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CULTURA ITALIANA NEL MONDO - XXIV SETTIMANA LINGUA ITALIANA NEL MONDO - L'ITALIANO E IL LIBRO-.PRES. FONDAZ.BIENNALE BUTTAFUOCO: LA LINGUA ITALIANA DIVENTATA QUEL CHE FU IL LATINO ... UNIVERSALE... LA CONTEMPORANEITA'.
(2024-10-08)
"La Settimana della lingua italiana nel mondo: una conferma di quello che l'Italia nella sostanza racconta di sé e lo racconta a prescindere dalla sua stessa posizione statuale. Lo racconta da millenni, ancora prima quindi di immaginare l'Italia com'è oggi. Lo dico perché un capovolgimento si impone, l'argomento che mi è stato proposto “L’italiano e il libro: il mondo fra le righe” mi colpisce particolarmente perché mette insieme degli elementi, la scrittura da un lato e dall'altro la capacità di coltivare nell'ambito della cultura nel mondo un qualcosa che oggi posso immaginare." E' l'incipit dell'intervento di Pietrangelo Buttafuoco, Presidente della Fondazione La Biennale, alla presentazione della XXIV Ediz. della Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, dedicata quest'anno a "L'italiano ed il libro: il mondo fra le righe". Buttafuoco nel suo intervento ne tratteggia parti di un universale mosaico dalle infinite tessere, sfumature e rifrazioni luminose ma non esita a riflettere anche sui limiti della contemporaneità, sebbene le manifestazioni della lingua italiana travalichino ampiamente il medium nello spirito del tempo.
"Una pars destruens, vede la lingua italiana in un certo senso diventata quel che fu il latino. Ma questo nell'ambito di un confine ben preciso, quello che riguarda le istituzioni, l'élite, l'uso di mondo, si sarebbe detto un tempo, che vede l'italiano come lingua arretrare rispetto a quello che poi nella scrittura, nella sua capacità di fabbricare e costruire e vivificare la cultura, può rappresentare.
Ma se da un lato la lingua italiana è scelta nel mondo, le cifre lo dimostrano e i dati (di fatto- ndr.) lo raccontano. Prima abbiamo ascoltato le parole del Ministro in collegamento da una di quelle scuole che nel mondo rappresentano la nostra capacità di essere presenti nella scena della fabbrica culturale. Dall'altro lato diventa sempre più un latino nel senso alto, nobile vorremmo dire, ma anche nel senso 'allarmante' di una lingua che cede il passo rispetto alle esigenze della contemporaneità. Mi è capitato molte volte di dover dismettere l'uso della lingua italiana per rappresentare e raccontare quello che un'istituzione culturale presente nel mondo deve dare di sé: una speditezza ed una immediatezza che rinuncia e che perde la qualità propria. Prima, nell'intervento dell'Ambascia-tore della Confederazione elvetica l'ho colto. Ed è quello di essere il tramite dell'universale. Se c'è un tratto caratteristico distintivo proprio della qualità speciale della lingua italiana è di essere universale e di avere a disposizione le sfumature, le suggestioni che nell'intero mondo trovano ascolto. Questo accade, particolarmente in questo contesto - e la biennale se n'è fatta carico- nei 700 anni di Marco Polo accade in Cina, ed in generale in tutta quell'area dove meritatamente -ed è un lavoro di cui può averne orgoglio il Ministero degli affari esteri ha svolto da sempre l'orientalistica italiana, che ha permesso non solo agli studiosi, agli eruditi, ma perfino a quelli che sono stati nei secoli l'avanguardia di una speciale identità quale è quella italiana. E Marco Polo ne è un rappresentante di quelli che attraverso i commerci, le avventure, le esplorazioni hanno saputo offrire ai luoghi lontani un tramite, una parola, una lingua che possa essere nel contesto universale, una vetrina a disposizione del mondo e dello spirito del tempo.
In un' istituzione culturale qual'è la biennale di Venezia, dove ogni giorno io lavoro in collaborazione con una struttura che è presente e consapevole nella responsabilità di ascoltare la contemporaneità attraverso le tante discipline, mi rendo conto sempre di più come la fabbrica dell'immagine della cultura e della scrittura italiana abbia un grande vantaggio.
Ho appena finito di portare gli argomenti della pars destruens e comincio con quelli della pars construens, offrendo i contenuti e gli spunti su cui quell'impalpabile presenza tutta di squisita qualità qual'è l'essenza stessa di questa nostra cultura è quella che attrae in assoluto e lo posso dire anche con una formula semplice che è quella di imparare a tutti i costi una lingua che è la lingua della fratellanza dei poeti. Per esempio, è quella che accomuna da Dante a.... E Goethe ne ebbe l'intuizione fondamentale attraverso un percorso - che nei giorni a noi più vicini, voglio citare Borges - studia e impara la lingua nello sforzo di traduzione che poi diventa musicalità di parola come solo lui, l'orbo (ndr. D'annunzio) , ed uso apposta questo termine scelto da lui, poteva evocare dai visceri di una voce profonda di fonè quale è quella italiana.
E mi rendo conto di come questa pars construens aggiunga tasselli anche con il recente, ed io mi faccio carico di un atto di presunzione, con il dato successo della mostra del cinema, dove i numeri stessi del consumo cinematografico sono minimi nel territorio italiano, ma questo non impedisce ai tanti che dal mondo arrivano proprio perché vi trovano quell'elemento impalpabile - perfino velato -di tutte le possibili sfumature che fà sì che questa identità di lingua, di cultura e di storia si trasformi in un marchio irresistibile, dalla fascinazione irresistibile.
Ecco dunque il vantaggio che è dato proprio da una scrittura che è tutta di ragionamento. Faccio un esempio e lo faccio tra chi non c'è più, se non ci fosse stato quell'italiano, cesellato, nel logos e nel ragionamento che ebbe Leonardo Sciascia.
Paradossalmente la letteratura francese si sarebbe privata di un grande autore, perché lo possiamo considerare, pur in lingua italiana un interprete di quella atmosfera e di quella razionalità tutta francese, se non ci fosse stata la lingua a cavallo tra i secoli, tra i millenni vorrei dire, con quelle assonanze, con quegli esercizi, con quegli sforzi perfino ortografici, di Luigi Pirandello.
Non avremmo avuto un capitolo fondamentale della letteratura tedesca perché tale può essere considerato e così come l'identità e la cultura attraversa i percorsi della lingua, andando a scavare un qualcosa che l'editoria con grande merito ha saputo fare e non posso che ricordare la meravigliosa collezione di Ricciardi che incamera e accoglie la potenza della poesia e della scrittura. Se ci fosse modo - e modo c'è - coinvolgendo gli artisti, coinvolgendo tutte le espressioni della fantasia e dell'immaginazione che sono quelle, certo, di arti, di architettura, di musica, di teatro, di danza e di dare la possibilità di arrivare lì dove altre istituzioni faticano ad arrivare ahinoi. Perfino la scuola tarda a presentarsi.
Sono convinto - dichiara il Presidente della Biennale - che "questa fatica di raccontare la lingua italiana nel mondo in una sola settimana riesca ad essere il lievito, l'innesto, il principio di una catena continua dove le tante scuole diffuse nel mondo che parlano l'italiano, dove la fatica della editoria che sa offrire il meglio di ciò che oggi racconta questa lingua, e dove, per quel che compete alle istituzioni culturali, che guardano al mondo ogni singola sfumatura, ogni parte, ogni dettaglio va a costruire."
E, concludendo afferma "Per un attimo vi voglio portare dentro la Cappella Palatina dove ogni piccolo tassello di quei mosaici, dove ogni incastro che arriva dal mondo, da tutto il mondo, riesce ad essere l'essenza stessa di un qualcosa che non si può afferrare, non si può toccare, ma con un verso tratto da una grande pagina della cultura italiana in una lingua remota ed antica dice: "vuote le mani ma pieni gli occhi del ricordo di lei". (08/10/2024-ITL/ITNET)
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