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ECONOMIA ITALIANA - INDUSTRIA - CSC CONFINDUSTRIA: 333 DIPENDENZE CRITICHE ESTERO, 9% VALORE IMPORT (17 MLD EURO), 50% STRATEGICHE, AD ALTO RISCHIO GEO-POLITICO. 62 PRODOTTI FORTE CRITICITA' (5 MLD IMPORT)

(2023-08-01)

  Gianluca Fiorindi, Cristina Pensa, Matteo Pignatti, Chiara Puccioni sono gli autori dell'ultima nota economica del Centro Studi di Confindustria di rilevante interesse per 'leggere' con maggior cognizione di causa le dinamiche internazionali del  nostro Paese sia sul piano economico-produttivo che politico.

La tensione tra apertura commerciale e autonomia nazionale emerge nei periodi di più rapida trasformazione, come quello attuale, guidata dall’aumento delle distanze geopolitiche tra paesi e dalla doppia transizione economica, green e digitale.

Il modello di sviluppo italiano è fondato sull’attività manifatturiera, cioè di trasformazione di materie prime e semilavorati, anche importati. Più di un terzo del manifatturiero italiano partecipa alle catene globali del valore, che amplificano gli effetti degli shock tra nodi produttivi.

Il Centro Studi Confindustria ha identificato con un elevato livello di dettaglio merceologico le dipendenze critiche delle catene di approvvigionamento dei paesi UE dall’estero. In questa Nota, il focus è sulle forniture dell’industria italiana di input intermedi e beni di investimento.
L’individuazione dei prodotti critici è ottenuta selezionando tra i prodotti importati quelli che sono più vulnerabili sulla base di tre criteri: pochi fornitori extra–UE e con una elevata quota di mercato in Italia, scarsa sostituibilità con l’export italiano e con gli scambi intra-UE.

Da questa prima selezione, risultano 333 prodotti critici, per i quali l’industria risulta stabilmente vulnerabile negli ultimi anni, che rappresentano circa il 9% del valore dell’import italiano (circa 17 miliardi di euro).
La filiera industriale più interessata è quella delle commodity, chimica ed energia, seguita dai trasporti; come varietà di prodotti si aggiungono anche il tessile e i metalli. La Cina è di gran lunga il maggiore fornitore di prodotti critici per l’industria: 25% in valore (principalmente ICT) e 22,5% in varietà (soprattutto nel tessile).

In secondo luogo, si aggiungono due ulteriori criteri di selezione, legati alla strategicità e al fattore geopolitico. Un prodotto si definisce strategico per un paese se è indispensabile per le transizioni green e digitale o per la sicurezza nazionale o per la tutela della salute delle persone. Inoltre, è importante quantificare anche i rischi politici e climatici  nei paesi di fornitura (in base agli indicatori SACE).

Dei prodotti critici per l’industria italiana, poco meno della metà si può definire strategica, per oltre 10 miliardi di euro (61% dell’import critico). Si tratta principalmente di minerali, metalli o altre materie prime (coinvolti nella transizione verde) e di prodotti farmaceutici e principi attivi.

Infine, quasi la metà delle forniture critiche dell’industria italiana si può definire ad alto rischio geo-politico o climatico, soprattutto nelle filiere dei trasporti, del tessile e dell’agroalimentare, e anche dell’ICT, media e computer.

Intersecando i criteri di selezione per strategicità e per rischio, infine, otteniamo una lista finale di 62 prodotti forte-mente critici per l’industria italiana, che attivano circa 5 miliardi di import (ben il 38,5% di quello critico). Riguardano soprattutto le filiere dell’ICT e dei trasporti.

Nella definizione delle politiche europee è necessario individuare le criticità del sistema industriale, distinguendo tra materie prime e semilavorati, per promuovere scelte strategiche. Occorre: favorire l’integrazione europea nei segmenti di mercato già coperti (estrazione, trasformazione, prodotti finiti); definire obiettivi “tecnologicamente” raggiungibili, con lo stanziamento di risorse adeguate; rafforzare le filiere prioritarie, anche grazie ad accordi di collaborazione industriale con paesi terzi.

LE DIPENDENZE CRITICHE DELL'INDUSTRIA ITALIANA 
Nel complesso, le dipendenze critiche dell’Italia così definite si aggirano intorno al 16% del totale delle importazioni in valore nel periodo 2012-2021 (29 miliardi di euro circa su 187 in media all’anno) e intorno al 7% come varietà di prodotti rispetto a tutte le tipologie importate (370 prodotti su 5.042).

In particolare, per caratterizzare le forniture critiche per l’industria italiana, nel terzo step si considerano solo i beni destinati alle imprese (intermedi e di investimento), escludendo quelli di consumo, e sono selezionati i prodotti che risultano critici nella maggior parte degli ultimi anni .

L’insieme delle forniture critiche all’industria, così definite, rappresenta in media circa il 9% del valore delle importazioni italiane (17 miliardi di euro) e circa il 7% come numero di diverse tipologie di prodotti importati (333) tra il 2018 e il 2021.

Questi prodotti si concentrano, in valore, nella filiera dei trasporti (23% del totale dei prodotti critici, soprattutto produzione di ferro e acciaio; Figura D), di cui però sono relativamente poche le varietà di prodotto (solo il 9% del numero totale), e nella filiera commodity, chimica ed energia (22% dei prodotti critici, principalmente prodotti chimici di base). Seguono la filiera dell’agro-alimentare e dell’ICT (computer e periferiche, componenti e schede elettroniche), con quote intorno al 15-18%, e quella delle costruzioni e metalli di base e del tessile, con quote in valore intorno al 10%. Nell’ambito del tessile, in particolare, sono numerose le tipologie di prodotti critici, 23%, ma in quantità ridotte o mediamente poco costosi. La filiera della salute, infine, rappresenta il 5% del totale del valore dell’import critico.

L’industria italiana dipende dalle forniture cinesi Tra i paesi di provenienza dell’import critico dell’industria spicca la centralità della Cina, che rappresenta il primo fornitore per circa il 23% dei prodotti, come numero di diverse tipologie, che valgono oltre il 25% del valore dell’import critico, quasi 3,4 miliardi di euro all’anno in media tra il 2018 e il 2021. Seguono a distanza gli Stati Uniti, primo fornitore del 10% del totale delle varietà dei prodotti critici, che valgono però solo il 6% del totale, l’India e la Turchia (8-10% circa dei prodotti), l’Ucraina e la Svizzera (1-4% delle varietà, ma tra il 9 e l’11% in valore).

QUALI DIPENDENZE DA CINA E STATI UNITI ?

La vulnerabilità dell’industria italiana dalla Cina è concentrata, in valore, nei prodotti dell’ICT, per circa il 47% del valore dell’import critico per cui la Cina è il primo fornitore; si tratta di pochi prodotti (solo il 2% come varietà totale), che consistono in particolare in prodotti utilizzati nella fabbricazione di computer e prodotti chimici utilizzati in ambito fotografico. In termini di numerosità, invece, primeggiano i prodotti del tessile (31% sul totale delle tipologie, 18% in valore), che invece sono molto differenziati. Le altre filiere rilevanti riguardano i trasporti (16% in valore, 11% come varietà) e le costruzioni, legno e metalli di base (14% in valore).

Del totale del valore dell’import critico per cui gli USA sono il primo fornitore, invece, il 44% sono prodotti della salute (che però pesano solo il 6% come numero di prodotti; si tratta soprattutto di ormoni, in particolare insulina), e circa il 31% nella filiera delle commodity (che sono primi per varietà, 47% del totale) e della filiera delle costruzioni.


"QUALI PRODOTTI SONO STRATEGICI ?

Tra i prodotti vulnerabili si possono isolare quelli strategici, cioè quell’insieme di prodotti che sono ritenuti indispensabili per garantire la sicurezza nazionale e la tutela della salute, oppure sono fondamentali per le ricadute sul sistema economico del paese. In particolare, sono inclusi quei beni intermedi o capitali determinanti per la realizzazione della transizione energetica e di quella digitale, che a loro volta rafforzano la capacità competitiva (che deve essere eco-sostenibile) dell’industria e dei servizi.

Per includere nell’analisi il maggior numero possibile di potenziali prodotti strategici e di considerare non solo le materie prime ma anche semi-lavorati e beni di investimento, e quindi tutta la catena del valore, in una visione olistica che permetta di individuare dipendenze strategiche anche di natura tecnologica, sono utilizzate diverse fonti istituzionali che hanno compilato una lista di prodotti strategici: la Commissione europea, l'International Trade Administration (ITA, un’agenzia del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti che promuove le esportazioni di servizi e beni statunitensi non agricoli) e l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).

Dall’unione dei prodotti individuati da queste tre fonti, individuiamo per l’Italia 148 prodotti strategici dei 333 critici, cioè il 44% circa delle varietà e il 61% circa del valore di tutti i prodotti critici, così classificabili: minerali, metalli e altre materie prime critiche; farmaci e principi attivi; prodotti della chimica; combustibili fossili; legno; altro (non classificabili nelle categorie precedenti).

La categoria più numerosa e di elevato valore aggregato è quella dei minerali, metalli e altre materie prime critiche (45% come numerosità, il 32% in valore) principalmente utilizzati nella produzione di ferro e acciaio, seguiti dai prodotti farmaceutici e dai principi attivi (20%, pari al 25% in valore) e da altri prodotti strategici (che sono il 18% delle varietà ma valgono il 40%), in prevalenza coinvolti nella produzione di computer e apparecchiature periferiche, nella costruzione di navi e strutture galleggianti e nella fabbricazione di carta e cartone (Figura E). Minore invece la quota rappresentata dai prodotti della chimica, che comunque rappresenta il 14% di tutte le tipologie di prodotti critici (2% in valore), e di combustibili fossili e legno (che oscillano tra lo 0 e il 2%).

Come filiere, quelle maggiormente interessate dalla presenza di prodotti strategici rispetto al totale dell’import di prodotti critici sono, in ordine di importanza, quelle della salute, dell’ICT (oltre il 90% in valore ma intorno al 50% come varietà), delle commodity e dei trasporti (circa l’85% in valore e tra il 60-80% come varietà) e delle costruzioni (oltre il 60% sia in valore sia in varietà). Al contrario, la filiera del tessile e della difesa non sono coinvolte.

Prendendo in esame i principali fornitori di tutti i prodotti critici, del valore dell’import proveniente da Russia, Svizzera e Brasile sono considerabili strategici quote superiori al 90%. Come varietà, però, solo Svizzera e Russia mantengono una prevalenza strategica. Molto alte le quote in valore anche per Giappone, Ucraina, Cina e Stati Uniti, che superano tutti il 60%, mantenendosi su circa la metà in valore, mentre dai restanti paesi sono strategiche quote tra il 15% e il 45% in valore e intorno al 30% come varietà, ad eccezione del Canada.

In termini di quote sul totale dell’import strategico altre due nazioni meritano di essere menzionate: gli Emirati Arabi Uniti, da cui tutto l’import critico si può considerare strategico e rappresenta l’8% del valore totale dell’import strategico e il Regno Unito, del cui import critico ben l’85% in varietà si può considerare strategico, che rappresenta, per numero di prodotti, il 6% di tutto l’import strategico.

MATERIE PRIME CRITICHE E STRATEGICHE 

Tra le diverse classificazioni dei prodotti strategici merita particolare attenzione quella dei Minerali, metalli o e altre materie prime critiche, poiché diversi sforzi di policy vanno nella direzione di alleviare le dipendenze proprio in quest’area.

In particolare, il Critical Raw Materials Act presentato a metà marzo 2023 dalla Commissione europea prevede una serie di azioni «per garantire l’accesso dell’UE a un approvvigionamento sicuro, diversificato, accessibile e sostenibile di materie prime essenziali», indispensabili per raggiungere gli obiettivi prefissati in ambito climatico e digitale attenuando i rischi per le catene di approvvigionamento legati a tali dipendenze strategiche.

Tra i 148 prodotti strategici, 67 sono materie prime (45%), e valgono ben il 32% dell’import strategico. Si tratta di minerali (20 prodotti), metalli (18), prodotti chimici (16) e metalli ferrosi (13). In valore, i prodotti che contano di più sono prodotti afferenti alla produzione di ferro e acciaio (quasi l’80%) mentre come varietà contano circa il 20%, molto vicini comunque alle due categorie più numerose dei prodotti chimici di base e dei metalli di base preziosi e altri metalli non ferrosi.

I PRODOTTI ESTREMAMENTE CRITICI: STRATEGICI E A RISCHIO:

Il rischio di interruzione dell’approvvigionamento di prodotti critici da fornitori esteri può essere influenzato da dinamiche di natura politica (per esempio instabilità politico-istituzionale o atti di violenza politica) o ambientale (ad esempio eventi naturali estremi) registrate in quei paesi.

Per misurare i rischi politici sono stati utilizzati alcuni degli indicatori SACE, elaborati nell’ambito delle diverse attività di analisi del rischio paese: in particolare, l’indicatore di rischio violenza politica, guerra e disordini civili e l’indicatore di rischio esproprio, confisca e nazionalizzazione. Per l’analisi dei possibili rischi di eventi climatici estremi nei paesi fornitori, invece, sono stati utilizzati gli indicatori di climate change risk, sviluppati da SACE in collaborazione con Fondazione Enel, tesi a misurare l’esposizione dei contesti ambientali e socioeconomici di riferimento ad eventi come le alte temperature, le fragilità idrogeologiche e le tempeste.

Utilizzando contemporaneamente l’indice di rischio geo-politico e quello di rischio climatico si selezionano quindi, infine, i prodotti strategici e ad alto rischio, politico o ambientale. Senza la pretesa di identificare un unico indice sintetico di entrambe le tipologie di rischio, si incrociano le dimensioni della strategicità e del rischio, in modo da ottenere una lista di prodotti su cui indirizzare più urgentemente l’attenzione del decisore pubblico.

I prodotti ad alto rischio rappresentano poco meno della metà dei prodotti critici, il 46% come numerosità e il 49% in valore. Includendo la dimensione strategica, si ottiene un insieme di 62 prodotti estremamente critici, perché allo stesso tempo strategici e quindi appartenenti a categorie di particolare interesse per lo sviluppo industriale italiano e provenienti da un set di paesi che complessivamente determinano un elevato profilo di rischio, geopolitico e/o climatico.

I prodotti strategici a maggior rischio rappresentano, nonostante siano in numero ridotto, ben il 38,5% del totale del valore dei prodotti critici, mentre sono solo il 18,6% come varietà.

Inoltre, 27 di questi prodotti sono materie prime. Essi costituiscono la maggior parte, in valore, delle dipendenze strategiche nelle materie prime (circa il 70%). Sono soprattutto prodotti per cui l’Ucraina o la Russia sono il primo fornitore, mentre come numerosità sono principalmente prodotti il cui fornitore più rilevante è la Cina, la Turchia o gli Stati Uniti.

I prodotti più critici tra i critici e a maggior rischio di interruzione di fornitura sono principalmente prodotti ICT (prodotti chimici per la gomma-plastica ed elettronici) e nei trasporti (soprattutto nella produzione di ferro e acciaio).

Infatti, se misurati in valore, la filiera per cui la quota di gran lunga maggiore di importazioni critiche è sia strategica sia ad alto rischio è quella dell’ICT (93%), seguita da quella dei trasporti e delle costruzioni (rispettivamente 56% e 44%). Quasi trascurabili invece le quote delle altre filiere.

Come varietà di prodotti invece, le quote si agirano intorno al 25-30% per tutte le filiere tranne per quella della salute (8%) e dell’agro-alimentare (4%). Nessuno di questi prodotti estremamente critici rientra nella filiera del tessile o in quella della Pubblica Amministrazione e della difesa.

Tra i principali fornitori di import critico, risultano naturalmente assenti in quest’ultima selezione i paesi a medio-basso rischio (politico o climatico), come Stati Uniti, Canada, Giappone e Svizzera, ma anche Brasile e Indonesia. Da Russia e Ucraina, si tratta invece in prevalenza di import sia strategico sia ad alto rischio; sono quindi prodotti per cui non solo questi due paesi risultano i fornitori principali, ma per cui gli altri fornitori o ricoprono quote molto piccole o sono comunque paesi “rischiosi”. Dell’import che proviene dalla Cina, oltre la metà in valore è sia strategico sia a rischio geopolitico o climatico, ma la quota scende molto come varietà di prodotti. Da Egitto e Turchia l’import estremamente critico si aggira tra il 30-40%, mentre per l’India le quote sono molto più basse, sotto il 15%. (01/08/2023-ITL/ITNET)

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