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CULTURA ITALIANA NEL MONDO - MARINETTI 80 - IL TEMPO DEL FUTURISMO: DI MASSIMO OSANNA, DIRETTORE GENERALE MUSEI

(2024-12-03)

[...] Il Tempo e lo Spazio morirono ieri [...] Filippo Tommaso Marinetti, Manifesto del Futurismo, 1909

Afferma Massimo Osanna, Direttore Generale Musei, presentando la mostra "il futurismo" a Roma  "Il Futurismo è sinonimo dell’avanguardia moderna italiana, in quanto la più propulsiva istanza di rinnovamento artistico e intellettuale della prima metà del XX secolo nel nostro Paese. Ci si potrebbe domandare però – soprattutto in occasione della retrospettiva Il Tempo del Futurismo alla Galleria nazionale di arte moderna e contemporanea, a cui si accompagna questo catalogo – se considerarlo non solo, in questo senso, come straordinario episodio che appartiene solo al suo spazio e al suo tempo ma anche come la radice, il fondamento, l’archeologia della nostra stessa contemporaneità, e dei suoi scenari in divenire.

Il Manifesto del Futurismo, redatto e pubblicato da Filippo Tommaso Marinetti nel 1909, declama la
necessità di instaurare prospettive di futuro in un territorio impregnato di testimonianze del passato, di
innescare nell’ammirazione verso il passato l’ambizione di un’azione e di una creazione che sappiano
esprimere invece le volontà e sensibilità del presente.

Se “un automobile ruggente” può essere “più bella della Vittoria di Samotracia”, l’arte futurista potrà autorevolmente rappresentare, invece che le rovine di antiche civiltà, le espressioni di una civiltà ancora in costruzione: “il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l'orizzonte, le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aereoplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta”. Ovvero, più o meno, la “città che sale” di Umberto Boccioni, o le tante sintesi di tempo e spazio delle opere di Giacomo Balla, fra altri artisti e artiste."

Ed ancora "Oltrepassando la sua retorica ostile ai musei e alle accademie, il Manifesto di Marinetti e le coeve opere futuriste ci indicano l’insopprimibile necessità di impegnarsi, anzi di implicarsi, nel sostegno alla cultura del presente, di animarne il fermento perché essa sia e si mantenga viva. Come, del resto, lo
furono anche le culture del passato, almeno prima di diventare appunto documenti, memorie, oggetti
“da museo”. Verrebbe da dire che l’unico passato ammissibile per i futuristi sia quello in cui esso era il
presente. Forse quindi, più che sbarazzarsi dei musei e delle accademie, il Futurismo rivendica anche
per noi contemporanei la necessità che gli stessi sappiano corrispondere alle molteplici esigenze del
nostro presente facendosi catalizzatori del nostro futuro.

Inoltre, nella sua programmatica multimedialità e interdisciplinarietà, il Futurismo sembra tradursi in
matrice di quella creatività che, solo decenni dopo, si sarebbe definita come Made in Italy: al contempo
estetica e funzionale, teorica e pratica, in grado di coniugare riferimento e innovazione e di rimodellare
materiali e rifunzionalizzare tecnologie disponibili per elaborare contenuti o rispondere a necessità inedite.

Qualsiasi progetto dedicato al Futurismo, oggi, non potrà, quindi, che congiungere consapevolmente, come in questa mostra, arti visive, architettura, design industriale, ingegneria tecnologica, pubblicità e strategie grafiche e concettuali di comunicazione. Delineando un’arte che è composta, di fatto, da prototipi e di ipotesi di opere possibili, un’arte che si prospetta dal presente e della realtà al futuro e alla progettazione della realtà stessa.

Infine il Futurismo è stato emblema del riconoscimento dell’arte italiana nel mondo, il vessillo della
sua internazionalità. Non è un caso che, quando il critico Germano Celant cercò di convincere i giovani
mecenati Marcello e Lia Rumma a organizzare nel 1968 la prima mostra pubblica del neonato momento
dell’Arte Povera, egli scrisse che si trattava del primo movimento che avrebbe riportato l’arte italiana
in dialogo con il resto del mondo, dopo il Futurismo. Teorizzatore nel 1967 della “guerriglia” dell’Arte
Povera, ma anche curatore nel 2018 della mostra Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-
1943, Celant ci aiuta a connettere le molteplici avanguardie italiane del XX secolo e a cogliere il dato
al contempo di anticipazione e di continuità che il Futurismo vi rappresentò, riattivandosi e riadattandosi
nella sua intrinseca vitalità. Come recita il titolo di un’opera di Mario Schifano presente nella mostra –
e annoverabile fra i capolavori della coeva Pop Art italiana – il Futurismo si dispone di per sé stesso a
essere continuamente “rivisitato”, proponendosi come simbolo fervido, mobile, spontaneo, e persino
liberamente contraddittorio, di una modernità che non smette di interrogare l’antichità e la contempora- neità riportando a sé, per metterli in discussione e rilanciarli nuovamente, tutti i loro tempi e tutti i loro spazi.

La mostra Il Tempo del Futurismo restituisce, così, rilievo alla pervasiva attualità del movimento nella
società e cultura contemporanee, come traspare anche dalla proposta allestitiva. Le numerose opere,
distribuite nelle ali superiori della Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, occupano quasi
la metà delle sale espositive del museo. Tale generosità di spazio ne favorisce la fruizione in una sequenza ordinata di stanze e strutture divisorie ampie, dispiegando ? con andamento sinuoso ? le principali tematiche del progetto curatoriale.

Accolte, senza interferenze, nella monumentale architettura della GNAM, le opere danno vita ad un
intenso confronto tra due visioni coeve, molto diverse tra loro: le antitetiche interpretazioni del passato,
quella avanguardista di Marinetti e quella classicista di Bazzani, dalle quali emerge una comune visione
del futuro: grandiosa, luminosa e moderna.

  Il Tempo del Futurismo è quanto mai presente, quindi, è il tempo dell’oggi, dell’arte e della cultura contem- poranee, delle forme visuali e culturali del vivere moderno, che trovano concretizzazione plastica nella bella mostra qui organizzata dal Ministero della cultura." Massimo OsannacDirettore generale Musei. (03/12/2024- ITL/ITNET)

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