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ITALIANI.ITALIANI ALL'ESTERO - ISRAELE/CISGIORDANIA - PAGAN0(AVANTI) INTERVISTA ON.BOLDRINI (PRES.COM.DIRITTI UMANI) AL RIENTRO MISSIONE IN ISRAELE. "IL 7 OTTOBRE UNO SPARTIACQUE ...SI SONO ROTTI GLI ARGINI..."
(2025-02-01)
Il Comitato Diritti umani, presieduto da Laura Boldrini (Pd) con il vice Emanuele Loperfido (Fdi), nell’ambito della Commissione Esteri della Camera, dal 12 al 16 gennaio scorsi ha compiuto una missione in Israele e in Cisgiordania, registrando la gravissima situazione nell’area sotto il profilo umanitario e i ripetuti casi di violazioni dei diritti delle persone. Il Comitato, che ha svolto incontri ad ampio raggio con realtà associative, autorità israeliane e dell’Autorità nazionale palestinese, presenterà una relazione ad hoc al presidente Giulio Tremonti. Il giornalista Roberto Pagano de l'Avanti ne ha parlato con l’onorevole Laura Boldrini, già al vertice dell’Assemblea di Montecitorio. Presidente Boldrini, durante la vostra missione avete incontrato esponenti politici, associazioni umanitarie israeliane e palestinesi ed anche internazionali. Ma lei ha, innanzitutto, ricordato la gravità del 7 ottobre 2023 con tutte le sue conseguenze. Che valutazione complessiva ne date? Il 7 ottobre rappresenta veramente uno spartiacque per la gravità di quel che è accaduto, a causa dello spietato attacco terroristico di Hamas. E da allora nulla è più come prima. Quel giorno sono state uccise 1.200 persone innocenti con anche intere famiglie e 251 invece sono state rapite: erano in gran parte giovani che stavano ballando e divertendosi. Quel giorno è stato uno spartiacque anche per le conseguenze di quel che è successo dopo. La reazione del governo israeliano è stata, infatti, enorme, a Gaza con una serie di operazioni militari e bombardamenti indiscriminati. Ad oggi sono state uccise oltre 47.000 persone. L’autorevole rivista Lancet ne calcola addirittura più di 70.000. E altre migliaia se ne stanno ritrovando man mano sotto le macerie. Una situazione drammatica, oltre l’immaginabile?
Sì, un dramma umanitario mai visto in queste proporzioni. Sottolineo che ci sono state persone – e particolarmente bambini – che sono morte di fame, freddo o malattie. E oltre il 60% delle infrastrutture nella Striscia di Gaza sono andate distrutte, mentre il 90% della popolazione palestinese è sfollata. Alcuni degli incontri più significativi che avete avuto?
Abbiamo visitato il kibbutz di Nir Oz con una signora che ci ha raccontato le orribili violenze perpetrate dai terroristi in quella giornata. E anche il dramma di molte famiglie che hanno scoperto sulla propria pelle che le “stanze sicure” di ogni unità abitativa, le “safe room”, non erano blindate. Peraltro, è stato sottolineato che dall’attacco condotto dalle 6.30 del mattino fino alle 14.30 quando è arrivato l’esercito, gli abitanti hanno fatto quello che hanno potuto e si sono dovuti difendere da soli. Incontrando poi il Forum dei familiari delle vittime e degli ostaggi del 7 ottobre, ci è stata illustrata la loro raccolta di testimonianze contro Hamas, portate alla Corte Penale Internazionale dell’Aia. La loro vita è rimasta sospesa da quel giorno, ma tutti i parenti sperano che l’accordo per la tregua vada oltre la terza fase, perché temono per gli ultimi ostaggi e auspicano, nelle ovvie difficoltà, una situazione in cui vi sia pace. E’ emerso che non si può vivere così, in un conflitto permanente. Quali valutazioni sulle operazioni belliche di Idf, le forze armate di Tel Aviv?
Direi che dopo il 7 ottobre davvero si sono rotti gli argini. Durante questa missione abbiamo capito che tutto è precipitato. La guerra di Gaza è stata la peggiore delle guerre. Con i confini e i valichi chiusi; le aree indicate come sicure alla popolazione palestinese che, invece, spesso non lo erano e da dove nessuno poteva scappare e mettersi in salvo; senza cronisti che potevano raccontare gli avvenimenti. Il mondo ha guardato il dramma. Mi sento di dire che l’esercito israeliano in varie fasi ha infranto le regole internazionali vigenti anche in caso di guerra, con abusi non ammissibili. Il quadro generale?
Oltre a Gaza, la situazione è peggiorata anche in Cisgiordania ed è peggiorata in Israele. Molte associazioni specializzate nell’assistenza che abbiamo incontrate ci hanno parlato di uno stato degradante delle carceri, dove dal 7 ottobre sarebbero morti circa 70 detenuti palestinesi. C’è una evidente disumanizzazione dei palestinesi, un approccio che non si registrava nemmeno durante la seconda Intifada (avvenuta tra il 2000 e il 2005, NdR). E alcuni parlamentari dell’opposizione alla Knesset (il Parlamento, NdR), ma anche delle organizzazioni umanitarie, ci hanno riferito che dal 7 ottobre è cambiata, in senso restrittivo, anche la legislazione israeliana, con una riduzione degli spazi di agibilità democratica. Esempi? Il governo israeliano ha un approccio di evidente repressione delle manifestazioni contro la guerra e, nel tempo, ci sono stati diversi arresti. Anche gli obiettori di coscienza israeliani sono in carcere. A deputati e deputate di opposizione, che hanno criticato in Parlamento l’operato dell’esecutivo, sono stati inflitti giorni e mesi di sospensione e sono stati addirittura portati via dall’aula con la forza. O pensiamo alla legge che mette al bando l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’assistenza ai profughi palestinesi, che opera nella regione dal 1948. Un qualcosa che non ha precedenti. Cosa può fare la comunità internazionale dopo e durante i 42 giorni di tregua?
Gli Stati, le organizzazioni internazionali devono operare favorendo la tregua e la stabilizzazione dell’area, per la ricostruzione e lo sviluppo socio economico, per l’aiuto alle popolazioni. E’ necessario accompagnare questo processo non lasciandolo esclusivamente alle parti in causa, magari con alcuni che hanno la prospettiva della ripresa del conflitto. Tutti, israeliani e palestinesi, hanno ferite profonde e non sono disposti a vedere anche le ragioni dell’altro. C’è bisogno di un accompagnamento positivo da parte della comunità internazionale e specialmente dell’Europa, che non ha fatto sentire la propria voce. Per concludere, presidente Boldrini, l’accordo della tregua di sei settimane tra Israele e Hamas ha visto la netta contrarietà di un settore dell’estrema destra messianica del governo Netanyhau, ma ricevendo l’appoggio da parte dell’opposizione parlamentare. Un eventuale cambio di maggioranza dell’esecutivo israeliano allargato ai centristi potrebbe essere utile?
Da tutti questi incontri che noi abbiamo avuto e dall’esperienza passata, tenderei a dire che non sarebbe molto importante che vi fosse un diverso governo o un diverso premier a Tel Aviv, che però conducesse una linea politica identica ad oggi, come quella condotta finora. Sarebbe, invece, davvero significativo che vi fosse un reale cambio di indirizzo politico. Una svolta auspicabile, ma che al momento non vedo." (AVANTI -01/02/2025-ITL/ITNET)
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