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UNIVERSITA' ITALIANE NEL MONDO - A 60 ANNI DAL DISASTRO DEL VAJONT - IN UNA MOSTRA L'IMPEGNO DELLO IUAV PER LA RICOSTRUZIONE DI LONGARONE
(2023-09-02)
Il 9 ottobre 1963, alle ore 22:39, il paese fu colpito dal disastro del Vajont, una strage causata da una frana staccatasi dal monte Toc, di fronte a Erto e Casso, e precipitata nel bacino artificiale creato dalla diga del Vajont, provocando un'onda che scavalcò la diga e travolse il paese sottostante, distruggendolo e provocando 1.917 morti di cui 1.458 solo a Longarone.
Oggi una mostra, dal titolo "Longarone 1963-1972" ripercorre, nella sede del Comune, i piani e le architetture per la ricostruzione del tessuto urbano della cittadina nei progetti dello IUAV. Una mostra a cura di Roberta Albore, docente IUAV, in collaborazione con il Comune di Longarone, l' Università Iuav di Venezia e Iuav Archivio Progetti La mostra aperta tutti i giorni dalle 9 alle 17.30 chiudere' il 30 ottobre 2023-
L’esposizione - sotto l’egida della Fondazione Vajont e l’Associazione BIM Piave i- in occasione dei sessanta anni dalla catastrofe del Vajont - offre una panoramica dei piani e dei progetti approntati per una rapida e razionale rinascita di un’area ancor più grande di quella originariamente colpita. Proprio allora, con l’avvento del primo governo di centro-sinistra, la programmazione economica e territoriale fu posta al centro dell’attività di governo: in quel contesto, all’Università Iuav di Venezia fu assegnato l’intero piano di ricostruzione che avrebbe dovuto trovare immediata attuazione. Direttore di quella scuola e regista dell’operazione, Giuseppe Samonà fu in grado di redigere in tempi record una serie di schemi che avevano, tra gli altri meriti, quello di andare dalla grande alla piccola scala: accanto a lui, operò un gruppo di giovani architetti (Costantino Dardi, Emilio Mattioni, Valentino Pastor) concentrati su singoli progetti.
Divergenze, incomprensioni e ostacoli non consentirono però di portare a compimento l’intero programma, così come era stato concepito da Samonà e dal suo team.
In una seconda fase, subentrarono altri architetti: prima Gianni Avon e Francesco Tentori di Udine, poi Edoardo Gellner attivo a Cortina: a tutti fu chiesto sia di “ammorbidire” le linee di un piano giudicato da alcuni troppo radicale, sia di realizzare alcuni edifici secondo modelli più vicini alla sensibilità dei superstiti. Tuttavia, la prima fase della ricostruzione si chiuse, poco dopo il 1970, con un’opera di avanguardia, come la Chiesa dell’Immacolata di Giovanni Michelucci ed altri.
Oggi, Longarone si presenta come eccezionale complesso di opere contemporanee costruite nell’arco di un decennio. Come tale, pone oggi un duplice problema di conservazione, legato sia alla memoria che alla consistenza materiale dei singoli manufatti: il primo trova risposta nell’Archivio Progetti, custode della quasi totalità dei documenti. Il secondo apre non lievi questioni di salvaguardia, a fronte di edifici per la quasi totalità realizzati in calcestruzzo a vista.
La mostra è stata realizzata con il contributo di Giulio Avon, Claudia Cavallo, Giorgio Danesi, Sara Di Resta, Serena Maffioletti, Marzia Marandola, Giovanni Marras, Barbara Pastor, Gundula Rakowitz, Luca Velo, Guido Zucconi; coordinamento archivistico e ricerca iconografica di Teresita Scalco; allestimento di Roberta Albiero con Luca Bertuol, Luca Forlin, José Maria Murrier, Riccardo Brazzale.(02/09/2023-ITL/ITNET)
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