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LAVORO - INCREMENTO OCCUPAZIONE O ILLUSIONE STATISTICA - PROF.ROTONDI (DIRITTO DEL LAVORO /LIUC CASTELLANZA) : NON PUO' ESSERCI UNA RISPOSTA UNIVOCA. GLI STESSI DATI NON RAPPRESENTANO LA REALTA' IN MODO COMPLETO !
(2025-09-21)
Nel primo semestre 2025, si registrano dati positivi sul numero di occupati nel nostro Paese, con conseguenze in ordine alla diminuzione dei disoccupati. Una lettura dei dati che, però, non convince tutti, che enfatizzano altri dati, come l’aumento delle ore di cassa integrazione autorizzate. Ferme restando le possibili chiavi di lettura, occorre chiedersi se essi ci restituiscono una fotografia reale e veritiera o siamo innanzi ad un approccio in cui si tende a vedere una realtà sfuocata e spesso parziale dei numeri? A ben vedere, però, non può esserci una risposta univoca perché sono gli stessi dati a non rappresentare la realtà in modo completo!" afferma il Prof. Francesco Rotondi, Professore a contratto di Diritto del lavoro presso l’Università Carlo Cattaneo - LIUC di Castellanza, che spiega in un articolo pubblicato sul bollettino quotidiano di IPSOA.
." Da ormai più di un anno si registrano dati positivi sul numero di occupati nel nostro Paese, con conseguenze in ordine alla diminuzione dei disoccupati: in questo contesto i dati registrano un miglioramento anche rispetto alla situazione pre-pandemica."
"A fronte di questi dati vi è anche una narrazione diversa che tende invece a sminuire i risultati positivi ed a considerarli non indicativi della salute del mercato del lavoro, enfatizzando altri dati come l’aumento delle ore di cassa integrazione autorizzate. Per fare chiarezza e sviluppare alcune considerazioni che abbiano un senso a prescindere dalle legittime opinioni di ognuno, occorre comprendere se ad una più attenta analisi questi indicatori restituiscano una fotografia attendibile di come si muove il mercato del lavoro o se sia invece necessario superare la logica di questo o quel dato a favore di una valutazione complessiva dei bisogni che il complesso di quei dati esprime."
Secondo i dati ISTAT relativi al primo semestre del 2025, l’occupazione in Italia ha registrato una crescita costante. Il tasso di occupazione dei soggetti di età compresa fra i 15 ed i 64 anni ha superato la soglia del 62%, con un incremento rispetto a quanto rilevato nello stesso periodo dell’anno precedente.
In questo contesto l’ISTAT registra anche un aumento dei soggetti in cerca di lavoro e contestualmente una diminuzione degli inattivi in calo dell’1,4 %.
Ai dati appena citati occorre aggiungere che vi è un minor utilizzo dello strumento del contratto di lavoro a tempo determinato, nonostante l’intervento del legislatore del 2023 (D.L. n. 87/2023) teso a superare le rigidità riscontrate nelle causali a suo tempo introdotte dal decreto Dignità (D.L. 12 luglio 2018, n. 87) che, secondo alcuni, avrebbe comportato un maggiore utilizzo di tale contratto con l’effetto di introdurre elementi di precarietà nel sistema.
Rispetto a tale incremento degli occupati, i settori trainanti l’occupazione paiono essere quelli della ristorazione e del turismo, quello dei servizi alle imprese e della logistica, ma anche quello della sanità e dei servizi alla persona. Tale ultima indicazione apre la strada ad una diversa narrazione - sostenuta da alcuni - dei dati positivi prima descritti: in realtà, saremmo innanzi ad un’occupazione che cresce solo in termini numerici, ma statisticamente di basso livello in termini di qualificazione professionale e caratterizzata da un ampio turnover.
Sempre sotto il profilo dell’analisi dei dati in senso - forse solo apparentemente - contrario a quelli positivi di cui si è detto, i sostenitori dell’idea per cui il mercato del lavoro non è in salute come appare enfatizzano un costante incremento del numero delle ore di cassa integrazione autorizzate.
Sotto questo profilo i dati fonte INPS registrano un sensibile aumento rispetto al 2024, in particolare le ore autorizzate sono aumentate del 30,2% fra il primo trimestre 2024 ed il primo trimestre 2025.
Da un’analisi più approfondita dei dati emerge che i settori nei quali si è registrato il maggior utilizzo sono quello del tessile, dell’abbigliamento, del cuoio e delle calzature e della metalmeccanica.
Rimanendo sul tema dei dati, occorre dar conto di quelli relativi alle differenze di genere. Sotto questo profilo il tasso di occupazione femminile risulta inferiore di circa il 12 % rispetto alla media europea. Tale ultimo dato per quanto risulti in crescita negli ultimi anni, tale crescita risulta essere inferiore a quella degli altri paesi europei.
Nel periodo 2008-2024, infatti, il tasso di crescita dell’occupazione femminile è del 6% a fronte di una media europea che si attesta all’8,6%: il tutto senza tenere in considerazioni le marcate differenze a livello territoriale fra nord e sud del Paese. Sempre con riferimento alla differenza di genere nel mercato non pare potersi sottacere che il dato della crescita è sostenuto dalle lavoratrici che superano i 50 anni di età. Con riferimento a questo aspetto è stato rilevato che l’incremento dell’occupazione femminile è del 20% per le donne ultracinquantenni e si attesta solo all’1,4% per le lavoratrici dai 25 ai 34 anni. Da ultimo, è utile dar conto anche di quanto avviene in ordine all’occupazione con riferimento all’età: anche in questo caso i dati indicano che la crescita dell’occupazione è sostenuta - come evidenziato con riferimento ai dati sulle differenze di genere - da lavoratori con più di 50 anni di età.
Tornando al punto di partenza, dopo aver dato conto dei numeri utilizzati per la narrazione sull’andamento del mercato del lavoro, occorre chiedersi se essi ci restituiscono una fotografia reale e veritiera o siamo innanzi ad un approccio miope, in cui si tende a vedere una realtà sfuocata e spesso parziale dei fenomeni?
A ben vedere non può esserci una risposta univoca perché sono gli stessi dati a non rappresentare - anche per come narrati - la realtà in modo completo.
A mero titolo esemplificativo, non viene descritto nella narrazione dei dati quante ore i dipendenti assunti lavorano ed allo stesso modo, al di là delle ore di cassa integrazione autorizzate, non vi è l’indicazione di quante di queste siano effettivamente utilizzate, così come occorrerebbe svolgere un’attenta analisi dei dati relativi alle procedure per crisi aziendale pendenti innanzi al MISE ed anche degli esiti di queste.
Anche l’affermazione sostenuta da alcuni per cui vi sarebbe una contraddizione fra l’aumento dei dati sull’aumento dell’occupazione e quelli sull’aumento della cassa integrazione non è necessariamente vera, per diverse possibili ragioni. In primo luogo, è ben possibile che vi sia un incremento dello strumento di sostegno al reddito in alcuni settori in fase di trasformazione e ciò non esclude la circostanza per cui - come di fatto avviene - vi siano dei settori nei quali vi è un incremento dell’occupazione. Ancora, non vi è certezza che all’utilizzo della cassa sia prodromico al licenziamento dei dipendenti che sono stati in cassa integrazione. Da ultimo, quand’anche così fosse il fenomeno che è registrato dai dati è da ricondursi ad una dinamica che potremmo definire rotatoria nella quale il dipendente viene messo in cassa integrazione e poi espulso dal ciclo produttivo, ma quella posizione viene riassorbita nel mercato da un soggetto con skills superiori.
Ferme restando le possibili chiavi di lettura, appare evidente che vi siano dei dati positivi, così come altrettanto evidente che quei dati da soli non esauriscano lo spettro di analisi, essendovi settori e vicende nelle quali vi sono forti criticità.
In ultima analisi queste considerazioni dovrebbero indurre ad abbandonare la logica del numero o della percentuale fini a sé stessi, per abbracciare un modo diverso di guardare al dato, cercando di contestualizzarlo ed interpretarlo in funzione finalistica al tipo di bisogno che esso rivela, ma anche alle iniziative che possono essere messe in capo per soddisfare quel bisogno." conclude il Prof.Rotondi. (21/09/2025-ITL/ITNET)
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