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CULTURA ITALIANA NEL MONDO - FOTOGRAFIA - LA MOLE VANVITELLIANA DI ANCONA OFFRE AI VISITATORI IL "CANTO DELLE STAGIONI" ANTOLOGICA DEDICATA A GIORGIO CUTINI FRA I PROTAGONISTI PIU' SIGNIFICATIVI DELLA RICERCA FOTOGRAFICA ITALIANA
(2025-07-02)
La Mole Vanvitelliana di Ancona presenta, dal 18 luglio al 30 settembre, la mostra Giorgio Cutini. Canto delle stagioni, una grande antologica dedicata al fotografo perugino, uno dei protagonisti più significativi della ricerca fotografica italiana, che ne ripercorre alcune tappe essenziali .
La mostra, curata da Gabriele Perretta, organizzata dal Consiglio Regionale delle Marche, in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura del Comune di Ancona, presenta oltre 200 opere fotografiche, molte delle quali inedite, che rivelano il contesto intuitivo e concettuale nel quale sono state scattate.
"Canto delle stagioni" è una mostra pensata come percorso di introspezione artistica e umana assoluta-mente personale, ma anche un viaggio universale dello sguardo dell'artista attraverso le età dell'uomo.
L'esposizione si snoda nelle sale della Mole Vanvitelliana seguendo una suddivisione tematica, focalizzata sulle serie e su quelle immagini che hanno costruito la cifra stilistica più caratteristica di Giorgio Cutini, che da sempre evita i luoghi comuni e mette in discussione i presupposti visivi dell'istantaneo contem-poraneo. Nella sua profonda e continua fuga dall'ordinario non ci sono solo ritratti di cose, oggetti o realismi effimeri: le sue fotografie documentano quello che il paesaggio si muove nell'animo, in scatti sempre espressivisti e visionari, in cui il suo occhio intellettuale si interessa e si incuriosisce di ciò che lo circonda.
Tra le serie presenti in mostra c'è Inquietudine, che racconta come l'eccellenza della natura e delle cose soggioghi l'artista e si sottragga costantemente al suo tentativo di controllo, facendo convivere uno stato di eccitazione, meraviglia e disagio; viene messa in dubbio la sicurezza della tecnica e della duplicazione del reale, e nascono così le condizioni per la scoperta di nuove possibilità espressive.
"Silenzio" è la serie in cui Cutini tende con sempre maggiore decisione al bianco e al nero assoluti: qui l'immagine del padre perduto in tenerissima età diventa occasione di riflessione sull'irriducibile assenza di cui vive la fotografia. Il silenzio è vertigine, indagato dall'artista negli spazi sovrumani di un Appennino che diventa metafora di uno stato dell'anima, disposta a misurarsi con un silenzio potenzialmente defini-tivo.
"Giorgio Cutini ha fissato le intensità del grigio, del nero, ma anche gli intervalli armonici, il pensiero senza parole, l'ombra del vento, tenendo sempre la physis come spazio privilegiato per l'osservazione della realtà, oltre che del suo paesaggio agreste. Giorgio Cutini 'tratta' il suo lavoro come un manifesto, espo-nendo le sue convinzioni in maniera diretta, vera e colta, rivoluzionando così il ruolo della fotografia e di quella che oggi, in maniera negativa, è precipitata nel contraddittorio post-fotografico .” - spiega il cura-tore della mostra Gabriele Perretta.
La "solitudine" è un tema frequente nella poetica di Cutini: la si trova quando la maturità esige un momento di sosta, un faccia a faccia diretto, che trova risposte solo nella solitudine, nell'opzione di un rapporto personale e individuale. Un rapporto esemplificato nella serie Egl'io , dove la natura è protagonista tanto quanto l'artista: Cutini, infatti, interpella l'archetipo dell'albero in dialogo con se stesso, portando all'estremo il bisogno di identificazione con il paesaggio naturale e con la ricerca di una riflessione interiore.
"Requie(m)" è il lavoro più recente del fotografo, spazio di quiete e di essenziale spiritualità che costruisce un'immagine di una minima riconoscibilità che contiene insieme un concetto di finito e infinito, di armonia dei paesaggi interiori approfonditi da dettagli simbolici e naturalistici. In questi scatti si mantiene una tensione tra definitivo annientamento della rappresentazione e rivelazione di figure al di là dell'inganno consueto del reale; il nero è il colore dominante e non è negazione radicale della fotografia, bensì rivelazione, per dire allo spettatore che c'è ancora la speranza di un'immagine possibile.
Afferma Gabriele Perretta: "Tutto quello che l'autore scatta si identifica con lui, comprendendo nella sua identità anche una fase di compenetrazione col paesaggio, ovvero il geologico, la vegetazione e la terra. "Il Canto delle stagioni" espositivamente si articola come metafora percettiva nella sua interezza e, al tempo stesso, è anche un viaggio fatto di visioni o di affreschi dell'immaginazione. Il viaggio si ammanta della dimensione dell'infinito, ossia dell'oltre, dell'incommensurabile e del dialogo con l'altro .”
Accompagna la mostra un catalogo, Editore Ephemeria, con testi di Gabriele Perretta, Gilberto Marconi. Flavia Orsati, Enzo Carli, Giorgio Cutini. (02/07/2025-ITL/ITNET)
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