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SICUREZZA SOCIALE - ITALIA /MOLDOVA - FIRMATO ACCORDO BILATERALE DI SICUREZZA SOCIALE . AL CENTRO TOTALIZZAZIONE CONTRIBUTI PREVIDENZIALI.
(2024-10-31)
Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali italiano Marina Calderone e il Ministro del Lavoro e della Protezione Sociale della Moldova Alexei Buzu hanno firmato oggi a Roma l’Accordo bilaterale in materia di sicurezza sociale, che prevede la possibilità di totalizzazione dei contributi previdenziali.
“Si tratta di un segnale di attenzione nei confronti degli interessi dei cittadini italiani e moldavi, della comunità moldava in Italia, un contributo alla crescita della collaborazione economica e sociale tra i nostri Paesi. Un segno concreto del sostegno italiano al percorso europeo della Moldova” ha commentato il Ministro Calderone.
L’edizione 2022 dei Rapporti nazionali sulle principali Comunità straniere in Italia segnala le presenze moldave in Italia come fenomeno relativamente recente. I primi flussi in ingresso sono da collegare alla crisi economica e politica che è seguita all’indipendenza dall’Unione Sovietica che ha spinto la popola- zione a ricercare all’estero occasioni di sostentamento a causa dei crescenti livelli di disoccupazione e povertà. Destinazioni privilegiate sono stati i Paesi dell’Europa Orientale (Russia, Israele, Turchia e Ucraina), mentre nell’Europa Occidentale ha prevalso l’area mediterranea (Italia, Spagna, Portogallo e Grecia), con una suddivisione tendenziale tra le due rotte che vede generalmente i cittadini provenienti dai territori rurali del Paese, soprattutto uomini, emigrare verso est, mentre quelli provenienti delle aree urbane, in prevalenza donne, dirigersi principalmente verso ovest.
Le migrazioni verso il nostro Paese furono facilitate da diversi fattori: in primis la prossimità geografica e la relativa facilità nel raggiungere i confini italiani; l’elevato livello di benessere e la migliore qualità della vita in Italia; l’origine neolatina che le due lingue condividono nonché la vicinanza con la cultura romena, di cui l’Italia ospita un gran numero di immigrati . Proprio la presenza di una forte comunità romena rende tutt’oggi difficile stimare la reale entità della comunità moldava in Italia, a causa del fenomeno diffuso della doppia cittadinanza: si stima che circa 300mila cittadini moldavi acquisirono la cittadinanza romena prima del 2001, anche in vista dei vantaggi per la circolazione nell’Unione Europea.
Visti i forti legami storici e culturali tra i due Paesi, è stata lasciata infatti aperta la possibilità ai cittadini moldavi di acquisire anche la cittadinanza romena purché fossero in grado di dimostrare la residenza in Romania dei propri avi prima del 1918 (quando la Moldova divenne parte della Romania).
Circa le caratteristiche ed il grado d’integrazione sociale della popolazione migrante, nel caso della comunità moldava gli indicatori mostrano buoni livelli di integrazione, evidenziando come sia stato raggiunto un buon grado di stabilizzazione nonostante una storia migratoria piuttosto recente.
La comunità moldava risulta decima per numerosità, tra le principali di cittadinanza non comunitaria, i moldavi regolarmente soggiornanti in Italia al 1° gennaio 2022 erano infatti 113.579. Rispetto all’anno precedente, in controtendenza con il generale andamento delle presenze extra UE, i cittadini moldavi regolarmente presenti fanno rilevare un lieve calo: -0,5%. La comunità moldava è l’unica, insieme all’ecuadoriana, a veder diminuire le presenze sul territorio italiano. La comunità moldava di Italia è la più grande dell'Unione Europea, seguono quella romena e quella spagnola. . Fortemente concentrata nel Nord del Paese, dove si trova il 77% della comunità, in particolare nel Veneto, prima Regione, che ne accoglie il 26,5% (per il complesso dei non comunitari la quota scende al 10%); segue l’Emilia-Romagna, dove si trova il 22% dei cittadini moldavi, e la Lombardia, con una per- centuale pari a 16,2%.
Si trova nel centro Italia un quinto della comunità, con una significativa presenza nella regione Lazio (11,3%).
La presenza nel Mezzogiorno, invece, riguarda il 3% della popolazione moldava, evidenziando solo una maggiore, seppur debole presenza nella regione Campania, che accoglie l’1,1% della collettività. L’elevata presenza nelle Regioni del Nord del Paese, nonché la concentrazione specifica nell’area veneta, indicano difatti un processo di stabilizzazione da collegare evidentemente con le opportunità offerte in termini di reddito e occupazione da questi territori..
La comunità moldava è molto sbilanciata sotto il profilo del genere: le donne rappresentano più del 67% e gli uomini il restante 33% circa. È infatti tra le principali collettività extra europee la quinta per il più elevato grado di squilibrio di genere a vantaggio della componente femminile: 34,3%. Sia l’equilibrio della composizione per genere che la distribuzione della popolazione per classi d’età sono importanti segnali di integrazione di una comunità nel territorio in quanto indicano la presenza di ricongiungimenti familiari e nascite che si verificano solo una volta raggiunto un adeguato livello di stabilità socio-economica. Nel caso della comunità moldava la netta prevalenza femminile evidenzia, con ogni probabilità, la mancanza di progetti migratori di tipo familiare, a favore di un modello circolare: chi ha intrapreso il percorso migratorio mantiene un legame forte con il Paese di origine, dove è rimasto il nucleo familiare e ne supporta il sostentamento attraverso le rimesse.
La comunità moldava, con un’età media pari a 39 anni e una quota di over 60 pari al 14%, risulta decisamente più matura della complessiva popolazione non comunitaria nel Paese (età media 36, over 60: 10,2%). Tuttavia, la distribuzione per classi di età della popolazione moldava in Italia risulta più equilibrata rispetto a quella della popolazione italiana (grafico 1). In particolare, è evidente una maggiore incidenza delle classi di età produttive, dato che esplicita l’impatto positivo della presenza straniera, considerata la crisi demografica in atto nel Paese: il rapporto sempre più sbilanciato tra giovani e anziani (a favore di questi ultimi), dagli evidenti risvolti economico-sociali, trova un fattore di riequilibrio grazie all’apporto della popolazione migrante.
Come accennato, la comunità si caratterizza per una significativa concentrazione nella fascia di età più adulte: il 39% circa ha un’età superiore ai 45 anni (a fronte del 32% circa rilevato sul complesso dei non comunitari). Colpisce in particolare la forte presenza di donne mature: il 17,6% delle donne moldave ha un’età superiore ai 60 anni, a fronte del 6,7% degli uomini. Si tratta di un dato da collegare alla storia migratoria della comunità, che ha visto generalmente quali prime protagoniste donne, giunte nel nostro Paese per rispondere alla domanda di lavoro nell’ambito dei servizi di cura e assistenza alle famiglie. La quota di donne ormai mature, può dunque essere letta anche come un segnale di progressiva stabilizza- zione sul territorio, trattandosi infatti probabilmente di persone giunte in concomitanza con i primi flussi in entrata, o che si sono ricongiunte ai propri familiari
Inferiore alla media dei non comunitari è la presenza di minori, che – pur rappresentando la classe di età prevalente nella comunità in esame – coprono una quota pari al 16,8%, a fronte del 20,9% rilevato sul totale dei cittadini extra UE. Caratteristica riconducibile alla debole presenza di nuclei familiari. I circa 19mila minori moldavi rappresentano il 2,6% dei minori non comunitari presenti in Italia al 1° gennaio 2022. La comunità risulta seconda solo alla comunità ucraina per la più bassa incidenza di minori.
Alla bassa presenza di minori nella comunità contribuisce anche un tasso di natalità decisamente inferiore a quello relativo al complesso della popolazione non comunitaria: 7,2 per mille a fronte di 12,3, superiore tuttavia a quello della popolazione autoctona (6,4). Il numero di nuovi nati di nazionalità moldava nel 2021 è decisamente contenuto (826, pari all’1,8% delle nascite di bambini non comunitari in Italia), ed ha registrato un marcato calo rispetto all’anno precedente: -20% a fronte del -6,3% rilevato per la complessiva popolazione extra UE.
Dal 2010 sono nati oltre 655mila bambini con cittadinanza non comunitaria in Italia, più di 17mila (il 2,6%) di cittadinanza moldava. Lo sbilanciamento verso il genere femminile, la ridotta quota di minori e il basso tasso di natalità sono dati da collegare alle caratteristiche assunte dalla migrazione moldava nel nostro Paese, che, come accen-nato, ha generalmente visto quali principali protagoniste donne inserite nei servizi di cura alle famiglie e alle persone, settore che rende piuttosto complesso il ricongiungimento o la costituzione ex novo di nuclei familiari
Il lavoro : Il profilo prevalente – benché non esclusivo – tra gli occupati moldavi è quello di impiegati e addetti alle vendite e ai servizi personali: nel caso delle donne, nei Servizi alla persona, e degli uomini in ambito industriale. Nel primo semestre del 2022 risultava occupato il 66,7% della popolazione moldava di 15-64 anni presente in Italia, con un andamento tendenziale positivo rispetto ai primi sei mesi del 202127: +2,9%, incremento tuttavia più contenuto di quello rilevato sul complesso della popolazione non comunitaria (+4%). Il tasso di inattività della comunità in esame è pari al 24,5%, in calo del 3,7% rispetto ai primi sei mesi del 2021, mentre il tasso di disoccupazione si attesta sull’11,9%.
Diversamente da quanto registrato sulla complessiva popolazione extra UE del Paese, la comunità in esame vede incrementare la quota di persone in cerca di occupazione: +0,9% (incremento da imputare soprattutto alle dinamiche che hanno coinvolto la componente femminile della comunità), evidenziando come la fuoriuscita dall’inattività non sia stata totalmente assorbita dall’occupazione, ma abbia comunque portato ad un incremento della disoccupazione.
La popolazione moldava in Italia, come visto nel capitolo precedente, è caratterizzata da un forte protagonismo femminile, protagonismo confermato anche in ambito lavorativo: la comunità è infatti tra quelle che fanno rilevare un maggior tasso di occupazione femminile (59,9% a fronte del complessivo 43%). Nonostante ciò, si registra un significativo divario tra il tasso di occupazione maschile (78,8%) e quello femminile (59,9%). Anche i dati relativi all’inattività risultano peggiori per la componente femminile: 28,5% a fronte di 17,3%, ma la distanza risulta decisamente più attenuata rispetto a quella rilevata sul complesso della popolazione non comunitaria (circa 11 punti percentuali a fronte di oltre 30); inoltre, tra il I semestre 2022 e il I semestre 2021, il tasso di inattività femminile ha registrato una netta riduzione: -4,2% a fronte della stabilità rilevata per il genere maschile, e l’indicatore risulta decisamente meno elevato di quello relativo al complesso delle donne extra UE (48,5%).
L’unico dato che risulta meno buono rispetto al complesso della popolazione non comunitaria è il tasso di disoccupazione femminile: 16,4% a fronte del 16%,in ragione anche del forte aumento rilevato nell’ultimo anno (+5,4% a fronte di -4% relativo al totale delle donne extra UE e -4,5% degli uomini moldavi). Come accennato tale dinamica sembra anche da ricollegare ad una fuoriuscita dall’inattività, superata la crisi pandemica, che non riesce tuttavia a trovare una collocazione in ambito lavorativo.
Il disequilibrio di genere registrato sulle presenze di moldavi regolarmente soggiornanti in Italia si attenua nel caso degli occupati, dove le donne rappresentano una quota pari al 58,1%.
Per quanto riguarda la distribuzione degli occupati di origine moldava tra i settori di attività economica, spicca la già citata canalizzazione della comunità nel settore dei Servizi pubblici, sociali e alle persone, che risulta prevalente, accogliendo complessivamente i due quinti dei moldavi occupati in Italia. Ad un’analisi per genere appare evidente, tuttavia, come si tratti di una settorializzazione che caratterizza prevalente-mente l’occupazione femminile (la quota raggiunge il 65% nel caso delle donne a fronte di un valore del tutto residuale per la componente maschile, 5,9%), mentre gli uomini della comunità si concentrano in ambito industriale ed edile complessivamente intesi (52,3% complessivamente) e nei Trasporti e servizi alle imprese (31,6%).
Secondo settore di occupazione per la popolazione moldava in Italia risulta quello dei Trasporti e altri servizi alle imprese, che impiega il 17,5% dei lavoratori della comunità, seguito da Industria in senso stretto con il 12,7%. Incisiva anche la presenza in ambito edile (11% circa), mentre tutti gli altri settori registrano quote inferiori al 10%. Rispetto all’annualità precedente, le incidenze hanno subito modifiche poco rilevanti; il cambiamento più significativo si registra in ambito ricettivo, con un incremento della relativa quota prossimo al 4%.
Relativamente alle tipologie professionali, prevalgono impiegati, addetti alle vendite e ai servizi personali che coprono il 39% circa degli occupati. Seguono, con incidenze analoghe e prossime al 27% i lavori manuali, specializzati e non qualificati, mentre una quota pari al 6,6% è relativa a dirigenti e professionisti nel campo intellettuale e tecnico, un dato leggermente superiore a quello rilevato sul complesso dei non comunitari (6,2%). La comunità fa rilevare un livello di istruzione più elevato rispetto al totale degli occupati non comunitari – la quota di laureati è pari al 20,3% a fronte del 10,5% rilevato per la popolazione non comunitaria – ed è forse per questo che è riuscita ad avere inquadramenti professionali tendenzialmente migliori del com- plesso della popolazione non comunitaria.
I dati evidenziano come i lavoratori dipendenti della comunità percepiscano retribuzioni mensili media- mente superiori a quelle riservate al complesso dei lavoratori non comunitari di 153 euro29. I dati mettono però in luce la penalizzazione delle lavoratrici moldave sul fronte retributivo: per la comunità in esame, in particolare, si registra un gender pay gap piuttosto marcato nel lavoro dipendente con una retribuzione mensile media maschile superiore a quella femminile di oltre 680 euro. Il divario permane, seppur attenuandosi, tra gli operai agricoli (315), mentre, nel caso del lavoro domestico, risulta equiva-lente con un lievissimo vantaggio per la componente femminile (700 euro, a fronte dei 694 per gli uomini).
Le assunzioni effettuate per cittadini moldavi nel 2021 sono 37.804, pari al 2,4% dei nuovi rapporti di lavoro di cittadini non comunitari. Si tratta prevalentemente di assunzioni che si sono avvalse di contratti a tempo determinato, con una percentuale pari a 49,5% (per il complesso dei non comunitari la quota sale al 67,6%). Le assunzioni con contratti a tempo indeterminato coprono invece il 39,3%, una quota decisamente superiore a quella registrata per il complesso dei non comunitari (24%), a segnalare una minore precarietà lavorativa. La durata dell’occupazione e della disoccupazione, così come le possibilità di ritrovare un lavoro dopo averlo perso, sono nettamente diverse tra cittadini italiani e stranieri. I lavoratori stranieri sono inseriti generalmente in un mercato del lavoro meno formale e più flessibile31 e hanno maggiori possibilità di perdere il lavoro, ma quando sono disoccupati lo ritrovano più facilmente rispetto agli italiani, pur ima- nendo negli strati più bassi della struttura occupazionale . In controtendenza con la generale ripresa delle assunzioni rilevata tra il 2020 e il 2021, i nuovi contratti per cittadini moldavi registrano un sensibile calo (-2,7%); in particolare si riducono le assunzioni nei Servizi (- 6,5%) e in Agricoltura (-7,8%), mentre aumentano i nuovi contratti negli altri settori, probabil-mente in ragione di una ripartenza degli ambiti che erano stati più penalizzati dalla crisi pandemica e dunque di uno spostamento delle assunzioni in tale direzione. Va sottolineato, a tal proposito, il forte impulso dato all’ambito edile dai bonus introdotti per la riqualificazione del patrimonio edilizio; non a caso l’edilizia vede aumentare le assunzioni in maniera rilevante sia nel caso del complesso della popolazione non comunitaria.
L’accesso da parte dei cittadini stranieri alle diverse prestazioni di sicurezza sociale è un tema piuttosto delicato per l’opinione pubblica. Pur essendo sottoposti ad uno squilibrio fiscale, dovuto alla scarsa fruizione del beneficio pensionistico (sono ancora pochi difatti gli stranieri che maturano il diritto a una pensione e molti di questi non ne usufruiscono una volta rientrati nel Paese di origine), i cittadini stranieri rappresentano infatti una componente importante tra i beneficiari delle prestazioni assistenziali per via sia delle più ampie dimensioni familiari sia di redditi mediamente inferiori alla popolazione autoctona, dovuti all’inserimento in mansioni di bassa qualifica e maggiormente precarie. La fruizione di tali misure va però anche letta in un’ottica di inserimento nel tessuto sociale del Paese, essendo legata, da una parte, all’inserimento in settori lavorativi maggiormente tutelati, a cui accedono quei cittadini il cui percorso migratorio è in una fase più matura; dall’altra, oltre ad essere collegata al sopravvenire di specifiche condizioni, può anche essere indice della capacità di orientarsi nel sistema dei servizi e della conoscenza dei propri diritti.
Come si accennava, il complesso della popolazione non comunitaria è scarsamente interessata dalle pensioni (previdenziali e assistenziali) in ragione di un’età anagrafica più bassa rispetto alla popolazione autoctona: solo un esiguo 0,5% del totale delle pensioni IVS erogate (invalidità, vecchiaia e superstiti) riguarda cittadini extra UE, incidenza che raggiunge il 3% per quel che riguarda le pensioni assistenziali. Al contrario, proprio in virtù di un’età media piuttosto bassa e di una presenza consistente di nuclei familiari, i cittadini non comunitari sono maggiormente interessati dalle misure di sostegno alle famiglie: circa il 9% dei percettori di maternità e il 13,5% dei beneficiari di assegni al nucleo familiare è di nazionalità extra UE.
La comunità è inoltre interessata in maniera particolare, contrariamente a quanto già visto per il comples-so della popolazione non comunitaria, dalle pensioni di vecchiaia: a conferma di un’età anagrafica supe-riore a quella relativa al complesso della popolazione non comunitaria, il 5,9% dei percettori extra UE è di cittadinanza moldava. (31/10/2024-ITL/ITNET)
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