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CULTURA ITALIANA NEL MONDO - FRANCIA - LA PRIMA VOLTA DI CIMABUE AL LOUVRE, L'ARTISTA VISIONARIO PRECURSORE DEL NATURALISMO NELLA PITTURA OCCIDENTALE
(2025-01-10)
Gli anni 1280-1290 testimoniano un momento fondamentale, addirittura rivoluzionario, nella storia della pittura occidentale: per la prima volta un pittore cerca di rappresentare nelle sue opere il mondo, gli oggetti e i corpi che lo circondano così come esistono. Quest'artista visionario, di cui non sappiamo quasi nulla e di cui sono pervenute fino a noi solo una quindicina di opere, quest'artista è Cimabue (Firenze, 1240 circa - Pisa, 1301/1302).
La prima mostra "Revoir Cimabue. Aux origines de la peinture italienne" - dedicata dal Museo del Louvre, dal 22 gennaio al 12 maggio 2025, e di cui è curatore Thomas Bohl, responsabile del Dipartimento di Pittura, Museo del Louvre- è il risultato di due novità di grande importanza per il museo francese: il restauro della Maestà (1289)***, spesso definita “l'atto di nascita della pittura occidentale” e l'acquisi- zione nel 2023 di La Dérision of Christo,**** un pannello inedito di Cimabue riscoperto in Francia in una casa privata di un'anziana signora nel 2019 e classificato come Tesoro Nazionale dalla Francia.
Questi due dipinti, il cui restauro si è concluso alla fine del 2024, costituiscono il punto di partenza di questa mostra che, riunendo una quarantina di opere, mira a mettere in luce la straordinaria innovazione della sua pittura. Cimabue ha aperto la strada al naturalismo nella pittura occidentale. Con lui le convenzioni circa le rappresentazione ereditate dall'arte orientale, in particolare dalle icone bizantine, fino ad allora così apprezzate, lasciano il posto a una pittura inventiva, che cerca di suggerire uno spazio tridimensionale, corpi in volumi e modellati da membra sottili articolate, gesti naturali ed emozioni umane, così lontane dalla staticità dei periodi anteriori. Sviluppa anche una verve narrativa in precedenza attribuita ai suoi successori, Giotto e Duccio.
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La conoscenza di Cenni di Pepe, detto Cimabue, è molto scarsa, come ricorda il prologo della mostra: non conosciamo nemmeno il significato del suo soprannome e solo pochi documenti d'archivio permettono di identificare l'artista e di fornire rari punti di riferimento nel suo viaggio. Fu Dante, in un passo della Divina Commedia , a forgiarne il mito all'inizio del XIV secolo, da cui si originò il fascino che il nome di Cimabue eserciterà sui Medici fino ai giorni nostri. --------------------------------------------------------------
Il percorso della mostra si concentra sulla Maestà del Louvre : le novità che si manifestano in questo dipinto hanno portato alcuni storici dell'arte a qualificarlo come “atto di nascita della pittura occidentale”.
Cimabue testimonia in questa opera monumentale (4,27 x 2,8 m) , completata anch’essa intorno al 1280, la sua aspirazione a umanizzare le figure sacre e la sua ricerca illusionistica, in particolare nella resa dello spazio con il trono visto da un'angolazione
Il restauro ha reso possibile, oltre alla riscoperta varietà e sottigliezza dei colori (tra cui la brillantezza prodigiosamente luminosa degli azzurri tutti dipinti in lapislazzuli), la riscoperta di numerosi dettagli nascosti dalle ridipinture che mettono in risalto particolarmente evidente è il fascino di Cimabue e dei suoi committenti per l'Oriente, sia bizantino che islamico, come nel bordo rosso ricoperto di iscrizioni pseudoarabe e nel tessuto orientale che ricopre la spalliera del trono.
La realizzazione di un'opera monumentale come la Maestà pone la questione della bottega di Cimabue . Per il resto non sappiamo nulla ma si ritiene che Cimabue sia stato il maestro di Giotto e gli storici dell'arte suppongono che il grande pittore senese Duccio di Buoninsegna debba essere stato influenzato dalle creazioni del grande pittore fiorentino. Non tutti ne convengono ma è un dato di fatto che lo stile di Cimabue ha permeato molti artisti e la mostra permette di confrontare realmente le opere di diversi di loro, tutti desiderosi di suscitare il coinvolgimento emotivo dei fedeli. Eloquente è la vicinanza stilistica della Madonna Crevole di Duccio (Siena, Museo dell'Opera del Duomo) e della Maestà di Cimabue , nel delicato modellato dei volti della Vergine o nel gioco delle trasparenze.
Il percorso prosegue con la sezione costruita attorno al dittico di Cimabue , di cui il Louvre riunisce per la prima volta gli unici tre pannelli finora conosciuti (gli altri due sono conservati alla National Gallery di Londra e alla Frick Collection di New York). . La verve narrativa e la libertà mostrate da Cimabue in quest'opera dai colori cangianti, e in particolare nella Derisione di Cristo , ne fanno un importante e finora insospettabile precedente della Maestà di Duccio , capolavoro della pittura senese del Trecento. Cimabue si distingue in questo piccolo pannello di prodigiosa inventiva , ancorando la composizione alla vita quotidiana del suo tempo, osando vestire i personaggi con abiti del suo tempo. Riecheggia così le preoccupazioni dei francescani, promotori di una spiritualità più interiorizzata e immediata.
Il percorso si conclude con la presentazione del grande San Francesco d'Assisi che riceve le stimmate di Giotto, destinato alla stessa collocazione della Maestà del Louvre, del tramezzo (il tramezzo che separa la navata dal coro) di San Francesco da Pisa, e dipinto qualche anno dopo dal giovane e valente discepolo di Cimabue. Agli albori del XIV secolo , Duccio e Giotto , entrambi profondamente segnati dall'arte del grande Cimabue morto nel 1302, incarnano ormai le vie del rinnovamento nella pittura.
*** L'opera è conservata al Louvre di Parigi, dove è giunta a seguito delle spoliazioni napoleoniche.
Il dipinto, che si trovava nella chiesa di San Francesco a Pisa (dove lo videro Antonio Billi, l'Anonimo Magliabechiano e Giorgio Vasari), venne trasportato a Parigi nel 1812, durante l'occupazione napoleonica da Jean Baptiste Henraux, su interessamento diretto dell'allora direttore del Museo Napoleone, particolarmente desideroso di implementare le raccolte di pittura "primitiva" italiana. Fu oggetto delle spoliazioni napoleoniche. Dal 1814 fu esposta al Louvre. Dopo le restituzioni la grande tavola fece parte di quei circa 250 dipinti che rimasero in Francia.
Fu restaurata nel XIX secolo, mediante un intervento assai criticato che avrebbe portato ad una pulitura eccessiva del colore. Un ulteriore restauro fu compiuto nel 1937-1938.
La tavola fu ascritta a Cimabue, con maggiori o minori interventi di bottega, dalla maggior parte dei critici sin dall'Ottocento. Tra questi ci sono Wackernagel, Strzygowski, Sirén, Battisti, Nicholson, Gardner, Smart, Ayer, Thode, Frey, Adolfo Venturi, Berenson, Salmi, Toesca, Garrison, Lazarev, White, Sinibaldi, Ragghianti, Samek Ludovici, Salvini, Caleca e Bellosi. Propesero per una datazione giovanile Longhi, Volpe, Marcucci, Bologna. L'attribuirono a un seguace Aubert e van Marle. Negarono del tutto l'autografia Da Morrona, Douglas, Suida, Soulier e Sindona (alcuni di essi però la videro prima del restauro del 1937-38, e in un periodo in cui non erano ancora stati chiariti i confini attributivi con Duccio e la sua cimabuesca Madonna Rucellai). Battista, che la ipotizzava realizzata quando Cimabue era a Pisa per i mosaici del Duomo, pensò a un'opera avviata dal maestro e conclusa, con qualche travisamento, da altri pittori.
**** La Dérision of Christo: un dipinto del XIII secolo trovato sopra i fornelli della cucina di un’anziana donna francese e successivamente venduto all’asta per 24 milioni di euro, e piu' tardi acquistato dal Louvre dopo un divieto di esportazione.
Il museo parigino rappresenta una delle opere più antiche della sua collezione prerinascimentale (1280) e si ritiene che sia uno degli otto pannelli di un grande dittico, cinque dei quali sono ancora mancanti.
Il dipinto era destinato alla discarica durante uno sgombero della casa dell'anziana signora, quando la famiglia del proprietario chiamò un esperto per verificare se ci fosse qualcosa di valore nella proprietà. Pensando che l’opera potesse valere fino a 400.000 euro, l’esperto l’ha inviata a uno specialista d’arte di Parigi che l'ha riconosciuta: un autentico Cimabue.
Nel 2019, il Louvre sperava di acquistare il dipinto all’asta, avendone stimato un valore tra i 4 e i 6 milioni di euro ma l’offerta record di 19,5 milioni di euro, per un prezzo di vendita totale di 24 milioni di euro ha allontanato l'ipotesi. Tuttavia, il ministero della Cultura francese ha prontamente dichiarato l’opera “tesoro nazionale” e ha posto il dipinto sotto un temporaneo divieto di esportazione, dando al Louvre 30 mesi di tempo per raccogliere i fondi necessari all’acquisto. Né il Ministero della Cultura né il Louvre hanno, in seguito, fornito dettagli sull’importo pagato per il "Cristo deriso" o su come sia stato raccolto il denaro per acquistarlo, ma hanno dichiarato essersi trattato di una “mobilitazione eccezionale” per incoraggiare le donazioni da parte di mecenati a cui sono state offerte esenzioni fiscali.
Il Cristo deriso misura poco più di 25 cm per 20 cm e raffigura la derisione di Gesù prima della sua crocifissione. È dipinto su uno sfondo a foglia d’oro su un pannello di legno di pioppo.
Sono stati ritrovati solo altri due pannelli della serie: La Flagellazione di Cristo è conservata dalla Frick Collection di New York e La Vergine e il Bambino con due angeli custoditi dalla National Gallery di Londra. Nel complesso si conoscono solo una dozzina di opere attribuite a Cimabue, che non firmava i suoi dipinti.
**** La Maestà del Louvre è un'opera a tempera e oro su tavola di Cimabue, databile attorno al 1289. L'opera è conservata al Louvre di Parigi, dove è giunta a seguito delle spoliazioni napoleoniche.
Il dipinto, che si trovava nella chiesa di San Francesco a Pisa (dove lo videro Antonio Billi, l'Anonimo Magliabechiano e Giorgio Vasari), venne trasportato a Parigi nel 1812, durante l'occupazione napoleonica da Jean Baptiste Henraux, su interessamento diretto dell'allora direttore del Museo Napoleone, particolarmente desideroso di implementare le raccolte di pittura "primitiva" italiana. Fu oggetto delle spoliazioni napoleoniche. Dal 1814 fu esposta al Louvre Dopo le restituzioni la grande tavola fece parte di quei circa 250 dipinti che rimasero in Francia.
Fu restaurata nel XIX secolo, mediante un intervento assai criticato che avrebbe portato ad una pulitura eccessiva del colore. Un ulteriore restauro fu compiuto nel 1937-1938.
La tavola fu ascritta a Cimabue, con maggiori o minori interventi di bottega, dalla maggior parte dei critici sin dall'Ottocento. Tra questi ci sono Wackernagel, Strzygowski, Sirén, Battisti, Nicholson, Gardner, Smart, Ayer, Thode, Frey, Adolfo Venturi, Berenson, Salmi, Toesca, Garrison, Lazarev, White, Sinibaldi, Ragghianti, Samek Ludovici, Salvini, Caleca e Bellosi. Propesero per una datazione giovanile Longhi, Volpe, Marcucci, Bologna. L'attribuirono a un seguace Aubert e van Marle. Negarono del tutto l'autografia Da Morrona, Douglas, Suida, Soulier e Sindona (alcuni di essi però la videro prima del restauro del 1937-38, e in un periodo in cui non erano ancora stati chiariti i confini attributivi con Duccio e la sua cimabuesca Madonna Rucellai). Battista, che la ipotizzava realizzata quando Cimabue era a Pisa per i mosaici del Duomo, pensò a un'opera avviata dal maestro e conclusa, con qualche travisamento, da altri pittori.
Catalogo della mostra : sotto la direzione di Thomas Bohl, co-pubblicato Musée du Louvre éditions / Silvana Editoriale, 256 pagine, 170 illustrazioni, €42.
Un documentario presenterà la mostra su Arte' "Da Cimabue a Giotto, la rivoluzione dei corpi , dir. : Juliette Garcias. 2024, 52 minuti. Coprodotto. Museo del Louvre, CFRT e ARTE. Trasmissione su ARTE il 27 gennaio 2025.
LL'AUDITORIUM MICHEL LACLOTTE Mentre una Conferenza all'auditorio Michel Laclotte verrà tenuta dal curatore della mostra Thomas Bohl lunedì 3 febbraio alle 12:30 e alle 19:00.
Mentre un "Incontro con Cimabue e i francescani" è previsto a cura di Holly Flora, Tulane University (Stati Uniti), Giovedì 27 febbraio alle 19:00. (10/01/2025-ITL/ITNET)
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