a piu' riprese denunciato.

La previdenza è stato il primo banco di prova.
L'analisi delle pratiche che abbiamo acquisito da INCA, campione che riteniamo  significativo rispetto a quanto accade nel Paese ci dimostra che gli effetti della Legge Fornero avviata a partire dal 2012, si sono fatti sentire in modo massiccio allontanando il momento della pensione per tutti, alzando l'età in modo generalizzato, con le donne che ancora una volta sono state il soggetto maggiormente penalizzato.

E, poi abbiamo gli esodati e le tantissime salvaguardie, ben 8...
Ed ancora, la complessità delle procedure ha costretto le persone a tornare piu' volte negli uffici di patronato, per verificare , ad ogni nuova legge di salvaguardia, la possibilità di essere inclusi  e di poter finalmente andare in pensione...
Il Bilancio sociale dell'INCA affronta, inoltre, i riflessi  dell'impegno sulla pensione anticipata per i lavoratori/trici precoci . Per non parlare dell'APE sociale, dell'APE volontaria, dell'APE aziendale...

Passando, poi, alle modifiche subite dagli ammortizzatori sociali  in un contesto di disoccupazione il cui apice è a carico dei giovani (tocca il 30% dei giovani)

Il rapporto dedica una sezione alla tutela della maternita' /genitorialità con il rilevante numero di prestazioni richieste che ha fatto passare da 13.412 a 19353 le richieste di prestazioni in materia "con uno sforzo straordinario in termini formativi, di aggiornamento  e di organizzazione, essendo - tra l'altro - protagonisti  di decisive battaglie  antidiscriminatorie (vedi il premio alla nascita negato alle madri straniere  in possesso di un permesso di soggiorno rinnovabile.).

Estremamente preoccupante il quadro degli infortuni e malattie professionali rilevato dal Bilancio sociale dell'INCA . per cui dal 2013 al 2017 il complesso delle attività di tutela riguarda 351.999 pratiche aperte  con un decremento delle pratiche chiuse positivamente. (dal 41,97% al 38,81%). Importante, inoltre, il lavoro svolto dall'INCA e dalle categorie sindacali nel promuovere progetti sul tema dell'emersione delle malattie professionali.

Quanto alle MIGRAZIONI, il bilancio sociale del Patronato INCA segnala in particolare "il lavoro a rete" dell'Area Migrazioni e Mobilita' Internazionali offre una proiezione dell'attività condotta dal 2018.

"Nel corso del 2018, per quanto concerne l’attività dell’Inca Cgil sulle materie di migrazioni, mobilità
internazionali ed italiani all’estero, si è consolidato il percorso avviato l’anno precedente, quando si è scelto di formalizzare il superamento della distinzione delle aree tradizionali (“Estero” e “Immigrazione”), dando vita all’unica area “Migrazioni e Mobilità Internazionali” che –all’interno di un preciso coordinamento di materie e competenze specifiche, sotto la responsabilità politica della Presidenza Nazionale- potesse operare in modo più incisivo ed efficace nella mutata realtà migratoria.

Questo nuovo dipartimento -stabilendo in modo più coerente anche il proprio presidio logistico-ha favorito la più funzionale interazione tra gli ambiti.  E’ stato così possibile impostare e gestire il lavoro sugli ambiti specifici: le cosiddette “Nuove Attività” dell’Inca all’Estero (con particolare riferimento alla nuova migrazione e alla mobilità nei paesi stranieri), l’indirizzo e il controllo delle “tradizionali” attività di patronato all’estero, l’avvio e la gestione dell’associazione ITACA (e di tutte le attività di ricerca, studio, formazione, promozione e divulgazione ad essa connesse), le attività sui temi legati all’immigrazione in Italia (nel lavoro quotidiano di assistenza e tutela fornito dai nostri  uffici e nell’intervento legale rispetto a normative, decreti e alla loro attuazione), il processo di gestione e realizzazione del progetto FORM@ sui icongiungimenti familiari, progetto CEPA/Ministero del Lavoro di cui l’Inca Nazionale è capofila.

Nel portare avanti i “singoli capitoli” è stato però più facile l’interazione tra aree tematiche e specifiche competenze che evidentemente, su tutti i temi suddetti, sono state chiamate a interagire in modo orizzontale per il maggior vantaggio per l’Inca. Non sarebbe stato più sufficiente uno scambio di nformazioni, il  coinvolgimento sporadico e occasionale o il confronto periodico su singole questioni:  poiché nella complessità del fenomeno migratorio e nei nuovi bisogni e richieste che questo ci pone davanti è scritto il futuro di una parte assolutamente consistente della nostra attività di tutela, l’Inca Cgil ha accettato la sfida e ha cominciato a tradurla in opportunità.
Sarebbe stato del resto impossibile fare altrimenti e continuare a lavorare nel modo “consueto”, specializzando magari competenze e conoscenze e però tenendole separate anche formalmente nel lavoro quotidiano." si legge nel Bilancio Sociale dell'INCA. presentato oggi a Roma.

La costruzione e gestione di queste nuove attività dedicate a temi ampi e complessi ci ha infatti  mmediatamente posto davanti alla necessità di allargare la rete di relazioni –sia in Italia che nel Mondo-con quanti più  soggetti possibili.
Ed è proprio questo il punto centrale dell’attività messa in campo –nonché il motore dei risultati raggiunti nel 2018- dell’Area Migrazioni e Mobilità Internazionali: la costruzione, il rafforzamento, l’implementazione della rete dei soggetti con cui cooperare, ponendoci –nei vari ambiti in cui siamo intervenuti- al centro di
un mondo più ampio che va costantemente allargandosi rispetto alle tradizionali relazioni di patronato o sindacali.

Innanzi tutto è stata strutturata la collaborazione - sia in ambiti generali che su materie o luoghi specifici -
con la Confederazione e con le varie categorie della Cgil. Rispetto alle politiche generali di relazione con il
Sindacato Europeo e con il Sindacato Internazionale, senza dubbio, ma anche negli interventi in Italia e nei singoli Paesi esteri dove siamo presenti.

Si è rafforzata la relazione con gli organi Ministeriali e i soggetti istituzionali, sia italiani che europei.

Facciamo alcuni esempi. La gestione del progetto Form@ (affidata principalmente all’Inca) ci ha messo in
condizione di costruire e applicare quotidianamente una relazione di confronto e scambio quotidiani con
il Ministero del Lavoro, dove –nel pieno rispetto di ruoli e competenze specifiche- si riescono a superare
costantemente i limiti di una certa attitudine burocratica per costruire invece interventi e soluzioni che ci
permettono di lavorare nel miglior interesse dei nostri assistiti.

La presenza attiva nel CGIE (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero) ha permesso di strutturare un
confronto con il Ministero degli Esteri che ha portato, tra le altre cose, alla realizzazione del testo base
di protocollo tra Patronati e MAECI (un protocollo la cui approvazione – dopo 18 anni di attesa- sembra
andare avanti indipendentemente dai cambi politici e governativi), nonché all’indicazione formale –da parte del MAECI- affinché ambasciate e consolati si attivino ovunque a cooperare con i Patronati all’estero per la migliore tutela della nostra “nuova emigrazione”.

Tale approccio è stato seguito ed ha prodotto forti risultati anche a livello locale: basti citare la Romania
(dove nelle prossime settimane si siglerà un protocollo formale di collaborazione per studi, ricerche e
interventi congiunti tra il Ministero dei Romeni all’Estero, l’Inca Cgil e ITACA) o il Regno Unito (dove i corsi
di formazione per il nostro personale e le assemblee informative per la cittadinanza sulla Brexit sono forniti
e patrocinati direttamente dalla Commissione Europea e dove sono i nostri consolati in Scozia, In Irlanda e nel Nord dell’Inghilterra a proporci di mantenere permanenze e assemblee con la cittadinanza).

Tutte le nostre attività hanno permesso di costruire una rete con centinaia di soggetti locali –in Italia e
all’estero- che mai prima di oggi avevano avuto modo di collaborare, interagire o anche solo conoscere
la realtà del Patronato. Una fitta rete di associazioni sociali e culturali, organizzazioni internazionali non
governative, enti di formazione, strutture sindacali e anche competenze e imprese private che –nell’ultimo  anno- hanno collaborato direttamente con la nostra Area o tramite le associazioni Inca locali, il progetto Form@, le iniziative di ITACA.
Si va dalla formazione, destinata al nostro personale o da noi fornita ad altri soggetti (sindacali, istituzionali,  associativi), o somministrata in materie linguistiche e normative in ambito di ricongiungimenti familiari, nuova emigrazione, mediazione culturale…

Molteplici i momenti formativi: partendo dal seminario per gli operatori del corso base svolto in Senegal
o dal seminario per gli operatori all’estero sulle nuove attività svolto a Bruxelles, fino ai corsi del progetto
Form@ in Senegal, Marocco, Tunisia e Perù, fino ai tavoli di lingua nelle nostre sedi britanniche, uruguayane e tunisine, passando per tutte le azioni di intermediazione con consolati e ambasciate per assistere cittadini di nazionalità italiana non parlanti però la nostra lingua; ed evidenziando la formazione fornita dalle nostre strutture ad altri: in Tunisia ai quadri del sindacato UGTT, in Svizzera ai sindacalisti del’USS e dell’UNIA, in Belgio a quelli della FGTB e ai membri delle associazioni romene e marocchine, nel Regno Unito alle rappresentanze consolari e ai membri delle associazioni italiane, europee ed internazionali … ogni momento formativo messo in campo ci ha “costretti” ad interagire con soggetti nuovi e diversi da noi, con i quali la  collaborazione non solo continua, ma si ampia inevitabilmente in altri ambiti.

Così come è stato possibile realizzare e, al tempo stesso, ha ampliato la nostra rete ogni iniziativa su temi locali specifici, ogni azione su un “nuovo” servizio fornito dalle sedi Inca e predisposto da ITACA, ogni intervento di studio, ricerca e analisi che abbiamo messo in campo. Iniziative sui nostri temi specifici di competenza (le convenzioni bilaterali, l’accesso al diritto alla residenza e al soggiorno –per italiani all’estero o stranieri  in Italia - l’esportabilità delle prestazioni contributive o sociali…) ed iniziative di carattere socialmente più ampio (la partecipazione attiva alle campagne –ancora: sia in Italia che all’estero- per l’estensione dei diritti di ingresso e di cittadinanza, per l’equiparazione dei diritti tra migranti e “nativi”, per il sostegno alle forme di aiuto e assistenza ai rifugiati…).

Iniziative di carattere esplicitamente culturale finalizzate a rafforzare i meccanismi di integrazione e
coesistenza: seminari sul ruolo degli artisti italiani nella storia dell’arte britannica, eventi sportivi solidali
nelle periferie tunisine, concerti sul valore della diversità realizzati da musicisti emigrati, presentazioni di
libri e mostre fotografiche sui percorsi migratori, iniziative locali per la valorizzazione di “quartieri ghetto”
simbolici come Molenbeek in Belgio, partecipazione attiva agli eventi antifascisti e antirazzisti co-promossi
con l’ANPI in tutto il mondo, realizzazione di materiali informativi di approfondimento o di divulgazione.
Il nostro lavoro si inserisce naturalmente in un contesto dove sono ancora aperti tantissimi problemi, dove se ne aggiungono continuamente di nuovi e dove il clima politico - specifico e generale - desta più di qualche preoccupazione.

Mancano alcuni determinanti strumenti, organizzativi e normativi, ad esempio: le convenzioni bilaterali con
molti Paesi dell’immigrazione, i “vuoti” lasciati dalle normative europee sul coordinamento degli istituti
previdenziali e delle prestazioni sociali, la riduzione della rete consolare che non permette di rispondere alle richieste di cittadinanza o anche solo di rilascio del passaporto e iscrizione all’AIRE…

Più spesso ci scontriamo con l’applicazione della normativa vigente e con la relativa organizzazione
istituzionale. Nel caso specifico dell’assistenza agli immigrati in Italia continua, ad esempio, la dura lotta agli
ostacoli che vengono posti agli stranieri per l’accesso alle prestazioni assistenziali. Le procedure amministrative  divengono barriere insuperabili e riusciamo ad aggirarle –temporaneamente- grazie ad alcune sentenze dei Giudici; si ripropongono però continuamente, in una logica xenofoba che asseconda le tendenze politiche  n corso. Basti citare il “Bonus Bebè”, che regolarmente otteniamo solo in giudizio per gli stranieri con PdS semplice, o il “Bonus natalità”, oggi disponibile solo grazie ad una sentenza per “discriminazione”; l’Assegno sociale però continua ad essere una prestazione dove le amministrazioni si accaniscono nelle indagini dedicate ai soli stranieri richiedenti.

O il fenomeno delle “dichiarazioni di impossidenza patrimoniale”, che obbliga gli stranieri a produrre
documentazione dal paese di origine, con costi talmente elevati rispetto all’indennità ricevibile da non
meritare il dispendio economico: un sistema messo a punto per limitare sia l’insediamento che l’accesso
all’assistenza degli immigrati che soffrono un disagio economico. Così come appare ormai insopportabile la
contraddizione tra i dati ISTAT sulle natalità e le politiche a sostegno della genitorialità, quando in ballo ci
sono stranieri.

E la stessa contraddizione la vediamo sulle politiche per i nostri concittadini all’estero. Le cifre dimostrano
ormai una realtà immensa di emigrazione, alle quali non corrispondono iniziative adeguate: la rete consolare, dopo anni di riduzione e smantellamento, in molte realtà non è più in grado di soddisfare le richieste o non è proprio presente con i suoi rappresentanti.

A fronte di iniziative legislative per il rientro dei capitali all’estero o per la detassazione nel rientro di attività imprenditoriali, non corrisponde alcun intervento normativo per accompagnare e tutelare i “neo-migranti” italiani o favorirne il ritorno.

A fronte di un controllo sempre più intensificato sui redditi dei pensionati all’estero, non si prevedono
misure di aiuto e sostegno innovative ed adeguate ai nostri connazionali espatriati che si trovano in  difficoltà;  le azioni internazionali bilaterali (convenzioni, accordi di collaborazione, protocolli istituzionali…) si
concentrano ancora maggiormente sui paesi con maggior numero di “oriundi”, anziché rivolgersi altrettanto adeguatamente ai Paesi di destinazione della “nuova emigrazione” (nonché, naturalmente, ai Paesi di provenienza degli immigrati in Italia).
E più in generale, che si tratti di nostri connazionali all’estero, cittadini provenienti in Italia da altri Paesi o famiglie straniere che –dopo un periodo anche molto lungo in Italia- decidono di trasferirsi all’estero, troppo spesso il nostro lavoro riesce ad incontrarsi proficuamente con la parte istituzionale solo laddove i singoli dirigenti e rappresentanti dello Stato italiano mostrano sensibilità ed attenzione individuale, più che come  frutto di una strutturata e regolata sinergia che permetta di attuare soluzioni anche nelle realtà locali meno “collaborative”.
Nel quadro dunque dei mutati e ampliati bisogni della migrazione, nel contesto socio-politico italiano ed internazionale, ogni azione dell’Area Migrazioni e Mobilità Internazionali si è basata su questo obiettivo: allargare la nostra rete, il nostro network, al fine di ampliare la gamma dei servizi di tutela offerti, rafforzare la nostra presenza e le nostre competenze, aumentare la visibilità della nostra organizzazione.

Nell’epoca delle migrazioni di massa, dell’Italia che torna ad essere Paese di massiva emigrazione, di
migrazioni circolari più che stanziali, di trasformazione continua non solo delle norme di accesso ai paesi o alle tutele, ma di vero e letterale stravolgimento delle relazioni internazionali consolidate (basti citare la
“Brexit” su tutto), non sarebbe del resto possibile svolgere il nostro compito pensando di farlo basandoci solo sulle nostre forze tradizionali. Istituzioni pubbliche, sindacati, forze sociali e politiche, mondo associativo, iniziativa privata: sono tutti soggetti con i quali stiamo collaborando e dobbiamo collaborare sempre più in futuro. Constatando che la nostra presenza diffusa e la nostra competenza ci permettono, se al lavoro di “avvio” corrisponde poi un impegno costante di “mantenimento”, di assumere un ruolo indispensabile e  centrale all’interno di qualsiasi rete." (14/03/2019-ITL/ITNET)

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