Sponsor
|
DONNE - IMMIGRATE IN ITALIA - NEODEMOS: ESISTE UN VANTAGGIO FEMMINILE NEGLI ESITI DELLE RICHIESTE D'ASILO ? NEODEMOS: DIPENDE DAI LIVELLI DI CRITICITA' DEI PAESI DI ORIGINE!.
(2024-10-24)
"Le donne sono una minoranza tra i richiedenti asilo in Italia e in Europa. Ma le loro richieste di protezione hanno un tasso di successo superiore rispetto a quello degli uomini? E se si, perchè? Livia Ortensi, Giorgio Piccitto e Sara Morlotti rispondono a questa domanda analizzando il caso Italiano su Neodemos
Le donne rappresentano oltre metà della popolazione rifugiata nel mondo, tuttavia sono fortemente sottorappresentate tra i rifugiati e i richiedenti asilo in Italia, e più in generale in Europa. I dati più recenti sottolineano che solo il 29% delle richieste d’asilo presentate nei paesi dell’Unione Europea e dell’EFTA sono state presentate da una donna. Tale dato, costante negli anni, conferma come queste ultime si trovino ad affrontare ostacoli maggiori nell’ambito della migrazione per motivi umanitari.
Il costo elevato dei viaggi, la frequente necessità di affidarsi ai contrabbandieri, l’elevato rischio di violenza fisica e sessuale durante il viaggio e una mortalità più elevata tra le donne alle frontiere sono tra le principali spiegazioni di tale divario. A fronte di una popolazione femminile richiedente asilo molto esigua, e verosimilmente auto-selezionata, sono scarse le ricerche che hanno indagato se, una volta giunte a presentare domanda d’asilo in un paese europeo, le donne abbiano una maggiore probabilità di ottenere un esito favorevole rispetto ai connazionali.
La legislazione italiana ed europea sul diritto d’asilo non prevede trattamenti differenziali in base al genere. Tuttavia, molti studiosi hanno evidenziato come questa neutralità giuridica abbia spesso portato a una scarsa attenzione alle specifiche forme di persecuzione cui sono tipicamente soggette le donne. La legislazione sull’asilo è stata storicamente concepita per tutelare le vittime di persecuzioni politiche, un aspetto più ricorrente tra gli uomini. Questi ultimi, infatti, sono più frequentemente esposti a repressioni e persecuzioni su base politica, grazie al loro generale superiore coinvolgimento nella lotta ai regimi repressivi rispetto alle donne (Rodda, 2015; Plümper & Neumayer, 2021; Crawley, 2000; Coffé & Dilli, 2015).
Le persecuzioni che hanno una maggiore rilevanza per le donne, considerate proprie della sfera “domestica”, ricevono meno attenzione dalle convenzioni legali internazionali (Rodda, 2015). Le donne sono maggiormente esposte a forme di violenza privata, come il matrimonio forzato, le mutilazioni genitali femminili e le violenze legate alla violazione di norme sociali e convenzioni, come il rifiuto di aderire a specifici codici di abbigliamento. Le vittime di abusi coniugali e di stupro spesso incontrano difficoltà nel presentare il loro caso anche quando non possono aspettarsi protezione dalle autorità del loro Paese d’origine (Freedman, 2008). L’esposizione a questo tipo di minacce e violenze può essere difficile da provare o non riconosciuta come motivo valido per ottenere lo status di rifugiato. Le donne sono inoltre maggiormente esposte al rischio di trafficking e sfruttamento sessuale.
D’altro canto, alcuni studi hanno suggerito che altri meccanismi basati sul genere e tipicamente legati alla stereotipizzazione delle richiedenti asilo come “non pericolose”, “genuinamente vulnerabili”, “bisognose di assistenza” e “sincere” possano influire sui tassi di riconoscimento, questa volta in loro favore. Un ulteriore vantaggio per le richiedenti asilo donne può derivare da fattori puramente demografici. Le donne viaggiano più spesso con minori al seguito o in stato di gravidanza, condizioni che possono influire positivamente sull’esito della domanda d’asilo, in quanto caratteristiche legate al concetto di vulnerabilità.
Per lungo tempo, l’Italia ha avuto una regolamentazione limitata sul riconoscimento dello status di rifugiato, basata inizialmente sulla Costituzione e sulla Convenzione di Ginevra nel 1954. Nonostante l’assenza di riferimenti specifici alle donne, il Paese ha dimostrato impegno nel contrastare la discriminazione di genere e la violenza contro le donne. Dal 1985, con la ratifica della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (CEDAW), e grazie all’introduzione del Protocollo Opzionale nel 2000, l’Italia ha intensificato la lotta contro la violenza di genere.
Tra il 2007 e il 2008, la normativa nazionale è stata modificata per adeguarsi alle direttive europee che ridefinivano lo status di rifugiato e di protezione sussidiaria sotto il concetto di “protezione internazionale”. Le direttive del 2011 e del 2013 hanno introdotto standard armonizzati a livello europeo, con particolare attenzione alle persone “vulnerabili”, come minori, disabili, donne incinte, vittime di violenze sessuali e torture.
Nel 2011, l’Italia ha firmato la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, ratificandola nel 2013. L’Italia è inoltre impegnata nel contrasto al traffico di esseri umani per sfruttamento sessuale, specialmente di donne provenienti dall’Africa sub-sahariana. Le linee guida del Ministero dell’Interno e dell’UNHCR pubblicate nel 2016, aggiornate nel 2020, hanno facilitato l’identificazione e la protezione di queste persone, principalmente mediante la protezione sussidiaria o complementare.
La “protezione umanitaria”, introdotta nel 1998 e sostituita nel 2018 con permessi a breve termine, come la “protezione speciale”, in linea con il principio di non respingimento, ha avuto un ruolo chiave nei tassi di riconoscimento delle domande di protezione, anche per quanto riguarda le donne. Questa protezione è stata ampliata nel 2020 per includere i legami familiari e l’integrazione nel territorio, ma nel 2023 è stata nuovamente ridotta, mantenendo fermo il principio di non respingimento verso Stati che non rispettano i diritti umani o nei quali la persona sarebbe esposta a trattamenti inumani o degradanti.
Tra il 2008 e il 2022, circa 810.000 richiedenti hanno presentato domanda di asilo in Italia, il 16,5% dei quali erano donne. Per comprendere se esistano differenze di genere negli esiti delle richieste d’asilo sono stati utilizzati i dati disponibili sul database Eurostat relativi agli esiti delle domande d’asilo presentate in Italia tra il 2008 e il 2022 per cui fosse noto il paese d’origine, per un totale di 810mila domande. Gli esiti sono stati valutati in termini di accettazione o rigetto della domanda d’asilo. Utilizzando il massimo dettaglio disponibile fornito da Eurostat sono stati ricostruiti i microdati relativi alle decisioni per genere, età, paese d’origine e anno della decisione.
A livello nazionale nel periodo osservato le donne hanno avuto un tasso di accettazione della loro domanda d’asilo del 53,1% a fronte del 37,5% degli uomini.
Una prima analisi basata su un set di regressioni logistiche a livello di singolo paese per tutti i paesi con almeno 700 domande d’asilo nel periodo considerato ha evidenziato che per la gran parte dei paesi essere una donna è significativamente associato ad un esito positivo, con la sola eccezione dell’Afghanistan, paese per il quale si osserva un vantaggio associato al genere maschile. Nel caso di Armenia, Bosnia Erzegovina, Cina, Colombia, Eritrea, Liberia, Libia, Moldova, Niger, Palestina, Iran, Iraq, Russia, Somalia, Sudan, Siria e Venezuela non si riscontrano differenze di genere significative.
Una seconda analisi invece è stata effettuata sul complesso di tutte le domande, inserendo una serie di controlli per paese variabili su base annuale relativamente diseguaglianza di genere (misurato attraverso il Gender Inequality Index – GII), discriminazione verso le minoranze sessuali (misurato attraverso l’LGBT+ Rights Index), regime politico (misurato attraverso l’Electoral Democracy Index) e proporzione di donne tra i richiedenti.
L’introduzione di questa serie di controlli ha evidenziato una dinamica più complessa correlata al genere del richiedente. Una volta controllato per le caratteristiche del paese e dei richiedenti in termini di età, anno della decisione e per la composizione della popolazione richiedente asilo si è evidenziato che l’associazione positiva con il genere femminile non è sistematica.
Nei Paesi caratterizzati da guerre, regimi autoritari o da gravi discriminazioni nei confronti delle donne il genere non è correlato in modo significativo con le decisioni in materia di asilo, poiché i tassi di riconoscimento sono elevati sia per gli uomini che per le donne. Al contrario, un vantaggio femminile è correlato alla provenienza da Paesi con minori criticità sul piano politico, caratterizzati da livelli di discriminazione di genere moderati e da una marcata discriminazione verso le minoranze sessuali.
Inoltre una vantaggio è osservato tra le donne che provengono da un democrazia elettorale e per quei paesi nell’ambito dei quali le donne rappresentano meno del 30% dei richiedenti.
In sintesi, la ricerca mostra, a fronte di meccanismi qualitativi non misurabili da questi dati come la stereotipizzazione, la composizione familiare o gli effetti della legislazione, che il vantaggio femminile non è sempre presente ma è correlato alle caratteristiche dei paesi d’origine. Quando le condizioni del paese sono molto critiche in termini di discriminazione di genere non si riscontrano differenze e le probabilità di ottenimento del permesso di soggiorno sono elevate per uomini e donne. Le donne invece tendono ad essere favorite quando provengono da paesi con livelli di criticità intermedia. Diverso il trend relativo alla presenza di discriminazione delle minoranze sessuali: in contesti ad alta discriminazione le donne sono comunque avvantaggiate rispetto agli uomini nei loro esiti." concludono i ricercatori. (24/10/2024-ITL/ITNET)
|
Altri prodotti editoriali
Contatti
|