Sponsor
|
DONNE - LAVORO P.O. -DIVERSITY MANAGEMENT IN VENETO- INDAGINE ATENEO PADOVA/ FOREMA SU RISORSE UMANE, WELFARE, FORMAZIONE/GENERE, LINGUAGGIO INCLUSIVO:"C'E' TANTO DA FARE" NEL SETTORE METALMECCANICO
(2024-10-22)
Di particolare interesse l'indagine condotta in Veneto circa le Pari Opportunità nelle aziende della provincia di Padova effettuata dall’Università di Padova e da Fòrema circa il diversity management nelle aziende del Veneto, in particolare nella provincia di Padova.
Sotto la lente d'ingrandimento: la selezione gender neutral, welfare e tutela della genitorialità, formazione e genere, linguaggio inclusivo e molestie. Il risultato emerso è piuttosto sconfortante a cominciare dal momento della selezione delle risorse umane delle aziende.
Tuttavia, probabilmente occorrerebbe ampliare l'universo di riferimento per una conferma vuoi perchè si tratta delle risposte di un campione molto limitato ( 90 aziende su 630, ovvero il 14% delle aziende contattate), vuoi perchè un buon numero è composto da aziende metalmeccaniche (41%), per cui mancano i dati relativi ad altri segmenti dove il numero delle donne è sicuramente maggiore, talvolta addirittura superiore rispetto agli uomini, come i servizi e la ristorazione. Un dato, quest'ultimo, che, secondo gli autori della ricerca, conferma, una tendenza di "segregazione occupazionale orizzontale ma già nota a livello nazionale". D'altra parte, anche le dimensioni aziendali sembrano comunque giocare un ruolo fondamentale, in quanto le medie e grandi imprese mostrano una maggiore presenza di forza lavoro femminile rispetto alle aziende di piccole e micro dimensioni.
L’indagine è partita dal progetto S.I.A.D.O.M. (Social Innovation Alliance for Diversity management and innovation of Organizational Models), finanziato dal bando P.A.R.I. della Regione Veneto. Alle origini del lavoro di ricerca vi è un contesto in cui i persistenti divari di genere presenti nelle organizzazioni, l’affidamento dei ruoli apicali e i differenziali retributivi e contributivi sono un aspetto critico fondamentale per il benessere lavorativo dei e delle dipendenti, nonché per la sostenibilità organizzativa. In questo senso, il diversity management rappresenta un approccio di gestione delle risorse umane che può fare da driver per il cambiamento nelle organizzazioni, allineato agli obiettivi e alle KPI (indicatori di performance) di strumenti e indici come la certificazione UNI PDR 125:2022, l’European Gender Equality Index e il Diversity Inclusion Index, dell’istituto FTSE Russel LSG Business. Approfondire le pratiche e le politiche di diversity management attualmente in uso nelle imprese costituisce di fatto un primo passo verso una comprensione concreta delle esigenze e dei fabbisogni organizzativi in tema di genere e inclusione.
GENDER NEUTRAL Il 70% delle aziende del campione analizzato non fa uso di procedure di selezione gender neutral (pratiche neutrali rispetto al genere dei soggetti), perché non sono mai state prese in considerazione (75%) o perché non vengono ritenute utili. Tra i settori in cui la resistenza verso queste procedure sembra essere più diffusa vi è quello metalmeccanico (48%). L’80% delle aziende non usa procedure gender neutral per la valutazione delle prestazioni; tra queste il 37,8% non è interessato a implementarle in futuro, mentre il 42,2% ritiene che queste procedure potrebbero essere utili, ma attualmente non ne fa uso. «Dai dati emerge – commentano i ricercatori – che vi è una diffusione limitata di queste procedure a fronte di una più diffusa consapevolezza della loro importanza, probabilmente dovuta a resistenze culturali legate alla percezione di una non-utilità di tali procedure, soprattutto in aziende con una percentuale di donne inferiore al 20%. Anche nella valutazione delle prestazioni vi è un tasso di resistenza molto alto, che si apre a un margine di miglioramento che potrebbe generare effetti positivi anche in altre fasi della vita organizzativa delle persone come progressioni di carriera maggiormente equidistribuite o un minor tasso di turnover aziendale”. WELFARE e TUTELA GENITORIALITA' Il 61% delle aziende del campione analizzato non offre servizi di sostegno alla genitorialità, mentre tra le aziende che dispongono di tali servizi i più diffusi sono i giorni extra di congedo (17%) o politiche di affiancamento al rientro (12%). I servizi di welfare più diffusi tra le aziende sono i buoni pasto/spesa (72%), i buoni benzina (47%) la flessibilità oraria (47%) e le convenzioni medico-sanitarie (38%).
«I dati mostrano come non sia ancora diffusa una visione della maternità e della paternità come risorse per l’azienda, da tutelare e supportare attivamente tramite servizi e pratiche. Inoltre, il welfare offerto dalle aziende mostra una propensione a servizi integrativi di supporto al reddito, piuttosto che di supporto alla persona – sottolineano i sociologi –. La motivazione di tale tendenza potrebbe essere ridotta a una mancanza di risorse o a una poca conoscenza dei fabbisogni dei lavoratori e delle lavoratrici. Implementare servizi di welfare più attenti ai fabbisogni della popolazione aziendale offrirebbe un’op- portunità anche per sostenere maggiormente i genitori, favorendo un miglior bilanciamento vita-lavoro» del Dipartimento Filosofia, sociologia, pedagogia e psicologia applicata dell’Università degli Studi di Pado-va, coordinatore e responsabile scientifico. FORMAZIONE E GENERE Sul fronte della formazione, l’80% delle aziende del campione analizzato non ha svolto alcuna formazione specifica sui temi del genere, della diversità e dell’inclusione perché il tema non è stato ritenuto rilevante (46%), per mancanza di risorse (15%). Invece, tra le 20 aziende che hanno svolto attività formative negli ultimi due anni i temi maggiormente affrontati sono stati: sostenibilità sociale e parità di genere (61%), molestie, discriminazioni e mobbing (56%), gestione del personale e politiche di welfare (50%), benessere e empowerment personale (44%), leadership e team-building (39%), linguaggio inclusivo e tematiche tecniche sulla parità di genere (33% entrambe). «Rispetto a questo dato viene spontaneo chiedersi se effettivamente quello del genere non sia un tema rilevante per le aziende o – dicono gli estensori della ricerca – se questo dato sia invece sintomo della mancanza di una cultura organizzativa diffusa che sostiene la formazione come canale di comunicazione e sensibilizzazione fondamentale per la parità di genere». LINGUAGGIO INCLUSIVO E GENERE Il 64,4% delle aziende del campione analizzato non fa uso di un linguaggio inclusivo, e sono piuttosto eterogenee per settore e dimensione aziendale, mentre nei contesti con una percentuale di donne superiore al 60% aumenta la diffusione di un linguaggio inclusivo. Tra le aziende del campione, il 48% usa un software whistleblowing (tradotto letteralmente software “fischietto”, si tratta di uno strumento che permette ai lavoratori e alle lavoratrici di segnalare le attività illecite svolte durante i processi lavorativi) per la raccolta anonima delle segnalazioni, mentre il 27% delle aziende non dispone di canali con cui i dipendenti e le dipendenti possono segnalare eventuali episodi di violenza subiti. «Sono troppe le aziende che ancora si appoggiano a strumenti e canali che implicano che chi effettua le segnalazioni debba “metterci la faccia – conclude Vittoria Benfatto – che lasciano alla discrezione di chi riceve le segnalazioni stabilirne la gravità ed eventuali sanzioni, entrambi elementi che potrebbero fungere da deterrente per le vittime». IN BUONA SOSTANZA:
«Nel panorama delle aziende coinvolte nell’indagine, la diffusione del diversity management appare parcellizzata e limitata, nonostante non manchino aziende meritevoli che si distinguono dalle altre – sintetizza Claudio Riva –. Vi è una tendenza generale a riconoscere l’importanza di un modello organizzativo più attento ai lavoratori e alle lavoratrici, che tuteli l’equità di trattamento e l’inclusione sociale, nonostante di fatto questa consapevolezza rimanga ancora solo su un piano prevalentemente teorico per la maggior parte delle aziende. La cultura aziendale resta uno degli aspetti chiave su cui è fondamentale lavorare per innescare un cambiamento e renderlo permanente, evitando che le azioni e i processi messi in campo abbiano un impatto solo su un piano formale, correndo il rischio di trasformarsi in casi di pinkwashing aziendale, ovvero azioni apparentemente solidali messe in atto dalle aziende a favore delle donne».
«I persistenti divari di genere nelle organizzazioni in termini di bilanciamento generale e per mansioni, l’affidamento dei ruoli apicali e i differenziali retributivi e contributivi sono un aspetto critico per quanto riguarda il benessere lavorativo dei dipendenti e delle dipendenti e per la sostenibilità delle aziende – spiega Roberto Baldo, direttore del centro studi di Fòrema –. Non solo, in un periodo storico caratterizzato dalla generale mancanza di personale, il divario di 20 punti percentuali nel tasso di occupazione tra uomini e donne non è più tollerabile. Il diversity management rappresenta un approccio di gestione delle risorse umane che può fare da driver per il cambiamento delle organizzazioni, allineato agli obiettivi ESG. Queste dimensioni rappresentano inoltre alcuni dei KPI principali della certificazione UNIPDR 125:2022, dell’European Gender Equality Index e del Diversity Inclusion Index dell’istituto FTSE Russel LSG Business che molte aziende ancora ignorano. C’è tanto da fare».
«Conoscere il proprio contesto organizzativo è il primo passo verso il cambiamento – sottolinea Vittoria Benfatto –. Individuare i punti deboli e i punti di forza, i fabbisogni, le risorse e le opportunità offerte dal territorio sono elementi fondamentali per avviare un percorso di cambiamento che, però, non può prescindere da un cambiamento più profondo, che riguarda la cultura organizzativa, gli stereotipi e bias anche inconsci che contribuiscono a riprodurre discriminazioni e asimmetrie». ------------------------------------------------------------- FÒREMA Fòrema si basa sul lavoro di sessanta professionisti, chiamati a proporre e gestire corsi e attività di consulenza con focus su salute, sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro, ambiente (HSE), sviluppo organizzativo e metodologia lean nelle smart factory, soft skills e formazione esperienziale, servizi per il lavoro. Fòrema lavora in partenariato con molteplici enti pubblici, in particolare segue progetti per la scuola, gli ITS e l’Università di Padova. Nel corso del 2022 sono state 26.368 (+9% sul 2021) le persone che hanno seguito corsi di formazione (nel 2021 furono 24.314; +14% sul 2020). In tutto, sono state erogate 41.641 ore in corsi di vario genere, con una crescita del 7,5% sul 2021. Grazie a questi numeri, per Fòrema il 2022 si era chiuso con un fatturato a 7,7 milioni di euro, con un balzo in avanti del 10% rispetto all’anno precedente (quando si era già registrato un +12% sui 6,3 milioni del 2020). Il consiglio direttivo è guidato dal direttore generale Matteo Sinigaglia, ed è composto da Roberto Baldo, responsabile attività finanziate, Anna Cracco, responsabile commerciale e Andrea Sanguin, responsabile amministrazione, finanza e controllo. Presidente è Enrico Del Sole.
Fòrema è la società di formazione e consulenza di Confindustria Veneto Est. Nata a Padova nel 1983, Fòrema si è imposta nel tempo come punto di riferimento per la crescita delle persone e della competitività delle imprese del territorio, grazie allo sviluppo di un know-how e di servizi sempre più innovativi. (22/10/2024-ITL/ITNET)
|
Altri prodotti editoriali
Contatti
|