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IMMIGRAZIONE - LAVORATORI OCCUPATI: NEL 2022 LIEVE RIPRESA (+0,8%) 2.374.000. 58,3% UOMIN, 62% DONNE. PER RISPONDERE A FABBISOGNO IMPRESE NECESSARIO ATTRARRE/FORMARE LE GIUSTE COMPETENZE.

(2025-01-13)

  Dopo la crisi occupazionale del 2020, in conseguenza della pandemia (-3,1% nel numero di occupati), negli ultimi due anni si è registrata una lieve ripresa (+0,8%) in un mercato del lavoro che appare, ad oggi, fortemente segmentato, con settori o mansioni caratterizzati da una massiccia presenza di lavoratori (e lavoratrici) immigrati.

I lavoratori stranieri in Italia hanno quasi raggiunto i livelli pre-Covid: i dati, riferiti al 2022, parlano di 2.374.000 occupati, pari al 10,3% del totale. I due terzi sono cittadini extracomunitari, per il 58,3% di sesso maschile e, per il 62%, si tratta di operai, artigiani e personale non qualificato. Solo l’8,2% dei lavoratori stranieri è addetto a professioni qualificate e tecniche.

I lavoratori stranieri presenti in Italia provengono per il 69,9% da Paesi extraeuropei e per il 30,1% da Paesi dell’Unione europea. Guardando ai settori produttivi, il settore che ha trainato la ripresa del mercato del lavoro, sia per gli italiani che per gli stranieri, è stato l’edilizia, con un aumento di 232mila occupati dal 2019 al 2022. Come gli italiani, anche la maggior parte degli stranieri lavora nei servizi (44%), tuttavia la presenza dei lavoratori immigrati è rilevante anche nel commercio, nel turismo (alberghi e ristoranti) e nell’industria. In alcuni settori, l’incidenza dell’occupazione straniera supera la media del 10,3%: è, ad esempio, del 17,7% in agricoltura e del 15,6% nelle costruzioni.

Con riferimento al tasso di occupazione va segnalata, anche tra gli stranieri, la forte disparità fra uomini e donne, che supera quella fra gli italiani. Risulta occupato appena il 47,5% delle donne straniere in età lavorativa (le italiane nel 2022 sono al 51,5%), con uno scarto di circa il 30% rispetto agli uomini, il cui tasso di occupazione è pari al 74,9%. Lo svantaggio femminile assume proporzioni allarmanti soprattutto per le donne di alcune Comunità che registrano tassi di occupazione femminile inferiori al 10%.

Inoltre, i dati evidenziano la canalizzazione dei lavoratori stranieri verso mansioni a bassa qualifica: rispetto alla platea del personale non qualificato, l’incidenza della componente straniera è del 28,9% e del 14,2% nella coorte degli operai e artigiani.

Questo pone attenzione su varie tematiche: quella dell’immobilità sociale, come pure della dispersione di capitale umano. È noto, infatti, che molti lavoratori stranieri svolgono lavori non qualificati pur essendo in possesso di titoli di studio e competenze, con frequenza maggiore rispetto agli italiani. La quota di lavoratori non UE sovra qualificati, in particolare, nel 2021 è pari al 67,1%, valore che, tra i Paesi europei, risulta essere inferiore solo a quello della Grecia. Sul fenomeno si registra un ampio divario tra i sessi con un tasso per le donne non comunitarie maggiore di 6,3 punti percentuali.

Questa situazione è legata a una serie di fattori: le carenze linguistiche, la scarsa conoscenza del territorio, la necessità di avere un’occupazione per poter rinnovare il permesso di soggiorno, la mancanza di una rete familiare di supporto con conseguente maggiore difficoltà a rifiutare offerte di lavoro non in linea con le proprie competenze.

Tuttavia, il sistema produttivo italiano manifesta un costante fabbisogno di manodopera, come dimostra anche il numero elevato di istanze presentate a valere sull’ultimo Decreto Flussi 2022 - DPCM del 29 dicembre 2022, otre 250mila istanze a fronte di 82.705 quote di ingresso.

Il fabbisogno è confermato anche dalle stime dell’Indagine Excelsior sugli andamenti occupazionali: per il quinquennio 2022-2026 si prevede un fabbisogno occupazionale complessivo compreso tra 4,1 e 4,5 milioni di lavoratori, di cui 1,3-1,7 milioni di unità determinate dalla crescita economica: un contributo, in termini relativi, compreso tra il 31% e il 38%, derivante dall’impatto dei diversi interventi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) a valere sul fondo Next Generation EU, finanziato dall’Unione Europea.

In particolare, l’indagine evidenzia come:

- il fabbisogno di occupati nel quinquennio, conseguente alla necessità di sostituzione del personale in uscita per naturale turnover, supererà 2,8 milioni di unità, a conferma della considerazione dell’invecchiamento demografico nella determinazione dei fabbisogni occupazionali futuri;

- per commercio e turismo, dopo un biennio in forte sofferenza, si stima una domanda di 750- 860mila occupati nel quinquennio successivo. Le altre filiere che esprimono ampi fabbisogni occupazionali sono formazione e cultura (515-553mila unità), salute (498-502mila unità) e costruzioni e infrastrutture (339-376mila unità). In particolare, i settori industriali vedranno un’intensa crescita dello stock di occupati grazie al traino degli investimenti del PNRR;

- i processi di transizione verde e digitale avranno un peso rilevante nel mercato lavoro. Le competenze green saranno sempre più necessarie in diversi settori e profili professionali e si stima un fabbisogno di personale con competenze digitali di base compreso tra 2,1 e 2,3 milioni di occupati, mentre la domanda di figure in possesso di almeno due competenze digitali di livello elevato è stimata tra 875mila e 960mila unità.

Infine, le stime evidenziano un significativo mismatch tra domanda-offerta di lavoro per l’istruzione e formazione professionale, con un’offerta formativa complessiva in grado di soddisfare solo circa il 60% della domanda potenziale e con situazioni maggiormente critiche per gli indirizzi della meccanica, della logistica e dell’edilizia.

Per fare fronte alla carenza di personale, sarà necessario attrarre le giuste competenze nel continente europeo e in Italia, investendo sull’istruzione e formazione professionale e sul miglioramento delle competenze puntando alla collaborazione strategica con i Paesi di origine – o con i Paesi di primo asilo o di transito per i rifugiati3 – nonché con le parti economiche e datoriali. Questi interventi possono contribuire a migliorare la gestione complessiva delle migrazioni, fornendo alternative legali attraverso percorsi di ingresso per motivi di lavoro e formazione, che tengano conto anche della combinazione di caratteristiche personali come il genere, l’età e/o la presenza di specifiche vulnerabilità.

Inoltre, il rafforzamento dei percorsi legali di ingresso per motivi di lavoro e formazione è uno degli obiettivi del pacchetto europeo di iniziative giuridiche, operative e strategiche denominato “Attracting Skills & Talent to the EU”, in coerenza con il Piano d’Azione UE in materia di integrazione e inclusione 2021 - 2027 e con l’Anno europeo delle competenze 2023. (13/01/2025-ITL/ITNET)

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