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IMMIGRAZIONE - RIFUGIATI - IMPEGNO IMPRESE ESSENZIALE NEI PROCESSI DI INTEGRAZIONE MA C'E' BISOGNO CHE ALTRI SOGGETTI PUBBLICI E PRIVATI CONTRIBUISCANO - PRESENTATA A ROMA GUIDA UNHCR SU IMPRENDITORIALITA' MIGRANTI E RIFUGIATI

(2019-09-24)

"Orientarsi all’interno del quadro amministrativo.
Garantire ai datori di lavoro sufficienti certezze in ambito legale.
Rilevare e valutare le competenze dei rifugiati.
Sviluppare le competenze per l’accesso al mercato di lavoro attraverso dei corsi di lingua.
Valorizzare il talento dei rifugiati come risposta alle esigenze delle imprese.
Garantire pari opportunità nel processo di selezione e combattere gli stereotipi.
Preparare l'ambiente di lavoro inserendo mentor e mediatori.
Promuovere l’occupabilita’ a lungo termine investendo sulla formazione continua.
Evidenziare i vantaggi economici dell’assunzione dei rifugiati.
Coordinare l'azione tra tutti gli stakeholder.

Sono questi i dieci punti del Rapporto ‘Promuovere con le imprese l’occupazione dei rifugiati. Un piano multistakeholder in 10 punti per datori di lavoro, rifugiati, governi e societa’ civile’ elaborato dall’OECD e dall’UNHCR e presentato oggi a Roma presso la SIOI nel corso del convegno 'Il Ruolo delle Imprese nell'Inclusione dei Rifugiati' organizzato dall’UNHCR.
Il Rapporto vuole essere uno strumento per dare risposte concrete al problema dell’integrazione dei rifugiati il cui numero e’ in continua crescita ovunque nel mondo.
Ad oggi sono infatti 65 milioni le persone in fuga dal loro paese mentre sono 22,5 milioni i rifugiati: numeri rilevanti che rendono necessarie buone pratiche e nuove strategie.
Anche se in Italia il numero dei rifugiati rispetto a quello presente nei paesi dell’Europa del Nord e’ decisamente basso (131.000), le criticità sono molte e nuovi approcci che spingano a considerare i rifugiati come una risorsa e non solo come beneficiari di servizi possono facilitare percorsi di integrazione.

Nel presentare il Rapporto Jonathan Chaloff, Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico – OECD, ha ricordato come l' OECD lavori sull’integrazione da decenni.
“Nel corso di questo lavoro la sfida e’  aumentata in seguito ai grandi flussi di ingresso del 2015-2016 con risvolti maggiori sulla questione dell’accoglienza ma anche quella dell’integrazione nel mercato del lavoro. Anche se  costituisce in Europa solo l'1% in piu’ di persone in eta’ da lavoro. In Italia, poi,rappresenta solo lo 0,2%. Dunque,  solo 1 lavoratore in piu' su 500, non abbastanza da cambiare la situazione,” ha precisato Chaloff sottolineando la richiesta dell’OCSE di sostenerne l'integrazione perché si tratta di persone vulnerabili.
In tale contesto OCSE e UNHCR hanno lavorato sul ruolo delle imprese nell'integrazione dei rifugiati perche’ il lavoro dipendente costituisce l’85% - 90% dell’occupazione. D'altra parte è essenziale che nel processo di integrazione ci sia  accesso al lavoro dipendente,” ha spiegato Chaloff sottolineando come purtroppo i Italia i rifugiati trovino  maggiori difficolta’  per  un inserimento lavorativo. Tant'è che la maggior parte delle persone arrivate nel 2015-2016 e’ ancora senza lavoro. Anche in Germania, tuttavia,  e’ cosi per il 50% circa dei rifugiati,” ha aggiunto Chaloff.

Nell’osservare come il Rapporto non costituisca un decalogo, Chaloff ha affermato l’importanza del contributo di tutti gli attori coinvolti nel processo d’integrazione, dalla societa’ civile allo Stato. "In questo Rapporto abbiamo cercato di individuare alcuni degli ostacoli che possono affrontare le imprese nell’inclusione dei rifugiati. Abbiamo riscontrato cosa le imprese sono disposte a fare ma c'é bisogno che gli altri soggetti pubblici e privati contribuiscano. Si tratta di una grande sfida da affrontare, i meccanismi in campo non sono sufficienti a risolvere questo problema. Mi auguro che questa lista possa aiutare alla realizzazione di un percorso di integrazione completo,” ha concluso Chaloff.

Nel corso del convegno e’ stata presentata anche la ‘Guida alle politiche sull’imprenditorialita’ per migranti e rifugiati’ realizzata dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo - Unctad, UNHCR e l’Organizzazione Internazionale per le migrazioni- OIM.

La Guida individua sei aree strategiche di intervento: la formulazione di una strategia coesiva sull’imprenditorialita’ per migranti e rifugiati; l’ottimizzazione del quadro normativo; il rafforzamento della educazione all’imprenditorialità e lo sviluppo delle competenze; la facilitazione dello scambio di tecnologie e dell’avvio di imprese innovative; il miglioramento dell’accesso al credito; la sensibilizzazione e la promozione di opportunità di networking.

Ad illustrare la Guida, Fulvia Farinelli, della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo – UNCTAD, che ha sottolineato come la guida sia frutto di un’operazione congiunta, uno strumento pensato per creare un nesso tra promozione allo sviluppo e assistenza umanitaria.
“Creare un’impresa, una start up, per un rifugiato significa assumere una nuova identita’, quella di imprenditore o imprenditrice, e cominciare a costruirsi una vita normale. Tutte le testimonianze ci indicano il potente effetto liberatorio di questa azione. Imprenditorialità significa inclusione economica e tutti hanno da guadagnare: la societa’ in cui vivono i rifugiati, i loro paesi di origine e loro stessi,” ha affermato Farinelli menzionando alcuni casi di successo di start up come, fra i tanti, quello dei Baghdad Barbers in Finlandia.

Il processo include non solo l'Europa ma anche diversi Paesi in via di sviluppo. "Anche l'America Latina, che prima era piu’ o meno al riparo, subisce queste tensioni a causa della crisi venezuelana. O come  l’Equador, tradizionalmente accogliente, che nella sua Costituzione tutela i diritti dei migranti, e’ stato costretto temporaneamente a chiudere le frontiere. Misure che mai ci saremmo aspettati nell’area andina,” ha aggiunto Farinelli, menzionando anche le difficoltà delle autorita’ locali: sindaci di piccole comunita’ sommerse dal problema, come in Turchia o in Grecia.
"C'é  anche una dimensione territoriale che non e’ minore, come la rete di sindaci, che si sta costituendo.

Coesistono comunque, anche altre problematiche, come” ha precisato Farinelli, il divario ' importante'  che si verifica fra migranti poco qualificati e molto qualificati laddove molti i paesi cerano di attrarre i secondi a svantaggio dei primi.
Alla base dell'impegno, dunque, la necessità di effettuare un'analisi precisa dell’ecosistema dell’imprenditorialita’ locale, perchè "i dati del contesto sono il punto di partenza. Per noi si tratta di  quello territoriale. Ma bisogna stabilire partenariati strategici a livello locale e internazionale; sensibilizzare l'opinione pubblica sull’impatto positivo dei rifugiati; rendere il piu' semplice possibile la costituzione di ong e di imprese civili a sostegno dell'imprenditoria dei migranti e rifugiati e valutare attentamente la capacita’ dei gruppi di beneficiari e le esigenze del mercato, evitando di saturare l'offerta locale,” ha concluso Farinelli.

Tra i presenti, Riccardo Clerici, Capo Sezione Legale, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati – UNHCR che ha dichiarato come sia necessario adottare un approccio costruttivo, a di la' delle polemiche. perchè dobbiamo ricordare che se il lavoro e’ importante per chiunque, per i rifugiati e’ uno snodo cruciale di autonomia e di riscatto. ma realizzare questi obiettivi richiede lo sforzo di una pluralita’ di soggetti,” sottolineando come l'unico programma di integrazione esistente sia stato quello licenziato da Gentiloni.

Nel corso del suo intervento Clerici ha menzionato anche il Progetto ‘Welcome. Working for Refugee Integration’, una iniziativa dell'UNHCR che premia le aziende, cooperative ed associazioni che facilitano l'accesso al lavoro ai rifugiati. "Un'esperienza che entra nella sua terza fase, la cui scadenza per presentare le candidature e’ il 31 ottobre,” ha precisato Clerici sottolineando come portare in azienda diversita’ rappresenti un’opportunità di innovazione, un veicolo per promuovere la coesistenza pacifica, uno strumento per mitigare la narrativa della paura che e’ fatto quotidiano.

In rappresentanza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Stefania Congia, ha sottolineato il grande impegno del Ministero per favorire l'inclusione e ha fornito alcuni dati sulle imprese create da migranti. Ed ha segnalato come “Tra le 500 maggiori aziende americane per fatturato quelle fondate da migranti o figli di migranti sono il 43%. Se andiamo tra le prime 35, sono il 57%. Se prendiamo la realta’ italiana nel 2018, secondo i dati di Infocamera, 447.000 titolari di impresa sono nati all’estero. E queste rappresentano quasi il 15% delle imprese in Italia, un dato che parla da solo, pur senza nascondersi  le difficolta' che incontrano questi imprenditori. Elementi che hanno indotto alla nascita dell'Osservatorio Nazionale sull'imprenditoria migrante e percorsi di accompagnamento lanciato  dal Ministero del lavoro in collaborazione con Unioncamere.

Tra i relatori Gianni Rosas, Direttore Ufficio per l'Italia e San Marino dell' Organizzazione Internazionale del Lavoro – ILO, che ha evidenziato come il lavoro  sebbene il lavoro sia un diritto per tutti, diventa un ancora per i rifugiati per queste persone che  non sanno neanche dove saranno domani. Non per nulla dei  "244 milioni di migranti nel mondo,150 milioni sono gia’ presenti nel mercato del lavoro, ma solo una minoranza ha un lavoro dignitoso, regolare con delle tutele. La maggioranza svolge un lavoro di sussistenza e opera nell’economia informale dove e’ soggetto a sfruttamento, sino ad arrivare anche alla privazione di libertà, a condizioni di schiavitù moderne.”  Tuttavia, ha affermato Rosas, anche se si osserva e’ una tendenza al miglioramento  ed una apertura del sistema imprenditoriale a partecipare all’integrazione dei rifugiati attraverso il lavoro,  abbiamo imparato che e' necessario fare degli interventi precoci: non aspettare troppo tempo dall’arrivo per favorire l'integrazione dei migranti e affrontare il tema cercando di considerare che tra l’emergenza o l’accoglienza e le attività di sviluppo c'é un continuum. Non sono compartimenti stagni,” ha osservato Rosas sottolineando come le imprese ricerchino soprattutto competenze professionali, attivate da percorsi di formazione, e manodopera che possano  controbilanciare l'invecchiamento della nostra societa’.

Luisa Ercoli, Barilla, ha illustrato invece  l’impegno di questa grande azienda a favore dell’inclusione dei migranti.
"Per noi l'inclusione dei rifugiati e’ solo una parte del nostro impegno, occupandoci anche di genere e interculturalita’.  Alla luce della necessità di entrare in contatto con le persone, per favorire il processo di integrazione,ha proseguito l'imprenditrice, abbiamo quindi intrapreso specifici interventi.
In alcuni paesi abbiamo valutato un problema locale: per esempio in Turchia ci siamo focalizzati sui bambini. In questo paese il 50% dei rifugiati e’ minorenne e abbiamo quindi operato in questo ambito. In Grecia siamo intervenuti a livello di formazione per abilitare le persone ad entrare meglio nel mondo del lavoro. Nei paesi di destinazione, come Germania e Svezia, ci siamo agganciati ai piani governativi per praticare assunzioni. E qui e’ stato piu’ semplice,” ha  spiegato  Ercoli sottolineando che l'indice di inclusione e’ buono ma il processo e’ lungo e va appoggiato ad interventi di formazione per aumentare la consapevolezza." ( 24/09/2019-L.G.-ITL/ITNET)

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