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EMIGRAZIONE / IMMIGRAZIONE - "OPPORTUNITA' STRATEGIE COOPERAZIONE NELLE MIGRAZIONI" IL PUNTO NEL CONVEGNO PROMOSSO DALLA FILEF NAZIONALE E FILEF BASILICATA A MATERA

(2024-10-14)

Ospite dell'Associazione Carlo Levi a Matera il convegno promosso dalla Filef Nazionale con il supporto organizzato della  Filef Basilicata ed il contributo delle articolazioni Filef in Italia, dal titolo "opportunità, strategie, cooperazione nelle migrazioni" si è posto l'obiettivo di un'iniziativa di dialogo, confronto e sviluppo "in termini di strategia comune e progettualità" sui temi dell'emigrazione italiana ma anche della immigrazione e dello sviluppo delle aree interne del Paese.

In un quadro siffatto, il coordinatore nazionale della Filef Pietro Lunetto individua temi contigui come "l'emergere dell'incremento dell'emigrazione in uscita , con la contrazione dei rientri a motivo del peggioramento della fiscalità di vantaggio a loro dedicata" e nel contempo segnala "un flusso in ingresso di immigrazione con numeri importanti, una legislazione che continua a criminalizzare i migranti e non ne favorisce l’integrazione; i flussi in uscita dall’Italia e lo spostamento sud-nord, periferie-centri urbani, che  continuano a spopolare intere aree del paese in maniera irrimediabile". Dunque, "Una situazione che non si può affrontare con una logica emergenziale"  temi che " si intrecciano in maniera sinergica se affrontate in modo complessivo, facendo in modo di aprire delle opportunità su tutti e tre i piani del ragionamento.
E per fare questo ci sono dei soggetti e degli approcci che sono indispensabili."

Per quanto riguarda le Istituzioni europee: "Come sapete uno dei pilastri fondativi della EU è la libera circolazione di tante cose, tra cui le persone (almeno in teoria). Nella pratica i capitali si muovono liberamente, le persone molto meno. Questa parte ci sembra non essere la priorità da molti anni per la EU. Con delle normative ormai obsolete che considerano ancora come maggioritari i cittadini che si spostano da un paese all’altro, che trovano un lavoro o una continuità lavorativa in quello stesso paese che durerà fino alla pensione" ma "Oggi, anzi da diverso tempo, la situazione non è più così. Crea  innumerevoli problemi sia pratici, riconducibili alla portabilità di una serie di diritti fondamentali che il cittadino mobile, l’emigrato interno, devono avere."

"Ci siamo piacevolmente rallegrati quando ad aprile 2024 è stato pubblicato il rapporto di Enrico Letta “Molto più di un mercato”. Perché tra le pagine 92 e 96, dove di parla di libertà di muoversi e libertà di restare, abbiamo trovato diversi concetti secondo noi positivi e che vanno nella giusta direzione rispetto alla situazione che viviamo, o quantomeno si pone le giuste domande" afferma Lunetto.

Ovvero "Si riconosce che la libera circolazione aiuta a assorbire gli shock asimmetrici dentro la EU, ma che la mobilità è stata concentrata in pochi paesi creando squilibri sia nei paesi di partenza che di arrivo, e che quindi servono più politiche di coesione.
Riconosce che molti territori in declino non traggono benefici dalla libertà di movimento e dal mercato unico  e che anzi in questi luoghi si vedono solo i lati negativi. Si nota che il brain drain, danneggia tanti territori, ipotecando lo sviluppo futuro di quelle aree; e che bisogna favorire il rientro o aiutare questi territori a trattenere i talenti."

“Gli eccessivi squilibri territoriali interni dovrebbero essere visti come una minaccia simile a quella degli sviluppi macroeconomici”
Ovviamente la nuova Commissione non ha recepito questi suggerimenti nei programmi di ogni commissario e vice presidente, almeno leggendo le lettere di incarico spedite dalla presidente Van der Layen.
Mentre "Servirebbe una campagna di mobilitazione a livello europeo, di concerto con le forze politiche e sindacali, per riportare questo tema nel ragionamento.

Quanto alle Istituzioni locali: afferma Lunetto,  "gli amministratori di prossimità sono quelli che vivono più di tutti le criticità che una politica emergenziale provoca e la mancanza di risorse dovute ai tagli centrali e al contrasto allo spopolamento. Ma -secondo noi- rimangono gli attori principali di qualsiasi cambiamento di rotta. Sia localmente con un ruolo di raccordo con la società civile e di stimolo nelle politiche di sviluppo e sociali, che a livello nazionale e regionale, che a livello comunitario, non solo per reperire fondi europei, ma per portare le rivendicazioni su quel piano. E su questo oggi ascolteremo diverse esperienze regionali"

Dalla parte dei Migranti: "bisogna che le comunità migranti non siano trattate come un corpo separato. Devono essere protagoniste come gli altri cittadini delle decisioni dei loro territori."

I Sindacati devono "rendere i migranti non ricattabili e con un quadro di diritti uguale ai lavoratori autoctoni; nessuna distinzione, perché le distinzioni favoriscono il padrone; non sono i migranti che abbassano i salari medi, ma sono i padroni che delocalizzano, che non fanno innovazione tecnologica che creano lavoro di bassa qualità. Bisogna riunire quello che precarietà e sfruttamento mettono in concor-renza."

Il mondo associativo e no profit"ha le capacità di elaborazione e azione capillare a livello territoriale. E può essere il “collante” ideale per il resto dei protagonisti coinvolti. Noi vogliamo essere di stimolo e un punto di riferimento per i soggetti coinvolti a livello territoriale e sovra regionale per lavorare insieme per cambiare questa situazione" dichiara il coordinatore nazionale della FILEF, che suggerisce:

"Bisogna mettere insieme un processo integrato e bisogna formulare delle proposte concrete.

– i costi sostenuti per la formazione di cittadini che vanno a creare valore in altre regioni della EU, dovrebbero essere compensati in qualche forma economica, scorporandolo dal calcolo del deficit o in qualche altro modo. Parliamo di un costo medio a studente di circa 100.000 per un diplomato, 160.000 euro per un laureato e di 250.000 per chi ha un dottorato di ricerca (dati Ocse di qualche anno fa).

– l’inclusione dei giovani delle ultime generazioni e della nuova emigrazione nei programmi di potenziamento delle competenze e del diritto allo studio (educazione, lingua e cultura) e in quelli volti al rafforzamento della Ricerca e Sviluppo.

– gli italiani all’estero vanno coinvolti nelle politiche di coesione sociale e territoriale, sia come fruitori di misure di accompagnamento e assistenza sia come attori di sviluppo locale in caso di rientro nelle regioni di esodo o nella costruzione di partenariati internazionali.

– garantire una libertà di movimento responsabile adeguando le legislazioni nazionale, regionali e comunitaria per l’emigrazione e la mobilità, attraverso servizi di informazione, formazione, orientamento e accompagnamento alla partenza e all’arrivo per i singoli, per le famiglie, per i figli al seguito; i comuni, i sindacati, le associazioni possono essere protagonisti.

– garantire il Diritto di reinserimento/integrazione al rientro attraverso programmi specifici di informazione, formazione, orientamento favorendo i territori marginali, non solo con incentivi fiscali, ma con misure attive gestibili con i fondi comunitari.

– le istituzioni locali devono costruire e mantenere relazioni stabili e non episodiche con la nuova emigrazione e con le più recenti generazioni, attraverso la programmazione e realizzazione di interventi mirati in diversi campi. Bisogna valutare il ritorno degli investimenti e non solo la spesa. E ovviamente pr tutto ciò serve un’ottica di lungo periodo.

– sviluppare reti di interazione sociale, culturale, economica per lo sviluppo delle aree di esodo coinvolgendo gli attori locali e quelli presenti all’estero.

– incentivazione al rientro e al reinserimento di emigrati come fattore di contrasto al declino demografico e come sostegno allo sviluppo locale che possa contare sulle competenze acquisite all’estero.

– varare programmi e progetti concependo nuova emigrazione e nuove generazioni stabilizzate all’estero, come agenti di internazionalizzazione e di cooperazione internazionale, a favore del sistema paese e dei sistemi produttivi regionali, in una prospettiva di cooperazione con i paesi di loro residenza.

Vanno cioè creati un corpus di norme o buone pratiche che favorisca la partecipazione e l’integrazione delle comunità migranti, sia di quelle in uscita che di quelle in ingresso, attivando anche tutti gli strumenti di cooperazione internazionale disponibili.

Queste considerazioni e indicazioni - ha precisato Lunetto - non sono teoriche: sono il portato di tante diverse iniziative svolte dalla Filef e da altre organizzazioni nel corso degli ultimi decenni, purtroppo non con la necessaria continuità: la riduzione di risorse pubbliche e la logica emergenziale a cui ho accennato, non ne hanno consentito uno sviluppo e una diffusione adeguata. Ma sono condivise da un ampio spettro di soggetti sociali e anche economici. E sono applicabili sia ai contesti emigratori che a quelli immigratori".

Per la FILEF " è nostro impegno approfondire anche su un piano tecnico-legislativo come può essere possibile ricostruire una coerente politica di valorizzazione dei cittadini migranti a favore della coesione e dello sviluppo territoriale e locale. Nella consapevolezza che ciò può costituire una elemento importante di resilienza rispetto alle dinamiche in corso e di un mondo più sensato, dove alle persone siano riconosciuti uguali diritti e dove le persone rappresentino, come effettivamente rappresentano, il fattore decisivo di ogni possibilità di crescita sostenibile, cooperativa, umana. " Per cui "Questa iniziativa può costituire un momento importante in questa direzione".

Iniziativa dalla quale "sono emerse una notevole mole di indicazioni e suggerimenti sul potenziale, possibile contributo che può venire dall’emigrazione e dall’immigrazione allo sviluppo locale. E l’intensità e la partecipazione profusa dai partecipanti provenienti da diverse città della Lucania, della Puglia e di altre regioni del centro-nord, di singoli ricercatori, operatori sociali e di rappresentanti di organizzazioni associative, sindacali e politiche a livello regionale e nazionale, ha dato la sensazione che certamente c’è molto da fare, ma che sotto questo profilo, la società civile e il mondo del no-profit appare matura e consapevole del campo istituzionale.... una maturità stratificatasi in decenni di intervento di molte organizzazioni sociali nell’accoglienza, nell’integrazione, nella valorizzazione delle competenze interculturali dei migranti, in definitiva, nella concreta possibilità che un fattore di squilibrio (come i flussi emigratori) possono, se opportunamente governati, trasformarsi, almeno parzialmente, in fattori di sviluppo, di arricchimento reciproco, di proiezione positiva anche in contesti marginali; o, quantomeno, di ridurre la polarizzazione tra aree fornitrici di emigrazione e le aree più sviluppate dove essi approdano, come ha ben esplicitato Pietro Lunetto, coordinatore nazionale della Filef, nella sua relazione introduttiva.

Per non rischiare di suonare la grancassa su quanto è bello lasciare il luogo in cui si è nati e cresciuti, anzi, al contrario, tenendo ben presente che se e quando ciò accade ci troviamo di fronte ad un salasso e drenaggio di risorse umane che impoveriscono i territori di partenza, la questione è come può essere praticabile – in un contesto che continua a produrre esodi di popolazioni causate da guerre, calamità varie o più prosaicamente da movimenti indisturbati di capitali che scorazzano a loro piacimento sul pianeta o tra regioni di uno stesso paese – una prassi e una politica di recupero di competenze che rischiano di essere altrimenti perdute e ciò vale sia per le energie in arrivo (gli immigrati) che per quelle in partenza o che sono già da tempo partite."  si legge nelle conclusioni del convegno, che invita ad: "una  governance intelligente e programmata dei fenomeni migratori. Un compito eminentemente politico che appare da una parte ovvio, quanto molto lontano dagli orizzonti attuali, dove una cultura di generale segmentazione sociale e del mondo del lavoro, aggravatasi con l’avvento del neoliberismo, pare non fornire chance: la riduzione della questione immigrazione a problema di sicurezza interna non consente certamente di approcciare il problema per il verso giusto e su questo le responsabilità politiche sono molto ampie. Il disinteresse e la dimenticanza del nuovo recente esodo emigratorio dall’Italia, rivenduto, quando va bene, come modernità indotta dalla globalizzazione, sono l’altro lato della medaglia.

Nel frattempo, il risultato di queste due patologie culturali è che non siamo in grado di frenare l’esodo di giovani, di ridurre il deficit demografico, di non mettere a valore le risorse rappresentate dagli immigrati. Soprattutto per quelle aree del paese che sono in declino o in grave crisi di spopolamento, come le aree interne tutte e quelle del meridione in particolare."

E’ su queste questioni "che si sono misurati gli interventi dei partecipanti al seminario Filef di Matera. A partire dall’esperienza della Filef Basilicata, esposta dal suo presidente Antonio Sanfrancesco, impegnata in importanti interventi di accoglienza di migliaia di giovani immigrati da molti paesi, inclusi minori non accompagnati, in tutto l’ultimo decennio. E la considerazione che se la pur fondamentale accoglienza non è poi accompagnata da adeguati interventi di integrazione, i giovani che arrivano se ne ripartono inevitabilmente per altri lidi, come hanno fatto e come fanno anche altre decine di migliaia di giovani lucani che si spostano nel nord Italia o all’estero. Con la conseguenza che tra due decenni, le proiezioni statistiche prevedono per questa regione una caduta massiccia di popolazione di quasi un terzo rispetto a quella di circa 600mila persone che era ad inizio secolo.

Si tratta di trend che riguardano molti altri territori del paese e non si capisce davvero se vi sia qualcuno o qualche settore sociale o politico che possa accampare qualche specifica convenienza da processi di questa natura. In realtà gli svantaggi e le ripercussioni sociali, economiche e politiche di queste tendenze riguardano tutti. Il crollo sociale che si preannuncia dovrebbe imporre un’inversione rapidissima di attenzione sia alle ragioni macroeconomiche e strutturali che producono queste tendenze (mercato del lavoro, politiche salariali, industriali, comunitarie), sia alle misure da prendere per contenerne gli esiti, in particolare in riferimento ai soggetti che ne sono coinvolti, in primis i giovani che se ne vanno e gli immigrati che arrivano e agli attori istituzionali, economici e sociali che invece possono e debbono intervenire (sia a livello ragionale che nazionale).

Su questo, gli interventi che si sono succeduti durante l’intera giornata di lavoro a Matera, hanno evidenziato una ampia casistica di misure già ora attivabili ed altre che non possono essere procrastinate nel tempo.

Contiamo di dedurne una sintesi nel corso dei prossimi mesi, partendo anche da altre esperienze consolidate ed attuate in altri contesti regionali (come quelle della Filef di Reggio Emilia, esposte nell’occasione da Stefano Morselli), o come quelle scaturite dalla discussione in corso a livello sindacale (Filippo Ciavaglia, Cgil e Cgie), o a livello parlamentare (on. Toni Ricciardi e on. Fabio Porta) o politico nazionale (Luciano Vecchi, PD), in parallelo con quelle più specifiche emerse dagli interventi di Francesco Salvatore, Assessore per la pianificazione strategica, turismo e cooperazione del Comune di Matera, di Michele Frascolla (Arci Basilicata), di Maria Beatrice Fucci (Futuridea, Benevento), di Massimo Angrisano (Filef, Napoli), di Fabio Sebastiani (Radio Mir, Roma), di Vito Antonio Leuzzi (Istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea, Bari) e Domenico Rodolfo (Filef, Bari), di Elisa Castellano (Filef, Roma), di Ninì Zagaria (Associazione Carlo Levi, Matera), di Luigi Scaglione (Coordinamento consulte regionali emigrazione), di Carmelo Bruni (Università Sapienza, Roma), di Mattia Vitiello (ISPPS-CNR, componente del comitato scientifico Filef), di Vittorio Stano (Filef, Brindisi) e di coloro che, pur presenti o in collegamento tlc dall’Italia e dall’estero, non sono potuti intervenire per l’esaurirsi del tempo. Segno che su questi temi c’è bisogno di tornare a incontrarsi e a discutere insieme." conclude la FILEF. (14/10/2024-ITL/ITNET)

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