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FINANZA - RAPPORTO 2018 CNEL : LA FINANZA TERRITORIALE IN ITALIA. IL REGIONALISMO DIFFERENZIATO

(2018-12-12)

      Nella parte monografica del Rapporto 2018, presentato oggi dal CNEL (vedi: http://www.italiannetwork.it/news.aspx?ln=it&id=56126)  si approfondiscono i temi del regionalismo differenziato.

Nel febbraio del 2018, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna hanno sottoscritto un accordo preliminare con il Governo per l’attuazione di condizioni speciali di autonomia. Nonostante la diversa capacità amministrativa delle regioni nel nostro Paese e nonostante le differenze territoriali, legate anche alle capacità fiscali, quasi tutte le regioni hanno comunque avviato almeno azioni preliminari.

Il Regionalismo asimmetrico

Il disposto dell’art. 116, 3° c., della Costituzione consente alle Regioni a statuto ordinario di sviluppare condizioni ulteriori di autonomia legislativa e amministrativa rispetto ad alcune funzioni residuali (esclusive) dello Stato e a tutte le funzioni concorrenti come definite dall’art. 117, 3° c. A tale fine, si richiede una iniziativa regionale, in accordo con gli enti locali, recepita con una intesa dal governo che deve poi tradursi in una proposta legislativa e approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Dopo un lungo letargo, che ha fatto seguito ad alcune iniziative senza esito nel biennio 2007-2008, la richiesta nel 2017 da parte delle Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna di attuare tali previsioni costituzionali ha risvegliato un significativo interesse su questo assetto istituzionale definito come “regionalismo asimmetrico” o “differenziato”, un modello da tempo sperimentato, con luci e ombre, nelle Regioni a statuto speciale.

Il regionalismo asimmetrico tra servizio universale e specificità territoriali

Non tutte le regioni a statuto ordinario ad oggi hanno avviato l’iter per vedere riconosciuta una maggiore autonomia nelle materie previste dagli artt. 116 e 117 Cost. Esistono diversi stadi del processo e le tre regioni pioniere sono giunte ad un preaccordo con lo Stato. Nonostante la diversa capacità amministrativa delle regioni nel nostro paese e nonostante le differenze territoriali, legate anche alle capacità fiscali, quasi tutte le regioni hanno comunque avviato almeno azioni preliminari.

La firma degli Accordi preliminari tra il Governo e le Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna (febbraio 2018), ha sancito l’inizio del processo di regionalismo differenziato iniziato con il riordino del Titolo V della Costituzione. I processi politici, le motivazioni e l’oggetto stesso delle richieste effettuate dalle tre regioni però non sono espressione di una visione unica e condivisa bensì rappresentano tre differenti «idealtipi» che si distinguono per quattro caratteristiche principali determinando il grado di autonomia rispetto alla funzione dello Stato centrale e l’impatto sulla redistribuzione delle risorse a
livello.

A fronte delle richieste, gli accordi, è bene sottolinearlo, hanno portato ad un riallineamento delle opzioni percorribili, hanno circoscritto a quattro materie (salute, istruzione, lavoro e ambiente) l’area di interesse e soprattutto non hanno delegato le funzioni ritenute fondamentali per il mantenimento/raggiungimento di un profilo di equità nazionale: ad essere premiato sembra un approccio precauzionale che tenti di valorizzare le capacità (soprattutto gestionali e normative) delle Regioni, escludendo la possibilità di creare sistemi regionali autonomi per quelle funzioni che garantiscono il soddisfacimento dei bisogni che rappresentano parte integrante dei diritti sociali, quali l’istruzione primaria e le politiche di redistribuzione del reddito, mantenute in capo all’Amministrazione Centrale e che, dopo la sanità, costituiscono la parte più rilevante della spesa pubblica.

Le richieste di trattativa con il Governo

L’istituto delle regioni verrebbe molto rafforzato, anche a legislazione invariata, se anche le attuali richieste fossero il risultato di un progetto comune, espressione di un più forte ruolo delle regioni nel coordinamento della finanza pubblica, attraverso più solidi istituti di rappresentanza istituzionale. Le proposte sarebbero il frutto, allora, di un progetto condiviso, rivolto a spingere verso migliori performance l’intero sistema regionale del Paese. In questa logica, è da auspicarsi, dunque, l’approfondimento del dialogo tra Stato centrale e regioni da un lato e tra le stesse regioni dall’altro, in un’ottica virtuosa
di competizione territoriale e, forse, in taluni casi, di ridefinizione di aree ottimali in cui utilizzare nuovi modelli (accorpamento di regioni a minore densità di popolazione o con una base imponibile inferiore alle soglie necessarie).

Le richieste di maggiore autonomia e di regionalismo asimmetrico infatti trovano piena titolarità nelle finalità di migliorare l’offerta dei servizi al cittadino, tanto attraverso una maggiore capacità di risposta a una domanda territorialmente differenziata che attraverso una migliore capacità produttiva/amministrativa a livello locale. Solo a queste condizioni, e limitatamente ai servizi che dimostreranno di rispondere a questi principi, per le regioni sarà conveniente procedere sulla strada dell’autonomia e sarà legittimo attendersi la concessione di autonomia da parte del governo centrale.

Verso l’attuazione del regionalismo differenziato: il caso della Regione Lombardia

        Il lavoro offre una sintesi completa del percorso seguito dalla Regione Lombardia per giungere alle richieste di differenziazione, insieme all’argomento generale che ha ispirato le richieste di maggiore autonomia (in particolare, le esternalità positive legate all’ampliamento degli spazi di autonomia). Da segnalare come il contributo dettagli le specifiche richieste per materia portate dalla regione Lombardia ai tavoli del negoziato, sia Ripartizione della spesa finale per funzione e livello di governo (euro pro capite) in termini di responsabilità che di mezzi per il finanziamento, e costituisce un ausilio indispensabile per chi voglia comprendere obiettivi e metodi immaginati dalle regioni per ottenerli.

Autonomia scolastica e regionalismo differenziato. Un confronto tra i rendimenti del sistema scolastico in alcune autonomie speciali e regioni a statuto ordinario Nel febbraio del 2018, le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna hanno sottoscritto un accordo preliminare con il Governo per l’attuazione di condizioni speciali di autonomia. Tra le materie per cui è stata richiesta una competenza differenziata vi è l’Istruzione. Questa non è solo la più rilevante tra quelle per cui la trattativa è stata avviata ma costituisce una delle funzioni di spesa su cui in Italia, come a livello internazionale, si concentrano le attese di un decentramento ulteriore. Tra le motivazioni addotte dalle amministrazioni richiedenti si richiama anche la maggiore efficienza e funzionalità dell’azione regionale rispetto a quella statale.

Il contributo monografico sfrutta le differenze tra le Province di Trento e Bolzano e la Regione Valle d’Aosta, caratterizzate da ampio decentramento del servizio istruzione, e le tre regioni a statuto ordinario per evidenziare se, e in che misura, il
trasferimento (quasi) integrale di competenze in materia di istruzione sia in grado di garantire differenze significative nei rendimenti del servizio educativo.
Utilizzando dati sul rendimento del sistema di istruzione di fonte OCSE-PISA le evidenze di tipo descrittivo presentate nel contributo monografico segnalano come nel confronto tra le autonomie speciali e le tre regioni che hanno richiesto un’autonomia più incisiva in materia di istruzione (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) non sembra potersi indicare un divario sostanziale nelle performance degli studenti.

I risultati dei test OCSE-PISA in Matematica, Lettura e Scienze per gli anni che vanno dal 2006 al 2015 mostrano come Lombardia e Veneto, due delle regioni a statuto ordinario che hanno fatto richiesta di maggiore autonomia, in alcuni anni presentano risultati indistinguibili dai territori a statuto speciale, se non più elevati di questi ultimi. Tra le regioni a statuto ordinario, solo l’Emilia Romagna presenta risultati nei test OCSE PISA inferiori agli altri negli anni indagati.

Nel contributo si pone a confronto, al fine di fornire qualche indicazione sull’efficienza relativa nell’uso delle risorse, la spesa erogata nelle regioni per ottenere un determinato livello di output, qui considerato il punteggio OCSE-PISA relativo alle
competenze degli allievi in scienze nel 2012. I risultati sembrano contraddire l’idea che il costo medio nei territori analizzati sia correlato positivamente con il grado di eccellenza in termini di rendimento. A parità di punteggio, o comunque a fronte di performance nei test OCSE-PISA non troppo dissimili, le province autonome in cui più ampio è il decentramento spendono in media una cifra che può anche essere il doppio di quella erogata nelle regioni con il più basso livello di spesa per punto PISA.

I risultati preliminari indicano come i rendimenti del sistema educativo nei territori selezionati non siano attribuibili univocamente al livello di governo che ha la competenza decentrata maggiore in materia di istruzione non universitaria. Nelle regioni che hanno fatto richiesta di maggiore autonomia un sistema ancora sostanzialmente accentrato appare in grado di garantire risultati ampiamente positivi del servizio educativo anche nel confronto con territori in cui quest’ultimo è stato maggiormente differenziato.

Nel lavoro si cerca infine di quantificare il costo dei servizi da decentrare secondo le pre-intese tra il governo e le regioni richiedenti, attraverso una stima basata sui trasferimenti statali e le risorse aggiuntive che, per ogni regione, andrebbero a gravare sui “nuovi bilanci” a seguito del trasferimento di funzioni. Non sempre a maggiori funzioni corrispondono maggiori risorse. Se si esclude l’istruzione, la materia che più peserebbe nei nuovi bilanci regionali, portando a incrementi dell’ordine del 20%, le materie trasferite avrebbero un impatto residuale sui bilanci regionali (non oltre il 3%). Una quota del tutto sostenibile dal punto di vista finanziario.(12/12/2018-ITL/ITNET)

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