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PATRONATI ITALIANI NEL MONDO - COVID-19 / LAVORO - PATRONATO INCA OFFRE QUADRO DEGLI OLTRE 156.000 CONTAGI SUL LAVORO: NEL SOLO MESE DI FEBBRAIO BEN 8.891 IN PIU'

(2021-03-23)

  Al 28 febbraio, le infezioni di origine professionale segnalate all’Inail sono 8.891 in più rispetto al 31 gennaio (+6%). Con il 64,4% dei casi, l’incidenza della “seconda ondata” del periodo ottobre 2020-febbraio 2021 è il doppio rispetto a quella del trimestre marzo-maggio 2020. I decessi sono 499 (+38 rispetto al mese precedente). Sono alcuni tra i principali risultati del 14esimo report nazionale elaborato dall’Inail.

Complessivamente, dall’inizio della pandemia sono 156.766 le infezioni di origine professionale pervenute all’Istituto, pari a circa un quarto del complesso delle denunce di infortunio sul lavoro pervenute all’Inail dal gennaio 2020 e al 5,4% del totale dei contagiati comunicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) alla stessa data.

Nel solo mese di novembre un quarto delle denunce. La “seconda ondata” di contagi – i cui effetti non sono evidentemente terminati nello scorso anno, proseguendo soprattutto a gennaio e, in misura più contenuta, a febbraio – ha avuto un impatto più intenso della prima anche in ambito lavorativo e non solo per la presenza di due mesi in più: il periodo ottobre 2020-febbraio 2021 incide, infatti, per il 64,4% sul totale delle denunce di infortunio da Covid-19, esattamente il doppio rispetto al 32,2% del trimestre marzo-maggio 2020. Le denunce si sono concentrate nei mesi di novembre (24,5%), marzo (18,1%), ottobre (15,3%), dicembre (15,2%), aprile (11,7%), maggio (2,4%) e settembre (1,2%) del 2020, e nei mesi di gennaio (7,7%) e febbraio (1,7%) del 2021, per un totale del 97,8%. Il restante 2,2% riguarda gli altri mesi dell’anno scorso: febbraio (0,7%), giugno e agosto (0,6% per entrambi) e luglio (0,3%), oltre a 19 casi relativi al gennaio 2020.

A differenza del complesso dei contagi, per i casi mortali è la prima ondata ad avere avuto un impatto più significativo della seconda: il 67,8% dei decessi, infatti, è stato denunciato nel trimestre marzo-maggio 2020 contro il 29,6% del periodo ottobre 2020-febbraio 2021. Le morti da Covid-19 segnalate all’Istituto allo scorso 28 febbraio sono 499, circa un terzo del totale dei decessi sul lavoro denunciati all’Inail dal gennaio 2020, con un’incidenza dello 0,5% rispetto al numero dei deceduti nazionali da Covid-19 registrati dall’Iss alla fine di febbraio. Rispetto ai 461 casi rilevati dal monitoraggio al 31 gennaio, i decessi sono 38 in più, di cui otto a febbraio e sei a gennaio del 2021, 14 a dicembre e sette a novembre dello scorso anno, mentre i restanti tre decessi sono riconducibili ai mesi precedenti. Il consolidamento dei dati permette, infatti, di acquisire informazioni prima non disponibili.

Vibo Valentia, Campobasso e Lecco le province con i maggiori incrementi percentuali su base mensile. L’analisi territoriale, approfondita anche attraverso le schede regionali, evidenzia una distribuzione delle denunce del 44,6% nel Nord-Ovest (prima la Lombardia con il 26,5%), del 24,3% nel Nord-Est (Veneto 10,7%), del 14,5% al Centro (Lazio 6,1%), del 12,1% al Sud (Campania 5,5%) e del 4,5% nelle Isole (Sicilia 3,0%). Le province con il maggior numero di contagi dall’inizio della pandemia sono Milano (10,2%), Torino (7,1%), Roma (4,8%), Napoli (3,7%), Brescia (2,7%), Varese e Verona (2,6% per entrambe) e Genova (2,5%). Milano è anche la provincia che registra il maggior numero di infezioni di origine professionale accadute nel solo mese di febbraio 2021, seguita da Ancona, Roma, Torino, Napoli, Brescia, Perugia e dalla provincia autonoma di Bolzano. Le province che registrano i maggiori incrementi percentuali rispetto alla rilevazione di gennaio sono però quelle di Vibo Valentia (+34,1%), Campobasso (+26,2%), Lecco (+20,5%), Crotone (+20,5%), Reggio Calabria (+19,4%), Perugia (+18,1%), Ancona (+16,7%) e Isernia (+16,3%).

Nel Nord-Ovest il 47,5% dei casi mortali. Concentrando l’attenzione sui soli casi mortali, la percentuale del Nord-Ovest sale al 47,5% (prima la Lombardia con il 33,9%), mentre il Sud, con il 20,9% dei decessi denunciati (contro il 12,1% riscontrato sul complesso delle denunce), precede il Centro (14,8%), il Nord-Est (12,2% rispetto al 24,3% delle denunce totali) e le Isole (4,6%). Le province che contano più casi mortali dall’inizio della pandemia sono quelle di Bergamo e Milano (9,0% per entrambe), Napoli (6,8%), Roma (6,2%), Brescia (5,2%), Torino (4,0%), Cremona (3,8%) e Genova (3,2%).

Più contagi tra le lavoratrici in tutte le regioni a eccezione di Sicilia e Campania. A morire sono soprattutto gli uomini (83,0%) e i lavoratori nelle fasce di età 50-64 anni (71,4%), over 64 anni (19,0%) e 35-49 anni (8,6%), mentre tra gli under 34 si registra l’1% dei decessi. Il rapporto tra i generi si inverte prendendo in considerazione tutti i contagi sul lavoro da Covid-19. La quota femminile sul totale, infatti, è pari al 69,6%. Il numero delle lavoratrici contagiate supera quello dei lavoratori in tutte le regioni, a eccezione della Sicilia e della Campania, dove l’incidenza delle donne sul complesso delle infezioni di origine professionale è, rispettivamente, del 47,0% e del 45,3%.

L’età media è di 46 anni, ma sale a 59 per i deceduti. L’età media dei contagiati dall’inizio dell’epidemia è di 46 anni per entrambi i sessi (59 per i deceduti). Il 42,1% del totale delle denunce riguarda la classe 50-64 anni. Seguono le fasce 35-49 anni (36,8%), under 34 anni (19,2%) e over 64 anni (1,9%). L’86,0% delle denunce riguarda lavoratori italiani. Il restante 14,0% sono stranieri, concentrati soprattutto tra i lavoratori rumeni (pari al 21,0% dei contagiati stranieri), peruviani (13,2%), albanesi (8,0%), moldavi (4,4%) ed ecuadoriani (4,3%). Nove morti su 10 sono italiani (90,4%), mentre le comunità straniere con più casi mortali sono quelle peruviana (con il 18,8% dei decessi dei lavoratori stranieri), albanese (12,5%) e rumena (10,4%).

Quasi sette contagiati su 10 nella sanità e assistenza sociale. La stragrande maggioranza dei contagi e dei decessi (rispettivamente 97,6% e 91,4%) ricade nell’Industria e servizi, con i restanti casi distribuiti nelle gestioni assicurative per Conto dello Stato (amministrazioni centrali dello Stato, scuole e università statali), Agricoltura e Navigazione. Il settore della sanità e assistenza sociale – che comprende ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili – si conferma al primo posto tra le attività produttive con il 68,4% delle denunce e il 27,1% dei casi mortali codificati, seguito dall’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali), con il 9,2% dei contagi e il 10,0% dei casi mortali.

Manifatturiero e trasporti gli altri settori con più casi mortali. Gli altri settori più colpiti sono il noleggio e servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e call center), il manifatturiero (addetti alla lavorazione di prodotti chimici e farmaceutici, stampa, industria alimentare), al secondo posto per numero di decessi con il 12,3% del totale, le attività dei servizi di alloggio e ristorazione, il trasporto e magazzinaggio (11,7% dei decessi), le altre attività di servizi (pompe funebri, lavanderia, riparazione di computer e di beni alla persona, parrucchieri, centri benessere…), le attività professionali, scientifiche e tecniche (consulenti del lavoro, della logistica aziendale, di direzione aziendale) e il commercio all’ingrosso e al dettaglio.

Un terzo dei decessi tra il personale sanitario e socio-assistenziale. Dall’analisi per professione dell’infortunato emerge come circa un terzo dei decessi riguardi il personale sanitario e socio-assistenziale. La categoria dei tecnici della salute, in particolare, è quella più coinvolta dai contagi, con il 39,0% delle denunce complessive, l’82,8% delle quali relative a infermieri, e l’11,7% dei casi mortali codificati (il 68,4% infermieri). Seguono gli operatori socio-sanitari con il 19,3% delle denunce (e il 4,9% dei decessi), i medici con il 9,0% (6,8% dei decessi), gli operatori socio-assistenziali con il 7,3% (2,9% dei decessi) e il personale non qualificato nei servizi sanitari (ausiliario, portantino, barelliere) con il 4,8% (4,1% dei decessi). Tra le altre professioni spiccano gli impiegati amministrativi, con il 4,0% delle denunce e l’11,1% dei casi mortali, gli addetti ai servizi di pulizia, i conduttori di veicoli e i direttori e dirigenti amministrativi e sanitari.

L’andamento delle infezioni per professione. L’andamento dei contagi per mese di accadimento mostra per le professioni sanitarie una progressiva riduzione dell’incidenza dei casi tra le prime due fasi della pandemia e un incremento nella terza. I tecnici della salute (prevalentemente infermieri), in particolare, sono passati dal 39,2% del primo periodo, fino a maggio compreso, al 23,5% del trimestre giugno-settembre, per poi ritornare al 39,5% nel periodo ottobre 2020-febbraio 2021. Allo stesso modo i medici, scesi dal 10,1% della fase di “lockdown” al 5,5% di quella “post lockdown”, hanno fatto registrare un’incidenza dell’8,6% nella “seconda ondata” dei contagi. Altre professioni, con la ripresa delle attività, hanno visto invece aumentare l’incidenza delle infezioni tra le prime due fasi e registrato una riduzione nella terza. È il caso, per esempio, degli esercenti e addetti nelle attività di ristorazione (passati dallo 0,6% del primo periodo al 3,7% di giugno-settembre e allo 0,6% tra ottobre e febbraio), degli addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia (passati dallo 0,6% all’1,5% e poi allo 0,8%) e degli artigiani e operai specializzati delle lavorazioni alimentari (dallo 0,2% al 4,3% fino allo 0,1%). (23/03/2021-ITL/ITNET)

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